[Ezln-it] Chiapas: liberati due prigionieri politici

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Fri Nov 18 18:57:48 CET 2011


San Cristobal de Las Casas, Chiapas, 15 novembre 2011

E' stata una notte di festa. Non di gioia totale ma si' di grande 
soddisfazione.

Alle 7 di sera di martedi' 15 novembre, si sono aperti i cancelli del 
carcere Numero 5 di San Cristobal, Chiapas.

Due indigeni tzotzil possono respirare a pieni polmoni l'aria dei 
boschi circostanti: sono Andres y Jose'. Due indigeni meno in un 
penitenziario che ne accoglie, ammucchiati l'uno sull'altro, altri 
cinquecento.

Andres e Jose' sono due compagni dell'organizzazione "Los Solidarios de 
la Voz del Amate" che hanno dato vita allo sciopero della fame che ha 
raccolto l'attenzione e la solidarieta' di molti pezzi dei movimenti, in 
giro per il pianeta. Dal 29 settembre al 6 novembre, per 39 lunghissimi 
giorni, insieme ad altri otto compagni e una compagna, non hanno 
ingerito cibo: un grido silenzioso e stoico di dignita'.

Andres, 39 anni, e Jose', 34 anni, sono stati arrestati 9 anni e 8 mesi 
fa per un omicidio mai commesso. Li hanno bendati, portati in una casa 
clandestina e torturati. Hanno strappato loro le confessioni di cui 
aveva bisogno il PM per richiedere, ed ottenere, una sentenza di 14 anni 
di galera.

Questa pratica infernale vissuta da questi due compagni e', appunto, 
una pratica: una trafila normale nello spietato e colonialista sistema 
di giustizia messicano. C'e' un delitto senza colpevole? Rinchiudi 
dentro il carcere il primo indigeno analfabeta che trovi (o che piu' 
"disturba") e lascialo marcire in cella, dopo una bella sessione di 
torture. Cosi' il sistema continua ad ingrassare, dando un'immagine 
efficiente di se stesso e lubrificando gli ingranaggi della corruzione 
con le entrate informali per i funzionari, i giudici, i poliziotti...

Andres e Jose' sono usciti formalmente usufruendo del meccanismo della 
pena sospesa per "buona condotta".

Sale una risata grassa nelle nostre gole nello scoprire che lo Stato 
ammette che la buona condotta e' quella convinzione che per anni ha 
mosso i compagni in carcere ad autorganizzarsi, dai gruppi di studio di 
spagnolo allo studio del contesto politico messicano, dai principi della 
sesta dichiarazione dell’EZLN alla gestione di uno sciopero della fame 
generalizzato, come quello del giugno del 2011 dove i cinquecento 
reclusi del Numero 5 hanno ottenuto l'allontanamento del dispotico 
direttore di allora. Una "buona condotta" sinonimo di determinazione e 
lotta. Anni passati a prendere coscienza di se stessi e della propria 
posizione di classe, la scoperta della fede come arma di lotta, 
l'autorganizzazione in un collettivo politico, gli insegnamenti e le 
lunghe riunioni con il prigioniero politico piu' esemplare: il maestro 
Alberto Patishtan Gomez, oggi deportato a un penitenziario di massima 
sicurezza in Sinaloa (2000 km dal Chiapas) come punizione per 
quest’ultimo, coraggioso, sciopero della fame.

Lo sciopero della fame. Una misura estrema di lotta, per loro 
considerata inevitabile.

E la solidarieta' vostra, di chi legge, di chi si e' mobilitato a 
migliaia di chilometri di distanza, nelle piazze e nelle ambasciate 
messicane. Chi ha messo una firma, chi ha scritto un volantino, chi ha 
fatto una trasmissione radio. Tutto cio' conferma che solamente la 
lotta, portata avanti da piu' fronti e in maniera coordinata, puo' darci 
dei risultati.

Come collettivo Nodo Solidale, con parte del nostro lavoro proprio in 
Chiapas e al lato dei prigionieri politici messicani, siamo enormemente 
riconoscenti dello sforzo di tutti i compagni e le compagne che hanno 
preso parte a questa battaglia.

Ovviamente c'e' ancora molto cammino da percorrere. Mancano gli altri 
otto compagni e la compagna Rosa. Mancano tutti gli altri e le altre, 
rinchiusi dietro le sbarre dell’oppressione. Dal nostro punto di vista 
manca ancora da costruire quella societa' senza sbarre e senza frontiere 
che aneliamo e che, con queste dimostrazioni di fraternita' organizzata 
dal basso, stiamo in qualche modo sperimentando.

Con queste righe, vogliamo anche mandare un abbraccio forte e ribelle 
agli arrestati e alle arrestate del 15 ottobre a Roma. Per noi la 
battaglia per la liberazione dei prigionieri politici maya del Chiapas, 
è parte di una riflessione e di una pratica di lotta profonda, quella di 
esigere la liberazione immediata di tutti coloro che agiscono con 
pratiche reali contro il Potere e che il Potere stesso mantiene come 
ostaggi a mo' di minaccia contro i movimenti sociali.

Inoltre, la stessa riflessione implica ed esige la necessita' di uscire 
totalmente dalla logica punitiva dei sistemi di giustizia della presunta 
democrazia e, quindi, di aprire cento, mille, un milione di volte i 
cancelli delle carceri fino a quando saranno solo le rovine di una 
societa' iniqua, della quale furono il simbolo piu' azzeccato.

Gracias y la lucha sigue…

Nodo Solidale
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