[aha] Il processo Saras/Mazzotta

gadda1944 a libero.it gadda1944 a libero.it
Lun 14 Set 2009 13:27:26 CEST


Un'ardito parallelo fra i processi Berlusconi/L'Unità e Saras/Mazzotta 
pubblicato su FaceBook. Fintamente ingenuo in alcune parti, mi pare, ma forse 
l'intento era quello di stanare i difensori a gettone della libertà di 
espressione, prodighi di infiammate dichiarazioni ma renitenti a fare qualcosa 
di concreto. E infatti, non mi pare che abbia finora sortito effetto alcuno. 
Utile per indagare come funzionano i dispositivi dei social networks...

gadda


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La 
giustizia e il denaro. Manovre giudiziarie su Oil


La querela va molto di 
moda, oggi. Naturalmente l'esistenza di un'istituzione neutrale e imparziale, 
di una terza parte a cui chiunque si può rivolgere se ritiene lesi o calpestati 
i propri diritti, in astratto è una garanzia per tutti. Tuttavia, quando a 
rivolgersi al tribunale è qualcuno che ha già una posizione di ricchezza e/o di 
potere, mentre coloro che vengono citati sono delle persone qualunque, senza 
ricchezza né potere, c'è una piccola ma non trascurabile questione che vale la 
pena sollevare. Quella dei soldi. Non parlo dei danni chiesti dall'attore al 
convenuto in sede civile, ma proprio i costi del processo, degli avvocati. La 
giustizia costa. Gli avvocati, tranne casi particolari ed eclatanti, non 
lavorano gratis.
Così, se l'attore è il presidente del consiglio/padrone di 
Mediaset /una delle 500 fortune più consistenti del mondo (e l'uomo più ricco 
d'Italia), e il convenuto è un piccolo giornale che (anche per le pressioni del 
suddetto) non ha quasi pubblicità e non vende neanche 100.000 copie al giorno, 
un certo squilibrio c'è. Non parlo di Repubblica, colosso editoriale, ma 
dell'Unità, giornale certo glorioso, uno dei più antichi d'Italia, ma - ahimè – 
dallo scarso patrimonio e dal risicato budget. Il proprietario di questo 
giornale è oggi Renato Soru, che proprio povero non è, ma rispetto a Berlusconi 
ha le dimensioni dell'evangelica pagliuzza in confronto alla un po' meno 
evangelica trave. Per averlo suppositivamentente diffamato Berlusconi ha 
chiesto all'Unità come giornale un milione di euro di danni, e 200.000 euro a 
testa alla sua direttrice, Concita de Gregorio, a due redattrici e a due 
collaboratrici esterne, tra cui la scrittrice Silvia Ballestra. In questo caso 
la sola richiesta di una cifra così esorbitante a persone poco più che 
nullatenenti è già di per sé un atto di intimidazione, un plateale ostacolo 
eretto contro la libertà di espressione. Al di là del merito della richiesta di 
Berlusconi, che ognuno può valutare da sé solo come meglio crede.
C'è un altro 
caso, meno noto ma, a mio avviso, ugualmente eclatante – e che presenta alcune 
interessanti analogie con il caso Berlusconi/L'Unità. Si tratta della doppia 
citazione in giudizio di fronte al Tribunale civile di Cagliari di Massimiliano 
Mazzotta, filmmakerrr e autore del documentario Oil, presentata dagli avvocati 
della Saras Raffinerie Sarde S.p.A., e dagli avvocati di quattro dipendenti 
della suddetta Saras. Le istanze sono state presentate il 30 luglio 2009, e l' 
udienza per  la querela Saras è fissata per l'11 gennaio 2010. Trovate qualche 
notizia nelle pagine FB di Oil Film e di Massimiliano Mazzotta, per esempio 
qua:
http://ricerca.gelocal.
it/lanuovasardegna/archivio/lanuovasardegna/2009/09/05/SD1SD_SD104.html

Le 
analogie a cui accennavo sono varie. La prima sta nell'evidente sproporzione di 
“dimensioni„ economiche, sociali, produttive delle due parti in causa. I 
fratelli Moratti (proprietari della Saras) sono una famiglia ricca, potente, 
con conoscenze e agganci equamente distribuiti in tutto lo scacchiere politico 
ufficiale: se Gianmarco è il marito dell'attuale sindaco di Milano 
(centrodestra), Massimo, proprietario dell'Inter, è considerato più vicino al 
centro sinistra, ed è sposato a una nota attivista ambientalista che per un 
certo periodo ha anche militato nel partito dei Verdi. Alcuni dei loro figli, a 
quanto si dice, frequentano anche dei centri sociali di Milano. 
La seconda 
analogia sta nell'oculata scelta della sede civile invece che di quella penale. 
Gli avvocati, nella loro istanza, parlano infatti di “intenso carattere 
diffamatorio nei confronti della Saras„ che emergerebbe dal film, di 
“impostazione marcatamente colpevolista„, lamentano l'induzione a una 
“predisposizione negativa nei confronti della Saras„ (chiedo scusa per il 
linguaggio, ma è quello retorico e pomposo in uso negli atti giudiziari), 
concludendo che “il Film [maiuscolo, sic] del signor  Massimiliano Mazzotta ha 
violato il precetto della verità dei fatti narrati e quello della continenza 
delle espressioni adoperate„, creando per la Saras “un grave pregiudizio 
all'immagine e la lesione del diritto all'onore, alla reputazione e 
all'identità con conseguenze dannose di natura patrimoniale e non patrimoniale.
„ Chiedono quindi al Tribunale di “inibire al convenuto signor Massimiliano 
Mazzotta la diffusione del Film ordinandogli di curare il ritiro dal circuito 
di distribuzione delle copie affidate a terzi per la proiezione al pubblico„; e 
di “condannare il convenuto medesimo al risarcimento di tutti i danni 
patrimoniali e non patrimoniali subiti e subendi dalla Saras s.p.a. in 
conseguenza della lesione dei diritti alla stessa spettanti in base alle norme 
sul diritto di autore sopra richiamati„ (si allude all'inclusione in Oil di 
brevi spezzoni di filmati prodotti a fini didattici e comunicativi dalla Saras 
stessa). Ora, io non sono un esperto di diritto e può darsi che in questi casi 
la causa civile – e non penale – sia d'uso o addirittura d'obbligo. Ma non sarà 
perché (e i legali di Berlusconi hanno fatto esattamente la stessa scelta) 
nella causa civile la sentenza di primo grado è immediatamente esecutiva, e 
l'imputato deve pagare subito, mentre in caso di vittoria in appello viene 
tutt'al più rimborsato?
La terza, e più significativa somiglianza fra la causa 
dei Moratti contro Mazzotta e tutte quelle di Berlusconi contro la stampa 
(nazionale e internazionale) è però un'altra. Ed è l'uguale insofferenza verso 
ogni forma di critica, verso ogni interrogativo, verso ogni dubbio sull'operato 
di politici e industriali. Mi dispiace di non avere lo spazio per documentare 
adeguatamente come i legali della Saras si improvvisano critici 
cinematografici, tentando di argomentare come le scelte stilistiche ed 
espressive del film veicolino “il messaggio... che la Saras provoca malattia e 
morte.„ Ciò avverrebbe mediante “intenzionali commistioni di parole, di scritte 
rosse, di immagini cupe del cielo sempre affollato di fumi neri, di musiche 
incalzanti e angosciose.„ Mentre i quattro dipendenti della Saras ci cui il 
film raccoglie le dichiarazioni sono andati incontro “alla sofferenza e 
all'umiliazione di essere diventati involontari protagonisti di un filmato di 
cui non condividono il messaggio e in cui sono contenute immagini che li 
ridicolizzano.„  Il discorso, insomma, è sempre quello: non si deve disturbare 
il manovratore, non si deve chiedere conto a chi esercita il potere (politico 
ed economico) delle conseguenze dei suoi atti, non si devono discutere i 
comportamenti delle autorità costituite.
Ma tutto questo è ormai rimesso 
all'autorità giudiziaria, e nessuno (vista la situazione) potrebbe dubitare 
della serenità e dell'equanimità dei giudici. Tanto più che anche la Saras 
potrebbe, se la procura di Cagliari lo riterrà opportuno, essere chiamata a 
rispondere di omicidio colposo plurimo per la morte dei tre operai delle ditte 
esterne avvenuta il 26 maggio scorso. Intanto, però, il tempo corre, le udienze 
si preparano e gli avvocati devono essere pagati. Non mi pare che sarebbe 
giusto lasciare solo Massimiliano Mazzotta in questa congiuntura. L'appello è a 
tutti i suoi amici, a coloro che hanno visto Oil e che credono nel valore 
culturale e sociale di quel film. Oggi Massimiliano è sotto attacco e ha 
bisogno di tutta la nostra solidarietà, in primo luogo (è triste, ma è così) 
economica: perché, a partire dalla Sardegna, non si costituisce un comitato che 
cominci (oltre a sensibilizzare opinione pubblica e abitanti) anche a 
raccogliere dei fondi? Io, vi assicuro, sono ancora più spiantato di 
Massimiliano, ma se ci sarà un'iniziativa non mi tirerò indietro.

Antonio 
Caronia

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