[Ezln-it] Strategie governative per rubare la terra agli indigeni

Annamaria maribel_1994 at yahoo.it
Mon Jan 23 10:00:29 CET 2012


La Jornada – Domenica 22 gennaio 2012
I
progetti Procede e Fanar, strategia del governo per rubare la terra agli
indigeni
 
Hermann
Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis., 21 gennaio. Una decina di comunità tzeltales, tzotziles e choles, aderenti
all'Altra Campagna, questo venerdì hanno dichiarato che in Chiapas "le
strategie di furto del territorio rappresentate da Procede/Fanar contro la
proprietà comunale ed ejidale sono state l'obiettivo fondamentale di Juan
Sabines e di Felipe Calderón in questo sessennio".
Gli indigeni sostengono: "Con i
megaprogetti per il presunto sviluppo sostenibile, le città rurali, il turismo
ambientale, il Prodesis, la Strategia di Sviluppo degli Stati del Sud (EDES),
approvati dalla Camera dei Deputati per implementare il corridoio biologico,
turistico ed ecoarcheologico, si vogliono spopolare e ripopolare i territori
indigeni, fino a realizzare una nuova Cancun in Chiapas, consolidando il
Corridoio Biologico Mesoamericano per mettere in mani transnazionali tutta la
ricchezza naturale delle nostre terre e territori".
Secondo gli abitanti di Zinacantán, Chilón,
Venustiano Carranza, Ocosingo, Tenejapa, Teopisca e Villa las Rosas, questo
spiega perché i partiti politici (PRI, PRD e PVEM) ed i tre livelli di governo
"hanno ingrossato le fila dei tradizionali gruppi di scontro e
paramilitari come Paz y Justicia, Uciaf e Orcao, che oggi tengono sotto assedio
e minaccia le basi di appoggio zapatiste nei cinque caracoles autonomi". Come dal 2010 succede in comunità dei
cinque caracoles: San Marcos Avilés
(Oventic), Nueva Purísima e Nuevo Paraíso (La Garrucha), San Patricio (Roberto
Barrios), Patria Nueva e Mártires (Morelia), e Monte Redondo (La Realidad).
Secondo la ricercatrice della UNAM, Dolores
Camacho, il Procede è stato "un fattore di conflitti in ejidos e tra
organizzazioni". Nel 1995 iniziò la suddivisione dei terreni in ejidos e
comunità, dopo la modifica dell'articolo 27 della Costituzione. "Tutte le
organizzazioni indipendenti, e perfino la Confederazione Nazionale Contadina
(CNC), non ci stanno ed impediscono la partenza del processo. Questo ha fatto
sì che le nuove disposizioni non fossero applicate con la rapidità
pensata".
Sono quindi nati conflitti per i tentativi di
imposizione da parte di "piccoli gruppi alleati del governo". Le
autorità agrarie ed i governi di tutti i livelli lanciarono campagne di
convincimento sui commissari ejidali per ottenere il sostegno delle assemblee a
favore del progetto, aggiunge Camacho nell'intervista. "Sotto pressione
del PRI, la CNC promosse il programma, benché la gente non accettasse
facilmente le decisioni prese dall'alto". C'era un termine stabilito per
stabilire i confini. "Da qui iniziano pressioni e promesse".
Nel 2000, la Procura Agraria, il Tribunale
Agrario e la delegazione della Riforma Agraria hanno fatto forti pressioni
sugli indigeni per far accettare il Procede. "Organizzazioni prima vicine
allo zapatismo come Orcao e Cioac, cercano di 'convincere' i loro affiliati a
'legalizzare' le loro terre, grazie a negoziazioni dei loro leader col nuovo
governo di Pablo Salazar Mendiguchía".  
Questi "accordi" hanno modificato
l'impegno delle organizzazioni filo-zapatiste "ed hanno favorito la lotta
negli ejidos e nei territori recuperati congiuntamente con gli zapatisti
insorti". Le basi di appoggio dell'EZLN hanno rispettato gli accordi
precedenti e la loro Legge Agraria Rivoluzionaria; "le organizzazioni
'indipendenti' hanno preferito gestire la proprietà legale". Questo ha
portato problemi interni che fino ad oggi hanno alimentato i conflitti,
sostiene la ricercatrice.
"La poca chiarezza con la quale si è
voluto risolvere il conflitto per la terra ha lasciato molti vuoti di cui
approfittare per far scontrare gli zapatisti con le organizzazioni prima
affini". La Legge Agraria Rivoluzionaria dispone che il recupero delle
terre avvenga per riappropriarsi di un diritto della popolazione delle zone
indigene violato storicamente. Secondo l'analista, per i non zapatisti la presa
delle terre significa esercitare un diritto "proveniente dalle leggi che
promuovono l'uso ed il possesso della terra in forma individuale". Nei territori
zapatisti, "questo deve essere collettivo e preferibilmente destinato alla
produzione di prodotti di base per il sostentamento delle comunità". http://www.jornada.unam.mx/2012/01/22/politica/021n1pol
(Traduzione "Maribel" -
Bergamo)
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