[Ezln-it] Donna tzotzil in carcere in Chiapas chiede aiuto alle Mamme Antifasciste di Roma

Annamaria maribel_1994 at yahoo.it
Mon Oct 17 15:35:41 CEST 2011


La Jornada – Lunedì 17
Ottobre 2011
Donna
tzotzil in carcere in Chiapas chiede aiuto alle Mamme Antifasciste di Roma
HERMANN BELLINGHAUSEN
Dal carcere di
San Cristóbal de las Casas, Chiapas, Rosa López Díaz così scriveva nell'aprile
scorso alle Mamme Antifasciste di Roma che, nella capitale italiana, avevano
organizzato un incontro contro la tortura nelle prigioni: "Sono indigena
di lingua tzotzil. Sono di famiglia umile e povera. Mi hanno arrestata il 10
maggio del 2007 insieme a mio marito (Alfredo López Jiménez) con l'accusa di un
reato che non abbiamo commesso; ho subito trattamenti inumani come la tortura
fisica e psicologica, e minacce di morte.
"E' la cosa
più triste che mi sia capitata nella mia vita di donna, non dimenticherò mai i
volti delle persone che mi hanno picchiata ingiustamente; uomini e donne che
dicono di essere autorità pubbliche non hanno cuore e solo violano i diritti
umani imputando reati a persone che non danno loro denaro; e siamo finiti in
prigione perché non conosciamo i nostri diritti e così siamo calpestati,
ignorati per tutti i nostri diritti come esseri umani".
Vittima di
fabbricazioni giudiziarie e condannata a 27 anni di carcere, come suo marito
oggi in sciopero della fame, Rosa raccontava alle madri italiane: "Chiedo
solo perdono a Dio e che un giorno guarisca le ferite che porto dentro e fuori;
la cosa più dolorosa della mia vita è che durante le torture ero incinta di
quattro mesi e poi ho dato alla luce un bambino di nome Natanael López López,
nato con danni cerebrali, il volto deforme e paralizzato".
Rosa, da 17
giorni a digiuno, accompagna dalla prigione femminile di San Cristóbal lo
sciopero della fame dei detenuti dell'Altra Campagna della sezione maschile del
carcere N. 5, che chiedono la loro liberazione; è madre anche di un bambino di
due anni, sano, che vive con lei in prigione: "I dottori hanno detto a mia
madre che il bambino è nato malato per le torture ricevute al mio arresto".
Oggi, aggiunge,
"chiedo misericordia a Dio affinché mio figlio possa ricevere un
trattamento adeguato per la sua malattia; ho bussato a tante porte ma nessuno
mi ha ascoltato, oggi chiedo a Dio di toccare i vostri cuori affinché un giorno
insieme possiate aiutarmi a superare questo dolore che mi porto giorno dopo
giorno sola; non ce la faccio più, ho bisogno di voi, compagne e compagni,
affinché insieme sconfiggiamo i malgoverni nei nostri paesi, meritiamo un
trattamento degno, meritiamo uguaglianza".
Funzionari
governativi hanno fatto pressioni su Rosa perché abbandoni il digiuno,
minacciando di toglierle la custodia del piccolo che vive con lei in prigione.
Dal 29 settembre
sono in sciopero della fame Rosario Díaz Méndez, Pedro López Jiménez, José Díaz
López, Alfredo López Jiménez, Alejandro Díaz Sántiz e Juan Díaz López. Oltre ad
Alberto Patishtán e Rosa Díaz López, digiunano Andrés Núñez Hernández, Juan
Collazo ed Enrique Gómez Hernández. I loro familiari, organizzati nella Voz del
Amate, Voces Inocentes, Solidarios de La Voz del Amate e Mitzitón, mantengono
una presidio nella piazza centrale di San Cristóbal de Las Casas per chiedere
la liberazione dei prigionieri in sciopero della fame.
La comunità di
Mitzitón ha comunicato che sabato scorso sono stati liberati dalla prigione di
San Cristóbal i primi due detenuti in sciopero della fame: Manuel Heredia
Jiménez e Juan Jiménez Pérez, "dopo 9 anni e 4 mesi di reclusione
ingiusta". La comunità tzotzil ribadisce che: "Stiamo lottando per la
libertà di chi sta dentro le prigioni e fuori". Annunciano che
continueranno a lottare fino a vedere libero il loro compagno Artemio Díaz
Heredia e gli aderenti che proseguono lo sciopero della fame.
"I nostri
passi accompagnano quelli delle basi di appoggio dell'EZLN. Continueremo ad
essere compagni e per questo vogliamo che cessi la persecuzione contro le
comunità zapatiste, il cui unico reato, come noi, è quello di lottare per la
propria autonomia", concludono gli indigeni.
(Traduzione
"Maribel" - Bergamo)
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