[Ezln-it] Gianni Proiettis: Muore il grande Carlos Monsiváis
Annamaria
maribel_1994 at yahoo.it
Tue Jun 22 14:00:04 CEST 2010
POPOCATÉPETL
La lava del Messico
a cura di Gianni Proiettis
Muore il
grande Monsi, Carlos Monsiváis
Pittore vivace di vizi e virtù della società del suo tempo come Balzac,
liberato sessualmente come Oscar Wilde, gattaro perso come Osvaldo Soriano,
critico del potere come José Saramago, che lo ha preceduto di poche ore, Carlos
Monsiváis, il più amato e popolare degli scrittori messicani, è morto sabato 19
giugno di fibrosi polmonare, dopo più di due mesi di terapia intensiva in una
clinica di Città del Messico. Aveva compiuto il mese scorso 72 anni.
Nato il 4 maggio 1938 nel seno di una famiglia modesta nel popolare
quartiere de La Merced, che ospita un famoso mercato nel centro della capitale,
Carlos Monsiváis dimostra fin da piccolo una passione insaziabile per la
lettura. Artemio de Valle Arizpe, un diplomatico e storico nella cui casa la
zia di Carlos svolge mansioni di governante, ne è così colpito che presta al
bambino avido di letture tutti i libri che vuole.
A otto anni Monsi, come oggi è amichevolmente conosciuto, ha già letto
Omero, Virgilio e una montagna di classici. Ha sviluppato una memoria
prodigiosa leggendo e rileggendo la Bibbia, con cui sua madre, fervida
protestante, lo educa ai valori religiosi. E si prepara per i prossimi
capitoli.
Monsiváis comincia a lavorare da adolescente: a sedici anni, grazie al suo
talento, è già un cronista bambino che scrive reportage sulle manifestazioni
politiche, conosce Frida Kahlo, Diego Rivera e i comunisti, diventa militante
delle cause popolari. Studia economia e lettere e filosofia nella Unam, la
prestigiosa università pubblica di Città del Messico, si politicizza e fa
amicizie, comincia una feconda produzione giornalistica e saggistica che lo
farà diventare uno dei più letti e celebrati cronisti della città.
Dotato di un’ubiquità leggendaria e di un’ironia esilarante, curioso e
informatissimo, non c’è un personaggio, un fenomeno, una moda che siano
scappati alla sua penna, anzi, alla sua macchina da scrivere, così percossa che
“se la sua attività si fosse trasformata in elettricità”, secondo lo scrittore
Juan Villoro,“avrebbe illuminato un città intera”.
Cinefilo e collezionista appassionato, Carlos Monsiváis, che ridicolizzava
la presunta frontiera fra alta e bassa cultura, simpatizzava per gli zapatisti
e, anche se era uscito dal partito comunista alla fine degli anni ’60, era
rimasto un esponente della sinistra critica, aveva fondato quattro anni fa il
museo dell’Estanquillo, donando alla città un’incredibile collezione di
oggetti, foto, dipinti e arte popolare raccolti in più di mezzo secolo.
Se si dà una scorsa in internet alla stampa messicana – ma anche
latinoamericana e spagnola – ci si rende conto della enorme popolarità e
dell’affetto che suscitava questo “enfant terrible” della cultura messicana,
che fu definito “la coscienza critica del paese”.
Di lui disse Octavio Paz:“E’ un nuovo genere letterario”.
“Monsiváis non è morto. Uno scrittore non muore, perché lascia la sua
opera”, ha dichiarato da Londra Carlos Fuentes, che lo frequentava fin dai loro
anni di studenti. Elena Poniatowska, sua amicissima di tutta la vita, ha detto
che il miglior omaggio che si può fargli è leggerlo.
Purtroppo Monsiváis, che domenica ha avuto onoranze funebri degne di un re
d’altri tempi, è stato poco tradotto in italiano ma, paradossalmente, potrebbe
essere proprio la sua morte ad avvicinarlo al grande pubblico di altri paesi. Ometto
la lista dei più di 30 riconoscimenti – fra premi letterari e dottorati honoris
causa – che gli sono stati conferiti dal 1977 ad oggi e riporto (da Wikipedia
in spagnolo) una bibliografia parziale.
Aggiungo anche un’intervista, in versione integrale, che gli feci per Il Manifesto (con la collaborazione di
Maurizio Galvani) il 24 febbraio 2001 a San Cristóbal de Las Casas, alla
partenza della famosa “marcha color de la tierra” che portò gli zapatisti a
Città del Messico con una carovana attraverso tutto il paese. La presidenza di
Vicente Fox era agli inizi, non aveva ancora compiuto i tre mesi e le
aspettative erano altissime. Il successo che registrò la marcia zapatista – Marcos e i comandanti dell’EZLN furono
accolti trionfalmente nello Zocalo l’11 marzo, la “comandanta” Esther parlò
di fronte al Congresso il 28 marzo – non faceva certo presagire il tradimento della
classe politica, che il mese dopo votò un’infame “ley indígena”, tuttora
vigente, giudicata una legge truffa dalla società civile e dagli zapatisti. http://blog.ilmanifesto.it/popocate/2010/06/21/muore-il-grande-monsi-carlos-monsivais/
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