<div class="gmail_quote">Da: <b class="gmail_sendername">Clara Ferri</b> <span dir="ltr"><<a href="mailto:claferant@gmail.com">claferant@gmail.com</a>></span><br>Date: 16 novembre 2011 07:34<br><br><br>
<div bgcolor="#FFFFFF" text="#000000">
<p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><b><span lang="IT">“Silenzio
complice” di
fronte a sequestri e stupri sulle statali del paese<u></u><u></u></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="IT">Articolo di Sanjuana Martínez pubblicato sul
quotidiano messicano “La
Jornada” il 13 novembre 2011. <br></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="IT">Traduzione: Clara Ferri</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><br><span lang="IT"></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span lang="ES-MX">Denise
credeva
di morire. </span><span lang="IT">Un
gruppo armato,
con divise militari, ha assaltato l’autobus in cui viaggiava da
Monterrey a
Zacatecas, ha sequestrato gli uomini, abbandonato a se stessi
gli anziani e
violentato le donne. </span><span lang="ES-MX">L’incubo è
durato varie ore. </span><span lang="IT">Il sequestro di autobus è la nuova realtà
che si vive sulle statali del paese con il silenzio complice
delle linee di
trasporto di passeggeri.<u></u><u></u></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span lang="IT">«Siete fottuti», ha detto il capo del gruppo
quando hanno aperto la porta
dell’autobus. Il veicolo, di proprietà del Gruppo Senda, era
partito dalla
stazione degli autobus all’una e mezza di notte e dopo due ore
di strada si è
fermato in mezzo al deserto. </span><span lang="ES-MX">Il
comando bloccava la
statale. </span><span lang="IT">Di
fronte all’ordine
del delinquente, l’autista ha detto al microfono: «Passeggeri,
c’è
un’emergenza, scendete dall’autobus».<u></u><u></u></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span lang="IT">Nello scendere, circa dodici uomini con armi
lunghe e divise militari che
viaggiavano su quattro furgoni, hanno obbligato i 25 passeggeri
e l’autista a
disporsi con il volto verso l’autobus con le mani alzate e le
gambe larghe.
C’erano soltanto due donne, che sono state appartate insieme ai
quattro anziani
presenti; il resto dei passeggeri è stato inmediatamente
caricato e portato via
su tre dei loro veicoli. Hanno parlato tra di loro della benzina
che avrebbero
usato per incendiare l’autobus. Un furgone è rimasto
parcheggiato: «Salite su,
puttane!», hanno ordinato, indicando loro la parte posteriore
della pick up,
dove c’erano due uomini vestiti da militari che aspettavano;
altri due erano
nella cabina posteriore e uno guidava. </span><span lang="ES-MX">Sono entrati un
paio di chilometri nel deserto.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span lang="ES-MX">Denise
e
Hortensia non si conoscevano, ma sono state compagne di una
tragedia. </span><span lang="IT">La
prima ha opposto resistenza ed è stata
brutalmente percossa; le hanno devastato parte del viso: «Così
impari, troia!»,
le ha detto uno mentre si tirava giù i pantaloni. «Vogliamo
divertirci», ha
commentato un altro mentre strappava di dosso i vestiti a
Denise. </span><span lang="ES-MX">Gli altri tre gli si sono
uniti velocemente. </span><span lang="IT">L’aggressione è durata un’ora. «Si sono tirati giù
i pantaloni senza togliersi il resto dei vestiti. </span><span lang="ES-MX">Il
peso dei loro corpi mi ha immobilizzato. </span><span lang="IT">A un certo punto non ho più capito che cosa
dicevano, mi sono concentrata
sul suono dei grilli, sulla mia famiglia, sui miei amici»,
racconta Denise, di
28 anni.<u></u><u></u></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span lang="ES-MX">Sono
trascorse
già diverse settimane. </span><span lang="IT">Soffre
di depressione ed angoscia, ma dopo un trattamento e una terapia
può
ricostruire la storia: «Ho sentito che mi avrebbero ucciso. </span><span lang="ES-MX">Ho pensato che mi avrebbero lasciato lì e che
nessuno avrebbe saputo
ciò che mi è successo. Ho cercato la mano dell’altra donna, che
non conoscevo.
Lei gridava di dolore; l’ho stretta con forza ed ho sentito
nella sua mano una
risposta uguale. È stato così come ci siamo afferrate alla
vita».</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span lang="IT">Gli stupratori parlavano spagnolo a stento,
avevano l’aspetto di gente del
Sud, comunicavano tra loro in una lingua indigena che le vittime
non hanno
potuto riconoscere: «Erano come soldati o paramilitari. </span><span lang="ES-MX">È stato un atto di potere su di noi. Non ce
l’avevano neanche in
tiro. Sembravano drogati. Ci hanno introdotto un tubo di
plastica nell’ano. </span><span lang="IT">Ridevano (…) poi ci hanno buttato via come
dei rifiuti».<u></u><u></u></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span lang="IT">Dopo aver subito l’aggressione, si sono ritrovate
nude su una collinetta
della statale. Un autobus di passeggeri si è fermato; l’autista
è sceso con una
coperta e le ha invitate a passare direttamente alla cabina
senza domandare
nulla, come se la scena fosse quotidiana: “«Sono cose che
succedono tutti i
giorni sulle strade del paese e nessuno muove un dito».<u></u><u></u></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><b><span lang="ES-MX">Silenzio delle imprese<u></u><u></u></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span lang="ES-MX">A
differenza
delle rapine a autobus interrurbani, negli ultimi mesi
prevalgono i sequestri
di autobus e passeggeri. Il mese scorso, un autobus è scomparso
nel municipio
di General Treviño (Stato del Nuevo León) sulla strada per
Tamaulipas. </span><span lang="IT">«Avevano
previsto una scala a Monterrey,
ma non l’hanno fatta. I parenti hanno saputo che a General
Treviño una persona
armata ha sequestrato l’autobus con tutti i passeggeri sopra»,
ha detto il
viceprocuratore dello Stato di Guanajuato, Armando Amaro
Vallejo, dopo aver
ricevuto la denuncia dei parenti per la scomparsa di sette
abitanti dello
stato.<u></u><u></u></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span lang="IT">Dall’inizio dell’anno ad oggi sono scomparsi circa
un centinaio di abitanti
di Guanajuato e di altri stati sulla strada per la frontiera,
anche se il
numero potrebbe essere maggiore, poiché le imprese di autobus
restano in un
silenzio ominoso riguardo a questi fatti per evitare il
risarcimento dei danni
causati ai passeggeri, il pagamento dell’assicurazione o la
perdita dei
clienti.<u></u><u></u></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span lang="IT">«Non possiamo garantire a nessun cittadino che non
verrà rapinato in
qualunque negozio, per strada o sui mezzi di trasporto, perché
staremmo
mentendo, ciò che possiamo fare è ridurre i fattori di rischio,
che sono quelli
che facilitano la realizzazione di attività illecite. Le misure
finora adottate
sono la contrattazione di servizi di sicurezza privata,
l’installazione di
barriere metal detector e di telecamere», dice Arturo Balderas
Moya, direttore
della Camera Nazionale di Autotrasporti<span>
</span>di Passaggio e Turistici (Canapat), che riconosce che i
punti più
pericolosi sono nella zona di confine con gli Stati Uniti;
inoltre manca un coordinamento
e ci sono dei “vuoti legali” e ciò ostacola le indagini.<u></u><u></u></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span lang="IT">L’anno scorso la Canapat ha registrato soltanto
136 rapine, ma non ci sono
statistiche del numero di autobus sequestrati, passeggeri o
autisti scomparsi,
né di stupri di donne. Le linee di autobus ADO, Senda,
Transpaís, Estrella Blanca,
Ómnibus de México, Futura, Transportes del Norte, Ómnibus de
Oriente e altre
hanno centinaia di bagagli degli scomparsi stivate nei loro
capolinea di città
di frontiera come Reynosa, Nuevo Laredo, Miguel Alemán e Piedras
Negras.<u></u><u></u></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span lang="IT">Riguardo gli attacchi sessuali alle donne, le
compagnie di trasporto su
autobus sono più ermetiche: «Per quanti sforzi abbiamo fatto per
dare
visibilità al problema degli stupri, il corpo delle donne
continua ad essere un
bottino di guerra. Purtroppo ci continuano a considerare come
cittadini di
seconda categoria, per questo non vengono a galla, perché tra
gli stessi uomini
si proteggono», dice Maricruz Flores Martínez, del “<i>Colectivo Plural de Mujeres contra la Violencia</i>”.<u></u><u></u></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span lang="IT">Riconosce che la maggior parte delle vittime non
denuncia queste aggressioni
sessuali per paura: «Le donne vengono violentate non solo dalla
criminalità
organizzata, ma anche da membri dell’Esercito. Come possiamo
opporre resistenza
a uomini armati? Hanno il potere delle armi e utilizzano l’arma
della minaccia
per evitare che le donne aggredite sporgano denuncia».<u></u><u></u></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span lang="IT">Qualche anno fa le donne venivano violentate sui
taxi e siccome gli
aggressori non erano armati, il fenomeno è diminuito grazie alle
denunce, ai corsi
educativi e alle mobilitazioni sociali; adesso –dice- il
problema è maggiore,
perché si tratta di uomini fortemente armati nel bel mezzo di
una guerra: «Siamo
completamente allo sbaraglio. Se come donne non scendiamo in
piazza a gridare
“Basta”, tutto continuerà allo stesso modo o peggiorerà».<u></u><u></u></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><b><span lang="ES-MX">Anche migranti<u></u><u></u></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span lang="IT">«Nove su dieci donne migranti vengono aggredite
sessualmente durante il
passaggio in Messico sulla strada per la frontiera con gli Stati
Uniti»,
afferma Melissa Domínguez, membro della Piattaforma per lo
Sviluppo Adolescente
e Giovanile Indigeno. «Sono una minoranza quelle che non
soffrono una violenza
o un’estorsione sessuale (si va dalle molestie sessuali fino a
dover “pagare”
con il proprio corpo affinché l’agente della Polizia Migratoria,
un militare o
un trafficante le auti a varcare il confine o le lasci passare).
</span><span lang="ES-MX">Delle migranti che ho conosciuto, il 90
per cento ha subito delle
violenze. </span><span lang="IT">Ho
conosciuto varie
donne che si fanno somministrare un’iniezione contraccettiva per
evitare di
essere messe incinta».<u></u><u></u></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span lang="IT">Il problema è reso invisibile, concordano Melissa
Domínguez e Maricruz
Flores, per la mancanza di prevenzione e di interesse
istituzionale di
fermarlo: «Le donne hanno ancora paura di sporgere denuncia; a
volte pensano:
“mi hanno già violentato, adesso posso andare avanti”, un’idea
che ha a che vedere
con i loro processi personali e la paura di essere deportate».<u></u><u></u></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><span lang="IT">Una delle testimonianze raccolte da Belén Posada
(Rifugio) del Migrante, è
quella di Nancy, salvadoregna di 24 anni sequestrata da <i>Los Zetas</i> a Coatzacoalcos (Stato di Veracruz) e
rinchiusa in una
“casa di sicurezza” a Reynosa (Stato di Tamaulipas), dove
c’erano solo donne
utilizzate come schiave sessuali: «Durante tutto questo periodo,
spesso
arrivavano tre uomini messicani, i capi, e violentavano le donne
come me che
erano state sequestrate. Ho dovuto aspettare che mia zia
mettesse insieme i
soldi per pagare il mio riscatto».<u></u><u></u></span></p>
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