[Ezln-it] No alla città rurale a Chenalhó

Annamaria maribel_1994 at yahoo.it
Thu Aug 12 12:19:56 CEST 2010





La Jornada –
Mercoledì 11 agosto 2010

Organizzazioni
indigene si oppongono alla costruzione di una città rurale a Chenalhó

Hermann
Bellinghausen, inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis., 10 agosto.
Di fronte alle ripetute voci secondo le quali il governo dello stato vorrebbe
costruire una nuova città rurale nel municipio di Chenalhó, le organizzazioni
indigene indipendenti hanno manifestato il suo rifiuto: “Ci preoccupa che il
progetto venga imposto senza consultare il popolo, e nel caso di consultazione,
questa si basi su bugie ed omissioni”, dichiara l'organizzazione Pueblo
Creyente, della parrocchia di San Pedro Chenalhó.

A fine luglio, la Sociedad Civil Las Abejas di Acteal
aveva denunciato l’esistenza del progetto, “che sebbene ufficialmente negato
dal malgoverno statale e municipale si sa che è previsto a Chenalho”.

Bisogna ricordare che a Santiago El Pinar, municipio situato
tra Chenalhó e San Andrés, sta per terminare la costruzione di una città rurale
molto pubblicizzata dal governo statale, e che è stata denunciata come azione “contrainsurgente”
da analisti ed organizzazioni ambientaliste.

Las Abejas sostenevano: “Sappiamo che fa parte del Proyecto
Mesoamericano, che non ha iniziato il malgoverno di Felipe Calderón né di
Juan Sabines, ma di Carlos Salinas de Gortari quando firmò il Trattato di
Libero Commercio, che causò l’insurrezione armata dei nostri fratelli zapatisti
nel 1994”.

Da parte sua, nel bollettino più recente del Centro di
Ricerche Economiche e Politiche di Azione Comunitaria (CIEPAC), la ricercatrice
Mariela Zunino rileva: “La nuova ondata di appropriazione dello spazio comune e
del territorio del Proyecto Mesoamérica procede in senso contrario alla
costruzione dell'autonomia dei popoli e comunità indigene. In Chiapas, gli
spazi gestiti autonomamente dall'EZLN avanzano verso la costruzione di una
nuova territorialità, dove i piani e progetti neoliberali non hanno spazio” (21
luglio).

Unendosi a queste denunce, l'assemblea di Pueblo Creyente
sostiene: “Le città rurali non sono state inventate dai governi di questo
sessennio, ma hanno una storia lunghissima, vengono dalla colonizzazione
dell'America; a quel tempo erano note come 'reducciones', con l'obiettivo
di rendere più facile ed efficiente il controllo della popolazione per
riscuotere tributi, utilizzarla come manodopera nelle miniere, nelle
piantagioni, nella costruzione delle città degli spagnoli e, ovviamente, per il
controllo politico e militare”. Allora, come adesso, “si diceva che ci
sarebbero stati vantaggi, che la concentrazione della popolazione permette
'l'accesso ai servizi di base', e serve per combattere la povertà”.

Pueblo Creyente “respinge assolutamente la
costruzione delle città rurali, perché questo piano ha lo scopo di farci
abbandonare le nostre terre affinché le imprese transnazionali le occupino ed
una volta che siamo concentrati possano controllarci ed obbligarci a seminare
altre coltivazioni che non siano più mais o fagioli. Sappiamo che il governo
offre molti soldi per comprare le terre".

La storia “no è finita”, aggiunge. “I governanti attuali
continuano a spogliare i contadini, come i nostri fratelli di San Salvador
Atenco, quando Vicente Fox voleva comprare le loro terre ma i contadini si
rifiutarono e le difesero. Il governo per vendicarsi inventò contro di loro dei
reati e li condannò alla prigione”.

Come espresso da Las Abejas due settimane fa, le città
rurali ed i progetti neoliberali vogliono “aprire la strada alle multinazionali
per imporre i loro progetti sul nostro territorio, in complicità con i governi
servili del Messico che non rispettano gli accordi di San Andrés ed hanno
creato la guerra di contrainsurgencia, culminata col massacro di Acteal”. Il
governo di turno, concludevano, “continua la guerra contro di noi, con un'altra
faccia, ma con lo stesso obiettivo di usurpazione delle nostre risorse naturali
e trattandoci come oggetti e non come individui soggetti di diritto né soggetti
della nostra stessa storia”. http://www.jornada.unam.mx/2010/08/11/index.php?section=politica&article=018n1pol

(Traduzione "Maribel" - Bergamo)




      
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