[Ezln-it] Intervento di Aguirre Rojas su Etica e politica - parte prima

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Mon May 16 23:24:38 CEST 2011





	
	
	
	

Scambio epistolare su Etica e Politica



La guerra, la politica e l'etica

Riflessioni su una lettera



Carlos Antonio Aguirre Rojas









Febbraio 2011:

Don Carlos: Saluti. Le allego la
prima lettera di uno scambio epistolare su Etica e Politica. Vogliamo
invitarla ad unirsi e a portare il suo contributo su questo tema. Un
abbraccio. SupMarcos. 




(Ringrazio il SCI Marcos dell'invito a
partecipare a questo scambio epistolare su un tema vitale come quello
che tratta nella sua bella lettera a don Luis Villoro) 




"E si tratta proprio di questo,
che la parola vada e venga (...) e non importa se qualcuno la
raccoglie e la rilancia (è per questo che sono fatte le parole e le
idee)".

(SUBCOMANDANTE INSURGENTE MARCOS,
APPUNTI SULLE GUERRE, FEBBRAIO 2011)






Il contesto di uno scambio
epistolare




Il testo del Subcomandante Insurgente
Marcos intitolato "Appunti sulle guerre", pensato per dare
inizio ad uno scambio epistolare con Luis Villoro, ha l'esplicita
pretesa di suscitare una riflessione più approfondita che ci aiuti a
capire "quello che accade in Messico e nel mondo". E lo fa,
in particolare, dal singolare osservatorio dei vincoli che si
stabiliscono tra la politica e l'etica, tra l'etica e la politica e,
quindi, dal punto di vista
di come viviamo oggi e di come assumiamo entrambe le dimensioni della
realtà e anche di come da lì
si generano le resistenze sociali in generale e la resistenza
neozapatista in particolare.

Quindi, per dare la giusta la rilevanza
a questo testo, è importante ricordare brevemente la storia  che lo
precede immediatamente, e da lì le circostanze in cui ora si
presenta. Perché dopo il rapido ed enorme successo che ebbe
l'iniziativa dell'Altra Campagna, durante il 2006 e il 2007, e come
risposta all'imponente costruzione di una vasta Rete Nazionale di
molteplici ribellioni che si articolarono nell'Altra Campagna, il
governo di Felipe Calderón non trovò altra via d'uscita che quella
di moltiplicare e aumentare in maniera considerevole l'attacco e
l'aggressione alla basi d'appoggio e alle comunità indigene
neozapatiste dello stato di Chiapas, perseguitandole allo stesso
tempo attraverso diversi partiti politici (tra questi il PRD di
Chiapas), l'azione contro-insurrezionale e ipocrita del governo
statale chiapaneco, l'aumento delle truppe e delle attività militari
dell'esercito federale, l'azione ogni volta più aperta e
provocatoria dei gruppi paramilitari come la OPDDIC e altri simili.

Così, nel dicembre 2007, i compagni
neozapatisti decisero di ritirarsi nei propri territori, per
riorganizzare le basi d'appoggio e tutte le comunità neozapatiste,
in maniera che fossero pronte a far fronte e rispondere, nel caso
fosse necessario, a questa nuova e criminale offensiva del governo.

Con ciò, il processo già avviato
della discussione e costruzione, dal basso e a sinistra, del
Programma Nazionale di Lotta, che dovrà nascere dalle discussioni
delle centinaia e migliaia di movimenti, collettivi, gruppi e
individui che formano l'Altra Campagna, in quel momento è rimasto
semi-posticipato e semi-sospeso, e si è aperto un tempo di attesa,
interrotto solo per il Primer Festival de la Digna Rabia nel
gennaio 2009 e durato tre anni che, speriamo, finisca ora con questa
lettera e con questo sforzo di riflessione su ciò che oggi avviene
nel nostro paese e in tutto il mondo.

E sebbene durante questi tre anni
l'Altra Campagna abbia proseguito il suo paziente lavoro continuando
a sviluppare molteplici lotte locali e regionali e continuando a
tessere e alimentare quella diversa e multicolore Rete Nazionale
Anticapitalista dei movimenti e delle organizzazioni che lottano in
basso e a sinistra, al contrario, il lavoro sulla costruzione del
Programma Nazionale di Lotta è diminuito considerevolmente o, in
alcuni casi, è stato addirittura sospeso del tutto.

Perciò, è significativo che questo
scambio epistolare, pensato per riflettere sulla situazione presente
del Messico e del mondo, ruoti attorno alla relazione tra etica e
politica. Perché, a nostro avviso,  è da questa relazione che può
trarre adeguatamente fondamento l'attività dell'Altra Politica
rivendicata e sostenuta dall'Altra Campagna, Altra Politica che,
riprendendo la costruzione del Programma Nazionale di Lotta e la
riarticolazione del movimento nazionale anticapitalista dell'Altra
Campagna, ricomincerà speriamo molto presto, con nuova forza ed
energia, il processo interrotto poco più di tre anni fa. Per questo,
crediamo, è importante pronunciarsi su questa lettera recente
scritta dal Subcomandante Insurgente Marcos. 






Guerra e politica nel secolo XXI




"E a questo punto, invertendo
la proposizione di Clausewitz diremmo che la politica è la
prosecuzione della guerra con altri mezzi".

(MICHEL FOUCAULT, PRIMA LEZIONE DEL
CORSO AL COLLÈGE DE FRANCE, GENNAIO 1976)




Leggendo le riflessioni contenute nel
testo "Appunti sulle guerre", viene subito alla mente la
tesi che postulò Michel Foucault invertendo la classica frase di
Karl Clausewitz, nel libro Della Guerra, per affermare che "la
politica è la prosecuzione della guerra con altri mezzi".
Perché se alla base di tutte le società capitaliste contemporanee -
per limitarci solamente ad un unico esempio - vi è una chiara e
cruda guerra tra le classi principali opposte di questa società,
allora una delle funzioni centrali della politica capitalista sarà
precisamente quella di prolungare, occultandola e attenuandola,
questa guerra costituente tra sfruttatori e sfruttati, tra oppressi
ed oppressori, tra classi e gruppi egemonici e gruppi e settori
subalterni di questa stessa società capitalista.

Per questo Foucault afferma che la
politica è una sorta di "guerra silenziosa", o in forma
moderata, presentabile e più o meno sopportabile, della suddetta
guerra o lotta di classe costituente e originaria. Tesi provocatoria
e suggestiva dell'autore de Le parole e le cose, che a nostro
avviso è facilmente compatibile con la concezione di Marx sulla
centralità strutturale e sul carattere costituente della lotta di
classe nell'epoca capitalista, e che nemmeno si allontana troppo
dalla tesi sostenuta da Walter Benjamin, quando nel testo Sul
concetto di storia afferma che "la tradizione degli oppressi
ci insegna che lo 'stato d'eccezione' in cui viviamo oggi è in
realtà la regola".

Allora, se la politica capitalista è
stata, per cinque secoli, questo avatar mistificatore e addolcito
della guerra reale, dobbiamo chiederci perché e in quali condizioni
questa politica è tornata a vestire, in tempi recenti, la sua forma
originaria di guerra aperta e spietata. E la risposta a queste
domande, dal nostro punto di vista, risiede in un doppio processo
che, a partire dalla congiuntura iniziata con il doppio crack del
1968 e del 1973 e arrivata fino al giorno d'oggi, vive l'umanità
tutta e l'intero sistema mondiale capitalista, doppio processo della
crisi terminale del capitalismo mondiale, ma anche e oltre ciò, tra
altri processi fondamentali sottostanti questa crisi terminale, il
processo della morte stessa dell'attività umana della
politica.

Così, come Marx sostiene in Miseria
della filosofia, con la fine del capitalismo termina anche li
lungo ciclo della storia delle società divise in classi sociali, e
con esso termina anche la lotta di classe stessa come principio
strutturale e organizzatore delle società umane. Ma concludendosi la
lotta di classe, e scomparendo con essa le classi sociali stesse,
scompaiono anche lo Stato e i partiti politici e allo stesso modo le
classi politiche di qualsiasi sorta, insieme alla super struttura
politica nel suo complesso. Con ciò, il "politico" si
estingue per sempre, per essere di nuovo riassorbito dal sociale,
sfera da cui derivò in maniera parassitaria 2 mila e 500 anni fa, e
da cui finì per separarsi poco a poco.

Entrando così in questa tappa della
crisi terminale del capitalismo, entriamo simultaneamente nella tappa
della crisi, anch'essa ultima e definiva, della politica in quanto
forma di espressione deformata e parassitaria della peculiarità del
sociale, e in quanto attività umana in generale. E naturalmente, se
assumiamo che il capitalismo è entrato nella sua fase terminale, ciò
non significa che collasserà da solo, né che dobbiamo
sederci ad aspettare il passaggio del suo cadavere, ma semmai che il
nostro impegno di lotta raddoppia e diventa più complesso, poiché
adesso non solo dobbiamo lottare per distruggere e seppellire il
capitalismo che ancora subiamo a livello mondiale, ma anche lottare
per cominciare a generare, qui ed ora, le premesse dei nuovi mondi e
delle nuove relazioni sociali con cui dovremo sostituire il
capitalismo di oggi in crisi.

Per ciò, questa doppia crisi terminale
del capitalismo come sistema storico e della politica come forma
classista separata di espressione dello stesso potere sociale, è
forse quella che spiega il perché, in tempi più recenti, la
politica cominci a degradarsi e perdere pezzi da tutte le parti,
oscillando, a seconda delle circostanze storico-concrete di ogni
paese, tra la forma cruda e spietata della guerra diretta tra classi
e gruppi sociali, e la sua antica forma, sempre meno credibile e
sempre più instabile, di guerra silenziosa, attenuata e fino ad un
certo punto persino tollerabile e presentabile. Oscillando cioè,
rapidamente e instabilmente, dalla politica cruda e guerrafondaia di
Bush fino alle guerre ipocrite di Hillary Clinton e Barack Obama, o
dal bellicismo ridicolo di Silvio Berlusconi o José María Aznar al
bellicismo vergognoso e moderato di Romano Prodi o di José Luis
Zapatero.

Oscillazione costante e caotica che nel
caso del Messico diventa oltretutto singolare, da un lato per la
frode gigantesca del 2006 e per la simultanea illegittimità assoluta
di Felipe Calderón, e dall'altro il crescente fermento sociale di
contestazione e ribellione delle classi subalterne messicane, quelle
che lentamente ma costantemente hanno maturato una situazione che
oggi è solo paragonabile alla vigilia del 1810 e del 1910, cioè, a
una situazione di un vicino e imminente scoppio sociale di enormi
proporzioni.

Così, l'attuale guerra di Felipe
Calderón in realtà sono due guerre simultanee, o forse una
sola, ma estesa su due fronti molto diversi tra loro. Il primo è
quello della guerra contro il popolo messicano, popolo degno e
ribelle, organizzato oggi nel movimento pacifico nazionale
anticapitalista dell'Altra Campagna, e che si prepara con cura e
attenzione all'imminente arrivo dell'anno 2010 storico, non
cronologico. Anno 2010 storico in cui l'orologio messicano dovrà
mettersi al passo con l'attuale orologio latinoamericano, dove i
movimenti sociali degli ultimi anni pacificamente rovesciano
presidenti e governi illegittimi e antipopolari, oggi ancora per dar
spazio ai tiepidi governi socialdemocratici di Lula, Hugo Chávez,
Evo Morales o Rafael Correa, ma molto presto, domani, per instaurare
nuovi governi che realmente "comandino obbedendo" a partire
dalla logica del vero autogoverno popolare.

Primo fronte della guerra di Calderón,
contro tutte le classi sociali e i gruppi subalterni del Messico, che
spiega il perché dell'estesa criminalizzazione della protesta
sociale e la sistematica politica di diffusione della paura tra la
popolazione in generale con lo scopo di inibire il crescente
malcontento e l'organizzazione ogni volta maggiore dei popoli del
Messico, così come si è reso evidente nelle recenti esperienze di
Atenco e della APPO in Oaxaca, e in Chiapas dal 1994, ma anche dei
nuovi Chiapas, Oaxaca e Atenco che proprio ora nascono in tutta la
geografia messicana e che molto presto dovranno certamente irrompere
sulla scena nazionale.

Però, un secondo fronte della guerra
attuale di Felipe Calderón, o forse una seconda guerra, è quella
che scatena verso altri settori delle classi dominanti, in un
contesto dove il dominio di classe stesso comincia a sgretolarsi,
arrivando così alla situazione prevista da Lenin in cui "quelli
in basso non vogliono più vivere alla vecchia maniera e quelli in
alto non possono più conservare e riprodurre quella maniera vecchia
di dominio". Contesto di crisi profonda dei meccanismi di potere
sulle classi subalterne, nel quale, inoltre, i diversi settori o
frazioni di questa classe dominante messicana si giocano apertamente
il controllo dell'affare oggi più redditizio in Messico, e anche in
molte altre parti del mondo, che è il business del traffico illegale
di droga, nel nostro caso, dal Sudamerica verso gli Stai Uniti e
l'Europa. 

segue...

 		 	   		  
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