[Ezln-it] Per compendere la sitazione in Messico

Annamaria Pontoglio maribel_1994 at yahoo.it
Fri Feb 1 20:34:28 CET 2008


MESSICO DOLENTE
  Di Panika
  
  Il  Messico soffre. È vero che nella sterminata geografía della sofferenza ci sono paesi che stanno molto peggio: l’Iraq, per esempio, o la Palestina. Tuttavia, in Medio Oriente ed in altri paesi è predominante il  rumore delle armi. Ricordo il tentativo che feci, alcuni anni fa, di spiegare la ribellione indígena del Chiapas ad alcuni rifugiati pakistani che avevo  conosciuto in Europa. Io parlavo della novità del messaggio zapatista, del ruolo delle donne ribelli, dei progetti di autonomía
 Niente di tutto ciò parve loro pertinente. Le loro domande erano: “di quanti kalashnikov dispongono? hanno granate a frammentazione? mine antiuomo?”. Secondo i miei interlocutori l’unica cosa importante era la capacità offensiva  di cui potevano disporre i ribelli chiapanechi.
  Questo aneddoto aiuta a comprendere la tragedia del Messico, ma anche la forzad della sua gente. Qua, nonostante le condizioni estremamente difficili ed i preoccupanti  livelli di repressione governtiva, i movimenti sociali sono, in gran parte, pacifici. La violenza arriva da una parte sola – quella del governo – e come ha ben spiegato Gandhi, la violenza è la risorsa dei deboli.
  Questo è il primo dato che impressiona il visitatore. È difficile comprendere il perchè dell’enorme sproporzione tra la violenza ufficiale e le istanze sociali. A Oaxaca i 23 morti ufficiali tra giugno e dicembe del 2006 (più un numero ancora indeterminato di desaparecidos) si trovano da una parte sola, qella dei cittadini che manifestavano. I 45 martiri di Acteal (dicembe 1997) non erano pricolosi terroristi ma gente pacifica, in gran parte donne (alcune incinta), bambini e vecchi che stavano pregando in una cappella.
  Le donne violate, gli adolescenti brutalizzati e le due giovani vite stroncate a San Salvador Atenco (maggio 2006) non rappresentavano una minaccia per la sicurezza nazionale. Tuttavia, è stato risrvato loro lo stesso sadico trattamento che abbiamo visto nei documentari su Abu Grahib.
  “In Messico ci sono molti stati di diritto. Uno per i poveri ed uno per i ricchi. Le prigioni sono piene di persone che lottano per dare da mangiare alle loro famiglie”.
  Hector Galindo Ochoa è un giovane avvocato, consulente legale del Fronte dei Popoli in Difesa della Terra (FPDT), organizzazione contadina che nel 2002 vinse la battaglia per impedire l’esproprio di terre fertili al prezzo di 7 pesos (0.4375 centesimi di euro) al metro quadro, per la costruzione di un aeroporto. Insieme ad Ignacio del Valle Medina e Felipe Alvarez Hernandez sconta una condanna a 67 (sessantasette) anni e sei mesi di carcere nel penitenziario federale di massima sicurezza per il reato (fabbricato) di sequestro aggravato, cosa che equivale ad una sentenza di morte.
  Parole terribili che riassumono la condizione della sua gente, i popoli originari, la cui sensibilità e creatività sono state tanto decántate da poeti del calibro di Benjamin Peret : “In Messico – ha scritto – chiunque, per umile che sia la sua condizione, racchiude in sé un senso artistico che ha solo bisogno delle condizioni favorevoli per essere sviluppato. Il loro amore per i fiori – che si può vedere dalla porta o sulla finstra della più miserabile delle case – è la manifestazione più elementare ed ovvia di questo sentimento. Se il senso artistico non fosse così generalizzato, non potrebbe spiegarsi il magnifico fiorire di un’arte popolare di inaudita varietà e ricchezza che incanta anche il visitatore più distratto di qualsiasi mercato popolare messicano”.
  “La legge più che proteggere i diritti serve a negoziare privilegi”, spiega Francisco López Bárcenas, avvocato mixteco, difensore legale di San Pedro Yosotato, Oaxaca, una comunità che, da anni, lotta per la preservazione dei propri diritti agrari e dove su tutti i capifamiglia (oltre allo stesso López Bárcenas) pendono mandati di cattura. Il 24 dicembre 2007, Placido López Castro, leader indigeno e figlio di Marcial Salvador López Castro, presidente dei beni comunali, è stato crivellato di colpi da tre persone armate.
  Chiapas, Atenco, Oaxaca. Sono tre ferite aperte. Non sono le uniche. Ci ono anche i 155 desaparecidos degli ultimi quindici anni. Ci sono le centinaia di donne massacrate a Ciudad Juarez (ed in altre parti del paese) solo perchè poveri  e lavoratori. C’è il ritorno della guerra sporca con il sequestro-scomparsa di due militanti dell’EPR. Ci sono gli arresti ilegali che – secondo il Forum delle detenute politiche e sistema di giustizia penale, organizzato il 24 gennaio dagli studenti dell’Università Nazionale Autonoma del Messico e dalla Scuola Nazionale di Antropolgia e Storia – dall’inizio degli anni ’90 alla fine dell’anno scorso, “con una valutazione prudente”, sono stati 1.718 dei quali 1.480 sono stati rilasciati e 238 restano ancora in carcere.
  E ci sono i 267 attivisti sociali in carcere solo dal principio del regime di Calderón (in quello di Vicente Fox furono 614).
  Queta  è a realtà che trova la Commissione Civile Internazionale di Osservazione dei Diritti Umani (CCIODH) nella sua sesta visita nel paese. Nata in Europa dopo il massacro di Acteal, questa organizzazione lotta da dieci anni contro l’impunità e la violenza ufficiale. È formta da esperti di diverse discipline ed ha acquisito un prestigio che il governo non osa mettere in discussione.
  “Una visita molto opportuna della Commissione. L’esercito pattuglia le strade, i gruppi paramilitari sono tuttora attivi in Chiapas ed in altre parti. Il governo fomenta la violenza intercomunitaria favorendo conflitti agrari. C’è alle porte la riforma del sistema giudiziario che, se approvata, criminalizzerà ulteriormente la protesta sociale perchè legalizza i fermi senza mandato legale e limita la libertà di espressione e di associazione”.
  Sì, il Messico soffre. “La violenza governativa è talmente comune da pasarse come normale. L’apatia ed il malgoverno sono le formule magiche affinché tutto resti uguale. Speriamo che la visita della CCIODH aiuti a rompere questo circolo vizioso.
   
  (Traduzione Comitato Chiapas “Maribel” – Bergamo)  
   

       
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