R: [aha] futurismo ma che cazzo?

xDxD xdxd.vs.xdxd at gmail.com
Fri Jan 4 23:01:38 CET 2008


in tutti i diagrammi che vedo mancano sempre un paio elementi.
perchè sembra che, una volta che ti "colleghi" sia tutto a posto, tutto 
ok: sei libero di esprimerti, di creare , di comunicare, di copiare, di 
collegare, di immetere, di commentare, di impersonare, di fare.

mancano, però, almeno due elementi a questo quadro.

l'infrastruttura e l'integrazione con la realtà fisica.

per collegarti - per fare quel che vuoi con le tecnologie di rete -  ti 
serve un sacco di roba!

un po' (pochina) ce l'hai a casa; tanta_tanta_tanta sta dietro il muro 
da cui spunta la presa di rete: fibre ottiche, palazzi pieni di gente e 
di strumentazione, antenne, ripetitori... e poi: ok, eviti il 
google_demonio? ma di servizi ne usi a man bassa: mail, portali, instant 
messaging... quello che vuoi.

il tanto decantato modello orizzontale è, infatti, finto!

è, infatti, un modello solo "logicamente" orizzontale, "a cervello", che 
nasconde la realtà, rappresentata da un modello profondamente 
centralizzato: sui fornitori di tecnologia e di servizi, e sui loro 
controllori.

il primo punto di vista che mi manca, quindi, è quello della possibilità 
di una "rivoluzione" (o chi per lei) basata su una illusione, su un 
trucchetto.

poi: ok, con le modalità operative abilitate da internet & compagni si 
crea tutta una parte di realtà che aumenta quella preesistente. Nuovi 
modelli economici, nuovi modelli di comunicazione, nuovi modelli di 
identità,  di sessualità, di arte, di politica....

tutte queste belle cose sono, però, profondamente interconnesse con le 
loro controparti "fisiche". Il fascino delle nuove possibilità spesso fa 
dimenticare  questa dipendenza, facendoci sognare orizzonti illimitati, 
libertà finalmente a portata di mano. Oltretutto sono molte le forze 
politiche che iniziano ad usare questo immaginario a mo' di slogan, 
utilizzandolo come strumento di consenso.

non dimentichiamoci, oltretutto, di come i casi di "successo" siano 
l'eccezione - e non la norma - sulla rete, e di come le cose che 
"funzionano" su internet lo facciano spesso perchè spinte ad arte dai 
mass media classici (i casi eclatanti come youtube e simili hanno dietro 
le spalle file di venture capitalist, di esponenti dei media, di 
politici eccetera eccetera eccetera).

non dimentichiamoci nemmeno di come internet (e il prossimo-internet 
sarà così?) sia in realtà un "luogo" estremamente classista, 
conformista, paranoico, consumistico.

il secondo punto di vista che mi manca, perciò, è quello di come la 
"nuova modalità" si possa incastrare nell'ecosistema globle (concedetemi 
il termine... ) senza essere essa stessa uno strumento dei controllori 
della "vecchia modalità".

quel che viene fuori è un immaginario pieno di belle prospettive e poco 
oltre quelle.

è ancora presto, naturalmente. ci si deve assestare. ma i punti che 
descrivo non compaiono quasi mai nella discussione. e questo è un male(?).
perchè assomigliamo sempre di più ai personaggi di huxley: ogni ansietà 
incasellata, ogni noia soddisfatta, ogni desiderio instradato. Con una 
parvenza di estrema libertà (anche i Delta, in quel mondo, sono felici e 
soddisfatti, alla fine...).

mi pare che in una realtà "globale" come questa le uniche possibilità di 
libertà diventano sempre più isomorfe con gli spazietti tra le pieghe di 
mappe/tempo/concetti descritte da hakim bey.

abbracci!




Net Futurista ha scritto:
> ecco, i consigli di lettura sono sempre ben accetti. non ho quel testo.
> apprezzo il tono disteso. provo a scrivere di più, ma, credimi, 
> davvero ho da lavorare molto.
> Non credere che non conosca la storia dell'arte e dell'estetica 
> contemporanea. I nomi che hai citato sono quasi tutti trai grandi che 
> stimo e so bene quanto devo a loro, come Marinetti sapeva di essere in 
> debito con i padri simbolisti. Non si parte mai da zero. Per fortuna.
>  
> Quello che mi ostino a ricordarvi è che delle pratiche artistiche 
> contemporanee non ne sa nulla la grande maggioranza della popolazione. 
> Marinetti le diffondeva a tutti e io questo voglio riproporre. Con il 
> web è possibile quasi a costo zero (io i soldi di Marinetti non ce li 
> ho!). L'idea di un'avanguardia globale è ambiziosa, ma è l'unica che 
> ci può rendere davvero interessanti. Sono uscito dall'accademia (dal 
> conservatorio nel mio caso) per questo motivo. Non ci si può ridurre a 
> parlare a 20 persone. Il futurismo cercava di parlare a tutti, perchè 
> parlava di un'esigenza reale per tutti. Riproporre un'accademia sul 
> web per me non ha senso. Vogliamo dirci quanto siamo tecnicamente 
> bravi a manipolare immagini, video e suoni elettronici, a fare 
> net.art? oppure vogliamo impiegare questi strumenti per sferrare un 
> attacco deciso alla massificazione dei cervelli, all'industria 
> culturale, al mercato dell'arte? Io ho scelto già da anni la seconda 
> via, della prima non so davvero che farmene.
> Questo è il primo motivo per cui sono netfuturista e non 
> netchissàcosaltro. ;->
>  
> Il secondo. Marinetti - ovviamente - non poteva criticare 
> l'omologazione indotta dai mass media perchè al suo tempo non avevano 
> l'invadenza che hanno ora, ma il grande messaggio che ci ha lasciato è 
> che occorre sintonizzarsi sempre con i propri tempi, conoscere la 
> contemporaneità e affrontarla, altrimenti si finisce con il ripetere 
> schemi consolidati e inadatti al proprio tempo. I passatisti di ieri 
> erano i borghesi chiusi e limitati che lo prendevano a pomodorate e 
> rifiutavano le sue serate futuriste. I passatisti di oggi sono 
> coloro che incravattati si vantano ancora di andare al teatro 
> dell'opera per assistere a spettacoli ottocenteschi, per giunta senza 
> capirne nulla. Visto che l'importante è mostrarsi e mostrare il vestito.
> Io vi chiedo: è finita la battaglia? Io non credo affatto. Ciò che già 
> un secolo fa era stupido, ora diventa ridicolo. E socialmente pericoloso. 
> La sintesi che ho linkato. Nessuno ha compreso che non si tratta 
> semplicemente di comunicazione orizzontale. L'opposizione vera, 
> chiaramente espressa graficamente (ma a questo punto mi vengono dei 
> dubbi), è tra una "cultura della ripetizione" e una "cultura della 
> creazione". Attraverso tre campi (scuola-media-arte) noi abbiamo 
> progressivamente bloccato la società. Anche ai tempi di Marinetti 
> c'era l'esigenza di smettere di ripetere schemi vecchi e provare a 
> trovare nuove soluzioni. La società era chiusa. Oggi la società è 
> ancora più chiusa, grazie all'azione dei media di massa. C'è ancora 
> più ripetizione, omologazione. Per questo è necessaria un'azione 
> simile a quella del futurismo: svecchiamento e creazione di novità che 
> stiano al passo coi tempi (e qui ovviamente le strade necessariamente 
> si divaricano).
> Questo in sintesi. Ma ci sono altre vie che portano dal futurismo al 
> netfuturismo: Munari, Mcluhan etc.
> Ovviamente poi ci sono molte differenze. Non ho nessuna intenzione di 
> riproporre un anacronistico revival del futurismo.
> beh, alla fine mi avete fatto parlare di me. Non è la prima volta che 
> mi capita di essere provocato. E' incredibile come il solo termine 
> "futurismo" possa scatenare sempre prese di posizione tanto radicali. 
> un saluto!
>  
>  
>
> */gadda1944 <gadda1944 at libero.it>/* ha scritto:
>
>     Grazie a Domenico che ci riporta al testo. E che testo, avete
>     letto? :-)))
>
>     Mi metto adesso nelle vesti di un pontierista frenatore del passo
>     calcolato, dato che ritengo ci sia un certo bisogno di becchini
>     cocciuti nello sforzo di seppellire primavere entusiaste di gloria.
>
>     Non mi sento però particolarmente soddisfatto d'aver potuto
>     cacciare in fondo al mio letamaio ideologico la fragile e
>     deliziosa Italia ferita che non muore: della deliziosa Italia
>     ferita che non muore, mi importa, ahimé, veramente poco.
>
>     Direi che la dose quotidiana di Marinetti per oggi è stata
>     ampiamente superata, quindi: autocarri avanti (ahi, di nuovo FTM!).
>
>     Non auguro al nostro amico netfuturista di incontrare un troll
>     vero, ché temo ne uscirebbe con le ossa veramente rotte: non glie
>     lo auguro perché - checché lui ne pensi - mi sta abbastanza
>     simpatico, e le cose della mail precedente erano solo carezzine
>     sul groppone, espresse in modo un po' colorito, non lo nego (sono
>     fatto così :-) ), ma niente affatto offensive - e intese a cavare
>     fuori dalla sua torpida tastiera qualche frasetta un po' più
>     illuminante su ispirazioni, scopi, modalità del suo forse
>     simpatico ma per il momento misteriosetto movimento. Come hanno
>     fatto, con diversi stili e modi, altri nella lista.
>
>     Ma se il netfuturista intende continuare a baloccarsi con
>     polverosi schemini che ripropongono l'orizzontalità della
>     comunicazione come grande e innovativa pensata del nuovo secolo,
>     faccia pure. Non si può adontare però se la gente lo sbertuccia un
>     po', dopo Duchamp, Nam June Paik, Fluxus, Muntadas, lo ZKM, Roy
>     Ascott e chi più ne ha più ne metta. E soprattutto se non ci
>     spiega cosa c'entrano Marinetti e il futurismo con la
>     comunicazione orizzontale.
>
>     Se proprio vuole un consiglio su come si confezionano e si
>     diffondono manifesti, limitatamente all'Italia può essere utile la
>     lettura del documento "Per una nuova cartografia del reale",
>     redatto e diffuso nel 1993 e firmato da Canali, Caronia, Glessi,
>     Mattei, Rosa, Verde. Lo si trova in appendice ai volumi "Il corpo
>     virtuale" di Caronia, (Muzzio 1996), "Studio Azzurro, percorsi tra
>     video, cinema e teatro",(Electa, 1995), "Artivismo tecnologico" di
>     Giacomo Verde (BFS 2007). Qualche cenno nella tesi di Tatiana
>     Bazzichelli, http://www.strano.net/bazzichelli/teatro.htm.
>
>     Buona lettura,
>
>     gadda
>



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