[Ezln-it] Gustavo Esteva: Non basta sostituire dirigenti o fare riforme. Licenziare poliziotti moltiplica solo delinquenti

Annamaria maribel_1994 at yahoo.it
Mon Nov 10 15:20:04 CET 2014


Dopo lacadutaGustavoEstevaGiulio Cesare si trovòimprovvisamente di fronte al suo assassino. La sua vita finiva. Non sappiamo senella sua mente passarono le immagini di suo figlio di soli tre mesi; della suacompagna Marisa; della sua famiglia. Quello che sappiamo è che dal suo cuoresgorgò un impulso incontenibile di coraggio e degna rabbia: gli sputò infaccia. Poco dopo, gli strapparono la pelle dal volto.Di questa pasta sono fatti queigiovani. Di questa dimensione è il nostro dolore.  La degradazione umana che si rivelain quel furore criminale e quanto fatto ai nostri 43 è atroce. È tanto profondae grave come la degradazione istituzionale in ogni ordine e grado e che si èmostrata apertamente ad Ayotzinapa. È stato lo Stato, ha detto loZócalo.L'indignazione che è cresciuta tranoi ha creato un momento peculiare, forse senza precedenti. Spuntano comefunghi, dappertutto, spazi di riflessione. Stiamo pensando l'impensabile,quello che non riuscivamo o non volevamo pensare.Ci prendiamo innanzitutto le nostreresponsabilità. Ci domandiamo com'è che siamo arrivati a tali estremi didegradazione personale e collettiva. Non è accaduto all'improvviso. È stato unlungo processo di decadenza. Perché l'abbiamo permesso?  Molti hanno alzato le spalle; nonhanno sentito che il problema era loro o non sapevano che cosa fare. Ma moltialtri ci siamo mobilitati. Ora stiamo riflettendo su quello che forse abbiamofatto male.  È quasi vergognoso ammettere di averbussato alle porte sbagliate. Gli olmi non producono pere. Ce lo dissero annifa quelli di Occupy Wall Street: sipresentano richieste al governo solo quando si crede che possa soddisfarle. Èinutile farlo con chi rappresenta solo l'uno percento e sono del tipo di quelliche stanno manifestando. Si fa nostro il grido argentino del 2001: ¡Que se vayan todos! [Che se ne vadanovia tutti!].L'abbiamoo ripetuto, ciononostante,dobbiamo rimangiarci le parole. Che cosa accadrebbe se all'improvviso se neandassero via tutti quanti, per qualche cataclisma istituzionale? C'è chi ha larisposta facile: Mettiamoci i nostri. Se ci fossero, miracolosamente, ledimissioni del Presidente, porterebbero nel 2015 l'illusione del 2018. Maquesta fantasia che fino a poco tempo fa attraeva milioni di persone, trovasempre meno eco. Non è dimostrato che gli altri siano più competenti o menocorrotti. Inoltre, anche attribuendo le più alte qualità immaginabili al leaderche guiderebbe questa sostituzione, il ricambio sarebbe pericoloso: creerebbel'illusione che la questione è risolta, che lui metterebbe le cose aposto.  A questo punto la riflessione arrivadove doveva arrivare, ciò che era impensabile fino a poco tempo fa. Non sitratta solo delle persone, di quelle canaglie. Quello che abbiamo permesso cheaccadesse è che le istituzioni stesse si degradassero. Per prima cosa hannosmesso di svolgere la loro funzione. Poi hanno cominciato a fare il contrariodi quello che devono fare. Ora servono solo a dominare, controllare, rubare,distruggere…Non basta sostituire dirigenti orealizzare riforme. Licenziare poliziotti, come si fa quotidianamente,moltiplica solo delinquenti. L'alternanza, con cui abbiamo già avuto governantied amministrazioni di tutti i partiti, ha dimostrato chiaramente che può esserepeggio della continuità.  Quindi? Qui inizia la riflessioneche ci mancava. E' chiaro che dobbiamo smantellare questi apparati, cominciandoa sopprimere la necessità che esistano. Affinché non si generi l'impressioneche così si produrrebbe un vuoto abissale, dobbiamo definire con chiarezzaquello che dovremmo fare.Viviamo ormai nel caos,nell'incertezza, nel malgoverno, questo fango in cui non riusciamo più adistinguere tra il mondo del crimine e quello delle istituzioni. Si vive ormai,come diceva mia nonna, con Gesù in bocca. Ho appena visto un graffitopertinente: Quando la tirannia è legge, la rivoluzione è ordine. È quello chevogliamo. Poter governare i comportamenti e gli eventi. Poter vivere in pace,in tranquillità, invece di essere continuamente esposti a disastri ed atrocità…Ma abbiamo bisogno che le regole della convivenza non vengano dal governo nédalle corporazioni, che ora sono lo stesso fango, bensì da noi stessi. Non sitratta di sopprimere ogni autorità o liquidare servizi pubblici, ma di portarela democrazia dove sono i cittadini, perché in alto si corrompe e si trasformanel suo contrario. Si tratta di governarci, di fronte all'evidenza che ilregime della rappresentanza è finito nel mondo intero. Per proteggerci,cominciamo ad organizzarci in ogni strada, ogni quartiere, ogni comunità…Benché questo richieda tutto ilcoraggio e la degna rabbia di Giulio Cesare, non dobbiamo morire come lui. Difronte a noi non c'è il nostro assassino. Ci siamo noi stessi. Oggi è richiestoil nostro coraggio, la nostra rabbia, la nostra organizzazione e la nostraimmaginazione. Che la nostra rabbia si trasformi in ribellione e libertà.gustavoesteva at gmail.comTesto originale(Traduzione "Maribel" - Bergamo)
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