[aha] Un' arte del movimento/2 - Officina delle Arti
Giacomo.Zibellini at municipio.re.it
Giacomo.Zibellini at municipio.re.it
Tue Jan 22 12:04:33 CET 2008
COMUNE DI REGGIO EMILIA
Assessorato Cultura
Musei Civici
Officina delle Arti
Ufficio Cinema
UN’ARTE
DEL MOVIMENTO / 2
dal 5 febbraio al 4 marzo 2008
Officina delle arti
Via Brigata reggio 29
Prima di divenirne il riflesso, il doppio immateriale o la finzione durante
il primo decennio del secolo scorso – il cinema è apparso, fugacemente,
come un’invenzione del mondo: per Etienne-Jules Marey che riprende la
questione della sostanza e ricostruisce una cosmologia a partire
dall’ipotesi del movimento, per gli operatori Lumière che continuano a
compilare, intorno al pianeta, il catalogo interminabile della circolazione
degli oggetti in movimento (sfilate, operazioni di scaricamento di navi,
partenze e arrivi di treni nelle stazioni...), la realtà non era l’oggetto
del cinema, ma un cristallo nel quale si riflettevano i suoi poteri. Il
cinema sperimentale ha conservato traccia di questa concezione originaria
dell’immagine filmica e non ha mai cessato, rifiutando il contenuto
documentario dell’immagine, di ritornare ciclicamente ad analizzarne le
componenti, alimentando così la coscienza del proprio passato e della
propria partecipazione alla storia delle immagini: quando Joseph Cornell in
Rose Hobart rimonta le scene di East of Borneo di George Melford per
trasformarle, secondo la sua stessa definizione, in una “tappezzeria in
azione”, quando Jack Smith in Normal Love rimette in scena i fantasmi
travestiti dell’universo hollywoodiano e ne trasforma le scenografie in
puri ammassi decorativi, essi liberano le immagini in movimento
dall’esteriorità e ne trasformano la ripetizione nel loro principio
d’intelligibilità, mentre l’invenzione filmica si tramuta in dispositivo
interpretativo o critico. Il film non è apertura della fotografia al
movimento e al tempo, ma ne costituisce soltanto una potenzialità, così
come la pittura, la scultura o il disegno; lo schermo non è una finestra
attraverso la quale il mondo o il suo riflesso si estendono in profondità,
ma una superficie d’iscrizione sulla quale entrano in gioco determinati
effetti e che la storia dell’arte, piuttosto che la storia del cinema, ci
ha insegnato a riconoscere come superficie materiale.
Dissociando, trasferendo o ridefinendo le proprietà del film, il cinema
sperimentale ci rivela la propria dimensione essenzialmente plastica, ci
insegna a vedere nella successione, nella proiezione o nel montaggio delle
immagini non tanto gli strumenti della costruzione di un mondo illusorio,
quanto piuttosto quelli di una costruzione di superfici. Quando Richard
Serra in Hand Catching Lead, cercando di afferrare a mani nude delle lastre
di piombo che cadono nell’inquadratura, mima la procedura del movimento,
quando Robert Rauschenberg in Linoleum, associando forme disparate in un
collage tridimensionale, realizza una versione filmica delle sue Combines,
o quando Gordon Matta-Clark, nella discarica di Fresh Kill, propone una
versione di action painting allargata alla dimensione del paesaggio, essi
sottraggono l’esperienza cinematografica alla pregnanza del reale per
rivelarne, al termine di tale sottrazione, le proprietà specificamente
plastiche.
Il cinema sperimentale ci ha dimostrato che l’esperienza delle immagini in
movimento non si confondeva con l’astrazione nella quale, all’inizio del XX
secolo, la proiezione pubblica ha finito per configurarsi. Exploding
Plastic Inevitable di Andy Warhol, che associa musica, danza e multiple
proiezioni di colori e di immagini in uno spettacolo totale,
onnidirezionale e saturo, e la scarna installazione di Gina Pane in Death
Control – una poltrona, una pianta verde e un tavolo davanti a una
proiezione in dittico – smentiscono allo stesso modo la smaterializzazione
del film per restituirlo alla sua dimensione scenica. Ormai la storia del
cinema ci appare come una storia locale; per ritrovarne la reale estensione
e, per così dire, l’opacità, conviene riconsiderarla a partire dai suoi
limiti, così come l’expanded cinema ha rivisitato lo spazio della
proiezione a partire dal suo rovescio e dai suoi margini.
Animare superfici, produrre casualità irreali, organizzare la
trasformazione delle immagini in corpi e dei corpi in immagini, far
comparire e scomparire figure… Esaminate sotto una luce sperimentale, cioè
liberate dalla loro funzione di riflesso, le immagini del cinema, non fisse
e lacunose, appaiono per quello che sono: determinazioni instabili che
tendono non a riprodurre il reale, ma a trasformarlo.
Philippe-Alain Michaud (direttore collezioni cinematografiche Centre
Pompidou)
PROGRAMMA
martedì 5 febbraio _ ore 21.00
New York 1 : Soho - Gordon Matta-Clark
Splitting di G. Matta Clark e R. Fiore (1974) 11’ / Conical Interesect di
G. Matta Clark e R. Fiore (1978) 18’ / Fresh Kill di G. Matta Clark e R.
Fiore (1972) 12’ / Spiral Jetty di G. Matta Clark e R. Fiore (1970) 32’
giovedì 7 febbraio _ ore 21.00
New York 2 : Lower East Side - Jack Smith
Normal Love di J. Smith (1963) 105’
martedì 12 febbraio _ ore 21.00
West Coast
Yantra di J. Whitney (1950-1957) 7’ / Allures di J. Belson (1963) 7’ /
Castro Street di B. Baillie (1966) 9’ / New York Portrait I di P. Hutton
(1978) 14’ / Variations di N. Dorsky (1992-1998) 22’
giovedì 14 febbraio _ ore 21.00
Love Stories
Psyche di G. Markopoulos (1947) 23’ / Un chant d’amour di J. Genet (1949)
20’ / Sleepy Heaven di M. Muller (1993) 15’
martedì 19 febbraio _ ore 21.00
Underground
Andy Warhol’s Exploding Plastic Inevitable di R. Nameth (1967) 14’ /
Le Révélateur di P. Garrel (1968)
giovedì 21 febbraio _ ore 21.00
Pop et post-minimal
Linoleum di R. Rauschenberg (1966) 13’ / Mirror di R. Morris (1969), 8’ /
Hand Catching Lead di R. Serra (1968) 3’ / Hand Lead Fulcrum di R. Serra
(1968) 2’ / Dance or Exercise on the Perimeter of a Square di B. Nauman
(1968) 8’/ Pulling Mouth di B. Nauman (1969) 10’ / Three Relationship
Studies di V. Acconci (1970) 17’
martedì 26 febbraio _ ore 21.00
Actions
Identifications di Gerry Schum (1970) 18’ / Eurasienstab di Joseph Beuys
(1968) 20’ / O Tannenbaum di K. Kren (1964) 3’ / Mama und Papa di K. Kren
(1964) 4’ / Anthropométries di Yves Klein (1960) 3’ / Solitrac di G. Pane
(1968) 8’
giovedì 28 febbraio _ ore 21.00
Cinéma lettriste : Maurice Lemaître
Le soulèvement de la jeunesse di M. Lemaître (1968) 26’ / Le film est déjà
commencé? di M. Lemaître (1951) 59’
martedì 4 marzo _ ore 21.00
Trois portraits
Rose Hobart di J. Cornell (1937) 17’ / Bob di C. Close (1973) 10’ / Grand
littoral di V. Jouve (2003) 20’
Informazioni
Comune di Reggio Emilia
Assessorato alla Cultura
Tel 0522 456249
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