[Ezln-it] Silenzio complice

Annamaria annamariamar at gmail.com
Wed Nov 16 09:05:35 CET 2011


Da: Clara Ferri <claferant at gmail.com>
Date: 16 novembre 2011 07:34


 *“Silenzio complice” di fronte a sequestri e stupri sulle statali del paese
*

Articolo di Sanjuana Martínez pubblicato sul quotidiano messicano “La
Jornada” il 13 novembre 2011.

Traduzione: Clara Ferri


Denise credeva di morire. Un gruppo armato, con divise militari, ha
assaltato l’autobus in cui viaggiava da Monterrey a Zacatecas, ha
sequestrato gli uomini, abbandonato a se stessi gli anziani e violentato le
donne. L’incubo è durato varie ore. Il sequestro di autobus è la nuova
realtà che si vive sulle statali del paese con il silenzio complice delle
linee di trasporto di passeggeri.****

«Siete fottuti», ha detto il capo del gruppo quando hanno aperto la porta
dell’autobus. Il veicolo, di proprietà del Gruppo Senda, era partito dalla
stazione degli autobus all’una e mezza di notte e dopo due ore di strada si
è fermato in mezzo al deserto. Il comando bloccava la statale. Di fronte
all’ordine del delinquente, l’autista ha detto al microfono: «Passeggeri,
c’è un’emergenza, scendete dall’autobus».****

Nello scendere, circa dodici uomini con armi lunghe e divise militari che
viaggiavano su quattro furgoni, hanno obbligato i 25 passeggeri e l’autista
a disporsi con il volto verso l’autobus con le mani alzate e le gambe
larghe. C’erano soltanto due donne, che sono state appartate insieme ai
quattro anziani presenti; il resto dei passeggeri è stato inmediatamente
caricato e portato via su tre dei loro veicoli. Hanno parlato tra di loro
della benzina che avrebbero usato per incendiare l’autobus. Un furgone è
rimasto parcheggiato: «Salite su, puttane!», hanno ordinato, indicando loro
la parte posteriore della pick up, dove c’erano due uomini vestiti da
militari che aspettavano; altri due erano nella cabina posteriore e uno
guidava. Sono entrati un paio di chilometri nel deserto.

Denise e Hortensia non si conoscevano, ma sono state compagne di una
tragedia. La prima ha opposto resistenza ed è stata brutalmente percossa;
le hanno devastato parte del viso: «Così impari, troia!», le ha detto uno
mentre si tirava giù i pantaloni. «Vogliamo divertirci», ha commentato un
altro mentre strappava di dosso i vestiti a Denise. Gli altri tre gli si
sono uniti velocemente. L’aggressione è durata un’ora. «Si sono tirati giù
i pantaloni senza togliersi il resto dei vestiti. Il peso dei loro corpi mi
ha immobilizzato. A un certo punto non ho più capito che cosa dicevano, mi
sono concentrata sul suono dei grilli, sulla mia famiglia, sui miei amici»,
racconta Denise, di 28 anni.****

Sono trascorse già diverse settimane. Soffre di depressione ed angoscia, ma
dopo un trattamento e una terapia può ricostruire la storia: «Ho sentito
che mi avrebbero ucciso. Ho pensato che mi avrebbero lasciato lì e che
nessuno avrebbe saputo ciò che mi è successo. Ho cercato la mano dell’altra
donna, che non conoscevo. Lei gridava di dolore; l’ho stretta con forza ed
ho sentito nella sua mano una risposta uguale. È stato così come ci siamo
afferrate alla vita».

Gli stupratori parlavano spagnolo a stento, avevano l’aspetto di gente del
Sud, comunicavano tra loro in una lingua indigena che le vittime non hanno
potuto riconoscere: «Erano come soldati o paramilitari. È stato un atto di
potere su di noi. Non ce l’avevano neanche in tiro. Sembravano drogati. Ci
hanno introdotto un tubo di plastica nell’ano. Ridevano (…) poi ci hanno
buttato via come dei rifiuti».****

Dopo aver subito l’aggressione, si sono ritrovate nude su una collinetta
della statale. Un autobus di passeggeri si è fermato; l’autista è sceso con
una coperta e le ha invitate a passare direttamente alla cabina senza
domandare nulla, come se la scena fosse quotidiana: “«Sono cose che
succedono tutti i giorni sulle strade del paese e nessuno muove un dito».***
*

*Silenzio delle imprese*

A differenza delle rapine a autobus interrurbani, negli ultimi mesi
prevalgono i sequestri di autobus e passeggeri. Il mese scorso, un autobus
è scomparso nel municipio di General Treviño (Stato del Nuevo León) sulla
strada per Tamaulipas. «Avevano previsto una scala a Monterrey, ma non
l’hanno fatta. I parenti hanno saputo che a General Treviño una persona
armata ha sequestrato l’autobus con tutti i passeggeri sopra», ha detto il
viceprocuratore dello Stato di Guanajuato, Armando Amaro Vallejo, dopo aver
ricevuto la denuncia dei parenti per la scomparsa di sette abitanti dello
stato.****

Dall’inizio dell’anno ad oggi sono scomparsi circa un centinaio di abitanti
di Guanajuato e di altri stati sulla strada per la frontiera, anche se il
numero potrebbe essere maggiore, poiché le imprese di autobus restano in un
silenzio ominoso riguardo a questi fatti per evitare il risarcimento dei
danni causati ai passeggeri, il pagamento dell’assicurazione o la perdita
dei clienti.****

«Non possiamo garantire a nessun cittadino che non verrà rapinato in
qualunque negozio, per strada o sui mezzi di trasporto, perché staremmo
mentendo, ciò che possiamo fare è ridurre i fattori di rischio, che sono
quelli che facilitano la realizzazione di attività illecite. Le misure
finora adottate sono la contrattazione di servizi di sicurezza privata,
l’installazione di barriere metal detector e di telecamere», dice Arturo
Balderas Moya, direttore della Camera Nazionale di Autotrasporti  di
Passaggio e Turistici (Canapat), che riconosce che i punti più pericolosi
sono nella zona di confine con gli Stati Uniti; inoltre manca un
coordinamento e ci sono dei “vuoti legali” e ciò ostacola le indagini.****

L’anno scorso la Canapat ha registrato soltanto 136 rapine, ma non ci sono
statistiche del numero di autobus sequestrati, passeggeri o autisti
scomparsi, né di stupri di donne. Le linee di autobus ADO, Senda,
Transpaís, Estrella Blanca, Ómnibus de México, Futura, Transportes del
Norte, Ómnibus de Oriente e altre hanno centinaia di bagagli degli
scomparsi stivate nei loro capolinea di città di frontiera come Reynosa,
Nuevo Laredo, Miguel Alemán e Piedras Negras.****

Riguardo gli attacchi sessuali alle donne, le compagnie di trasporto su
autobus sono più ermetiche: «Per quanti sforzi abbiamo fatto per dare
visibilità al problema degli stupri, il corpo delle donne continua ad
essere un bottino di guerra. Purtroppo ci continuano a considerare come
cittadini di seconda categoria, per questo non vengono a galla, perché tra
gli stessi uomini si proteggono», dice Maricruz Flores Martínez, del
“*Colectivo
Plural de Mujeres contra la Violencia*”.****

Riconosce che la maggior parte delle vittime non denuncia queste
aggressioni sessuali per paura: «Le donne vengono violentate non solo dalla
criminalità organizzata, ma anche da membri dell’Esercito. Come possiamo
opporre resistenza a uomini armati? Hanno il potere delle armi e utilizzano
l’arma della minaccia per evitare che le donne aggredite sporgano denuncia».
****

Qualche anno fa le donne venivano violentate sui taxi e siccome gli
aggressori non erano armati, il fenomeno è diminuito grazie alle denunce,
ai corsi educativi e alle mobilitazioni sociali; adesso –dice- il problema
è maggiore, perché si tratta di uomini fortemente armati nel bel mezzo di
una guerra: «Siamo completamente allo sbaraglio. Se come donne non
scendiamo in piazza a gridare “Basta”, tutto continuerà allo stesso modo o
peggiorerà».****

*Anche migranti*

«Nove su dieci donne migranti vengono aggredite sessualmente durante il
passaggio in Messico sulla strada per la frontiera con gli Stati Uniti»,
afferma Melissa Domínguez, membro della Piattaforma per lo Sviluppo
Adolescente e Giovanile Indigeno. «Sono una minoranza quelle che non
soffrono una violenza o un’estorsione sessuale (si va dalle molestie
sessuali fino a dover “pagare” con il proprio corpo affinché l’agente della
Polizia Migratoria, un militare o un trafficante le auti a varcare il
confine o le lasci passare). Delle migranti che ho conosciuto, il 90 per
cento ha subito delle violenze. Ho conosciuto varie donne che si fanno
somministrare un’iniezione contraccettiva per evitare di essere messe
incinta».****

Il problema è reso invisibile, concordano Melissa Domínguez e Maricruz
Flores, per la mancanza di prevenzione e di interesse istituzionale di
fermarlo: «Le donne hanno ancora paura di sporgere denuncia; a volte
pensano: “mi hanno già violentato, adesso posso andare avanti”, un’idea che
ha a che vedere con i loro processi personali e la paura di essere
deportate».****

Una delle testimonianze raccolte da Belén Posada (Rifugio) del Migrante, è
quella di Nancy, salvadoregna di 24 anni sequestrata da *Los Zetas* a
Coatzacoalcos (Stato di Veracruz) e rinchiusa in una “casa di sicurezza” a
Reynosa (Stato di Tamaulipas), dove c’erano solo donne utilizzate come
schiave sessuali: «Durante tutto questo periodo, spesso arrivavano tre
uomini messicani, i capi, e violentavano le donne come me che erano state
sequestrate. Ho dovuto aspettare che mia zia mettesse insieme i soldi per
pagare il mio riscatto».****
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