[Ezln-it] SupMarcos: Seconda Lettera a Luis Villoro - Parte 2/3

Annamaria maribel_1994 at yahoo.it
Thu Apr 14 16:40:54 CEST 2011



II. - LA PERTINENZA DELLA RIFLESSIONE
CRITICA. 

“Quando l’ipocrisia comincia ad essere di
pessima

qualità, è ora di cominciare a dire la
verità”

Bertold Brecht.

La guerra dell'alto prosegue, e col suo
passo di distruzione si vorrebbe anche che tutti incomincino ad accettare
quest'orrore quotidiano come se fosse qualcosa di naturale, qualcosa di
impossibile da cambiare. Come se la confusione imperante fosse premeditata e
volesse democratizzare una rassegnazione che immobilizza, che conforma, che
sconfigge, che arrende.

In tempi in cui si organizza la confusione
e si esercita coscientemente l'arbitrio, è necessario fare qualcosa.

E qualcosa è tentare di disorganizzare
questa confusione con la riflessione critica.

Don Luis, come potrà vedere nelle missive
che le allego, si sono uniti a questo scambio di riflessioni su Etica e
Politica, Carlos Antonio Aguirre Rojas, Raúl Zibechi, Sergio Rodríguez Lascano
e Gustavo Esteva. Speriamo che altri pensieri si aggiungano in questo spazio.

In questa seconda nostra lettera, vorrei
toccare alcuni dei punti che lei affronta nella sua risposta e che,
direttamente o indirettamente, segnalano anche i nostri corrispondenti che
lanciano le loro idee da Città del Messico, Oaxaca e Uruguay.

Tutti affrontano, con le proprie
particolarità, cioè, nel calendario e geografia propri, questo tema della
riflessione critica. Sono sicuro che nessuno di noi (lei, loro, noi)
pretendiamo di stabilire verità assolute. Il nostro proposito è lanciare il
sasso, le idee, nello stagno apparentemente tranquillo dell'attuale ambito
teorico.

La similitudine del sasso che ho usato, va
oltre la retorica della superficie momentaneamente agitata dal sasso. Si tratta
di arrivare al fondo. Di non accontentarsi dell'evidente, ma di attraversare
con irriverenza lo stagno immobile delle idee ed arrivare al fondo, sotto.

Nell'epoca attuale la riflessione critica
è apparentemente stagnante. E dico apparentemente se ci si attiene a quello che
viene presentato come riflessione teorica sui media stampati ed elettronici. E
non si tratta solo del fatto che quello che è urgente abbia soppiantato ciò che
è importante, in questo caso, i tempi elettorali la distruzione del tessuto
sociale.

Si dice, per esempio, che l'anno che ci
preoccupa, il 2011, è un anno elettorale. Bene, lo sono stati anche tutti gli
anni precedenti. Inoltre, l'unica data che non è elettorale nel calendario di
quelli che stanno sopra è… il giorno delle elezioni.

Ma ormai si vede che l'immediatezza
difficilmente può distinguere tra quello che è accaduto ieri da quello che è
successo 17 anni fa.

Salvo le “fastidiose” interruzioni dovute
alle catastrofi naturali ed umane (perché i crimini quotidiani di questa guerra
sono una catastrofe), i teorici dell'alto, o i pensatori dell'immediato,
tornano sempre sul tema elettorale… o fanno equilibrismi per legare qualunque
cosa al tema elettorale.

La teoria spazzatura, come il cibo
spazzatura, non nutre, intrattiene soltanto. E di questo sembra trattarsi se ci
atteniamo a quello che appare sulla stragrande maggioranza dei quotidiani e
delle riviste, così come nelle pagine degli “specialisti” dei media elettronici
del nostro paese.

Quando questi dispensatori di teoria
spazzatura guardano in altre parti del Mondo e deducono che le mobilitazioni
che abbattono i governi sono il prodotto di telefoni cellulari e reti sociali,
e non di organizzazione, capacità di mobilitazione e potere di convocazione,
esprimono, oltre ad un'estrema ignoranza, il desiderio inconfessato di
ottenere, senza sforzo, il loro posto nella “STORIA”. “Twitta e guadagnerai i cieli” è il loro moderno credo.

E, come i “prodotti miracolosi”, questi
esaltatori dell'Alzheimer teorico e politico, promuovono soluzioni facili per
l'attuale caos sociale.

A nessuno accade che, come si vede nelle
pubblicità, se usa la tale lozione per uomo o il tal profumo per donna, si troverà
istantaneamente in Francia, ai piedi della Torre Eiffel, o nei bar della Londra
di chi sta in alto.

Ma, come i prodotti miracolosi che
promettono di far perdere peso senza fare esercizio fisico e astenersi dal
cibo, e ci sono persone che ci credono, c'è anche chi crede che si possa avere
libertà, giustizia e democrazia solo tracciando un segno su una scheda a favore
della permanenza del Partito Azione Nazionale, dell'arrivo del Partito della
Rivoluzione Democratica o del ritorno del Partito Rivoluzionario Istituzionale.

Quando queste persone sentenziano che
esiste una sola opzione, la via elettorale o la via armata, non solo dimostra
la sua mancanza d’immaginazione e di conoscenza della storia nazionale e
mondiale. Ma anche, e soprattutto, torna a tessere la trappola che è servita da
pretesto per l'intolleranza e l’esigenza di unanimità fascista e retrograda da
parte di uno o un altro schieramento dello spettro politico.

“Brillante” analisi questa che pone
l'urgenza di definizioni… rispetto alle opzioni che impongono quelli che stanno
in alto.

Sulle false opzioni pone molto bene l’allerta
Gustavo Esteva, nel suo testo, e credo che lanci un argomento speciale in
questo scambio a distanza.

Invece di cercare di imporre i loro deboli
assiomi, potrebbero scegliere di discutere, di argomentare, di tentare di
convincere. Invece no. Si trattò e si tratta di imporre.

Credo sinceramente che a loro non
interessi discutere sul serio. E non solo perché non hanno argomenti di peso
(fino ad ora è tutto solo un elenco di buone intenzioni e ingenuità che
sfiorano il patetico, dove il Partito Azione Nazionale dimostra che lo “stile
Fox” non è un caso isolato, ma tutta una scuola di dirigenti in quel partito;
dove il Partito Rivoluzionario Istituzionale predica l'autismo rispetto alla
propria storia; dove il variopinto mondo dell'autodefinita sinistra
istituzionale vuole convincere con slogan in mancanza di argomenti), ma perché
non si vuole cambiare niente di fondo.

È perfino comico vedere gli equilibrismi
per compiacere le masse (sì, le disprezzano ma ne hanno bisogno) e
contemporaneamente corteggiare senza pudore il potere economico.

Per loro si tratta esattamente di agire
nel ristretto margine di manovra delle macerie dello Stato Nazionale in Messico,
per tentare di esorcizzare una crisi che, quando scoppierà, spazzerà via anche
loro, cioè, la classe politica nel suo insieme. Insomma: per loro è una
questione di sopravvivenza individuale.

La vocazione di informatori, delatori e
gendarmi calza bene a questa spazzatura teorica che ha animato l'isteria
intellettuale ed artistica, prima contro il movimento studentesco del 1999-2000
e del suo Consiglio Generale di Sciopero, e poi contro tutto quello che non
accettava le direttive di questo covo di poliziotti del pensiero e dell'azione.

Si vuole stabilire una differenziazione
che è piuttosto un esorcismo: ci sono loro, i perbene, cioè, i civilizzati, e
ci sono gli altri, i barbari.

Nella loro esile struttura teorica ci
sono, da una parte (sopra), gli individui brillanti, saggi, misurati, prudenti;
e dall'altra parte (sotto) c'è la massa oscura, ignorante, disordinata e
provocatoria.

Di là: i prudenti e maturi usurpatori
della rappresentatività delle maggioranze.

Di qua: le minoranze violente che
rappresentano solo sé stesse.

-*-

Ma supponiamo che a loro interessi
discutere e convincere.

Discutiamo, per esempio, delle reali
conseguenze del progetto ultradecennale di Azione Nazionale di cambiare una
nota strofa dell'Inno Nazionale Messicano per mettere al suo posto “Pensa, Oh
Amata Patria! il cielo una vittima collaterale in ogni figlio ti diede”, e
rispetto al quale nessuno degli altri partiti ha presentato un'alternativa
puntuale e decisa.

O la presunta bontà del ritorno del
Partito Rivoluzionario Istituzionale ed il conseguente ritorno di tutta una
cultura di corruzione e crimine che ha travolto l'insieme della classe politica
messicana.

O le possibilità reali del progetto di far
fare retromarcia alla ruota della storia e tornare allo Stato Benefattore, che
è la proposta dell'ancor debole coalizione di opposizione.

Tutti, oltre a detestare la riflessione teorica
(chiaro, quella che non sia un puerile autocompiacimento), si propongono
l'impossibile: mantenere, riscattare o rigenerare le macerie di uno Stato
Nazionale che ha generato e dato corpo al sistema di partiti di Stato. Quel
sistema che ha trovato nel Partito Rivoluzionario Istituzionale il suo migliore
specchio e rispetto al quale l'intera classe politica di quelli che stanno in
alto, oggi si sforza di somigliare.

O non si sono resi conto fino a che punto
sono distrutte le basi di questo Stato? Come mantenere, riscattare o rinnovare
un cadavere? Ed anche così, è molto tempo che la classe politica e gli analisti
che l'accompagnano si impegnano invano ad imbalsamare le rovine.

Ma si capisce, l'ignoranza non è
condannabile. Chiaro, a meno che si vesta di saggezza.

Non è possibile, diciamo noi, presentare
qualunque tipo di soluzione al disastro dello Stato Nazionale senza toccare il
sistema responsabile di questa rovina e dell'incubo che avvolge il paese intero.

Noi diciamo che ci sono le soluzioni, ma
possono nascere solo dal basso, da una proposta radicale che non aspetta un
consiglio di saggi per legittimarsi, ma è già in atto, cioè, si lotta in molti
angoli del nostro paese. Pertanto, non è una proposta unanime nella sua forma,
nel suo modo, nel suo calendario, nella sua geografia. Ma è plurale,
includente, partecipativa. Niente a che vedere con le unanimità che pretendono
di essere imposte da azzurri, gialli, rossi, verdi, rosa, e le varie comparse
che li accompagnano.

Ma noi, ammettiamo che possiamo sbagliarci.
Che può essere, è un'ipotesi, che la distruzione perpetrata lasci ancora un
margine di manovra per rifare, dall'alto, il tessuto sociale.

Ma, invece di incoraggiare un dibattito
serio e profondo, ci viene chiesto di tornare a tacere e, un'altra volta, ci si
esorta di nuovo ad appoggiare i nostri persecutori, chi, per esempio, copre con
le sue parole o il suo silenzio persone come Juan José Sabines Guerrero, chi
dal governo del Chiapas persegue e reprime chi non si unisce al falso coro di
lodi per le sue bugie fatte governo, chi persegue i difensori dei diritti umani
sulla Costa e negli Altos del Chiapas e gli indigeni di San Sebastián Bachajón
che si rifiutano di prostituire la loro terra, chi fomenta l'azione di gruppi
paramilitari contro le comunità indigene zapatiste.

Chi realmente conosce quello che si sta
facendo e disfacendo in Chiapas e non ha paura, ha così ribattezzato lo slogan
di Sabines: “Disfatti, non parole”.
Sabines Guerrero è ciò che meglio rappresenta la putrefatta classe politica messicana:
ha l'appoggio del PAN, del PRI, del PRD e del movimento di AMLO; è generoso con
i media perché dicano quello che gli conviene e tacciano su quello che non gli
conviene; ha un aspetto inconsistente, un'immagine pronta a polverizzarsi in
qualsiasi momento; e governa come se fosse il solerte capoccia di una tenuta
porfirista.

Ed ancora ci viene chiesto di “fornire
contributi critici e costruttivi” ad un movimento diretto e guidato per
ripetere la stessa storia di oppressione, ma con altri nomi.

Quando capiranno che esistono individui,
gruppi, collettivi, organizzazioni, movimenti, ai quali non interessa cambiare
quello che sta sopra né rinnovare (cioè, riciclare) una classe politica
parassita?

Noi non vogliamo cambiare tiranni, padroni
o supremi salvatori, ma non averne nessuno.

Infine, se di qualcosa bisogna ringraziare
là in alto, è che ancora una volta hanno rivelato la povertà teorica e
l'evidente debolezza strategica di chi si proponeva e propone di mantenere,
sostituire o riciclare quelli che stanno sopra per esorcizzare la ribellione di
quelli che stanno sotto.

Credo sinceramente che una profonda riflessione critica dovrebbe cercare
di allontanare lo sguardo dall'ipnotico carosello della classe politica e
guardare ad altre realtà.
....... segue
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