[Ezln-it] Senza don Samuel, in Chiapas, forse, un bagno di sangue

Annamaria maribel_1994 at yahoo.it
Tue Jan 25 13:27:13 UTC 2011



La Jornada – Martedì 25
gennaio 2011

I governi lo calunniarono,
ma ammisero la sua legittimità nei dialoghi

Senza El Caminante, forse in Chiapas ci
sarebbe stato un bagno di sangue

 

Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de
las Casas, Chis., 24 gennaio. Guardando la bella
cattedrale gialla e bianca di San Cristóbal, scolpita da mani indigene ai tempi
della Colonia, non si può non pensare a Samuel Ruiz García ed al suo passaggio
assolutamente storico per le terre del sudest messicano. Da mezzo secolo questa
città, e tutte le terre maya e zoques del Chiapas sono segnate dai passi del Caminante (Il Viandante), come egli
stesso piaceva definirsi.

 

Dal pomeriggio di
oggi ha cominciato a congregarsi (una
parola che piaceva a jTatik), una
grande quantità di persone nell'atrio e nelle navate del tempio, per aspettarlo
per l'ultima volta. O "per sempre", come dice un diacono tzotzil che
sistema gli addobbi floreali che continuano ad aumentare ai piedi della
scalinata fino all'altare, dove tante volte Don Samuel (la gente lo chiama
semplicemente così) ha officiato e parlato, un vescovo come ce ne sono pochi,
ed ora senza di lui, molti meno. A mezzanotte ancora lo aspettavano.

 

La sua impronta è
ineludibile. Quanti governi statali e federali l'hanno spiato, calunniato,
minacciaro, schernito. Quanti l'hanno temuto. "Il pretino", lo
chiamava con sdegno un segretario di Governo negli anni della peggiore
offensiva paramilitare filogovernativa contro choles e tzotziles alla fine del
secolo XX, con al centro il massacro di Acteal (1997). Oggi si compiono 51 anni
dalla sua consacrazione a vescovo della Chiesa cattolica nell'allora diocesi
del Chiapas, che poi passò a quella di Tuxtla Gutiérrez; Ruiz rimase a San
Cristóbal, la diocesi che comprende gli Altos, la Selva Lacandona, la zona
nord, le selve e le catene montuose di confine: la vasta regione che a metà del
decennio scorso scosse la coscienza nazionale con l'insurrezione zapatista e la
rivelazione al Messico e al mondo di alcuni popoli indigeni profondi, coraggiosi
ed esemplari.

 

Il vescoso stesso
dovette scoprirli, come non lo fece nessuno dai suoi predecessori, ad eccezione
del frate Bartolomeo de las Casas, il suo lontano precursore e definitivo
maestro. Entrambi sono venuti ad imparare l'umanesimo nella terra degli
"uomini veri". Generazioni del popolo hanno amato Samuel Ruiz.
Generazioni di cacicchi politici, finqueros
e governanti l'hanno odiato come il nemico che effettivamente era per loro. Il
suo prolungato contatto con le comunità lo portò alla sua famosa "opzione
preferenziale per i poveri", che acquisisce corpo verso il 1974, e si
definisce ampiamente negli anni '80.

 

Una corona di
fiori del Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas, fondato qui
dallo stesso Ruiz nel 1989, è posata accanto ad un'altra della famiglia di
Mariano Díaz Ochoa, ex sindaco priista ed ex leader dei tristemente celebri
"autentici coletos" che
arrivarono a prendere a sassate la curia per considerare jTatik un rosso, irrimediabilmente alleato di quegli indios che
erano disprezzati ed umiliati dai coletos,
che come tali sono stati sconfitti dalla storia, cioè, da quei popoli ai quali
il vescovo ha consacrato la sua vita. Oggi tutti gli rendono omaggio.

 

Polemico con i
poteri ecclesiastici e politici, vituperato senza validi argomenti dagli
intellettuali criollisti e filogovernativi, ebbe il suo momento culminante dopo
la sollevazione armata dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale nel
1994. Risultò l'unico mediatore valido per lo Stato ed i ribelli, e corse
grandi rischi. In quei mesi, le sue omelie erano conferenze stampa per
centinaia di giornalisti del mondo intero che accorrevano alle sue messe nella
chiesa di Santo Domingo o in questa cattedrale; era "la notizia", ed
alcuni albergavano una certa morbosità, aspettando che lo assassinassero come
don Arnulfo Romero, a San Salvador.

 

Contrariamente a un luogo comune, non era zapatista. Neanche filogovernativo, ma aveva la
legittimità per servire da ponte. Senza di lui, in Chiapas forse ci sarebbe
stato un bagno di sangue. Questa cattedrale si chiama da allora "della
pace". i Suoi corridoi, il suo atrio, le sue rustiche torri sono un
monumento alla pace. Pochi menzionano ora che ha anche fatto da mediatore negli
anni più duri dell'intolleranza religiosa tra cattolici tradizionali e nuovi
evangelici. Don Samuel, cattolico, è corso in difesa degli indigeni. Ed il suo
impegno per i diritti umani è stato pari. Lo sanno anche migliaia di maya
guatemaltechi accolti in Chiapas durante la guerra nel loro paese, appoggiati
dal jTatik e dalle sue squadre
pastorali. http://www.jornada.unam.mx/2011/01/25/index.php?section=politica&article=006n1pol

(Traduzione "Maribel" -
Bergamo)




      
-------------- next part --------------
An HTML attachment was scrubbed...
URL: <http://lists.ecn.org/pipermail/ezln-it/attachments/20110125/ec49d3ba/attachment.htm>


More information about the Ezln-it mailing list