[aha] Tecnologie e linguaggi [2]

gadda1944 gadda1944 at libero.it
Sat Aug 23 17:54:37 CEST 2008


Spero che si sia capito, ma non ci metto niente a renderlo più esplicito: il nucleo della mail precedente era che la difficoltà di intervenire al livello di inserzione del linguistico nel sociale non sta tanto nella complessità specialistica dei linguaggi o delle infrastrutture, quanto proprio nell'utilizzo capitalistico di questi linguaggi. Detto in altri termini, c'è un punto della catena linguaggio/società che viene prima (o parallelamente) di quello dell'elaborazione  sintattico/specialistica del linguaggio informatico -o delle sue infrastrutture o precondizioni - ed è quello in cui si esprimono (sempre linguisticamente, ma non informaticamente) le domande sociali (le esigenze, i bisogni, i desideri, chiamiamoli come vogliamo). Questo  mi pare il livello in cui può essere costruita un'iniziativa di ribellione e di liberazione (che un tempo si sarebbe detta "politico-sociale"), o anche solo di pratica alternativa.

E' qui che mi pare emerga il secondo nodo del dibattito lo|bo/xD/lele, quello "astratto/concreto". Riprendo due passi del primo intervento di lo|bo. Uno dice:

>La differenza è il nucleo di un certo pensiero femminista italiano. 
> Nel linguaggio è insita una 
>potenza creatrice che nasce dalla tensione tra diverse componenti, 
>probabilmente si potrebbe ragionare sul prevalere di una rispetto ad 
>altre in un sistema tecnologico e come possa avvenire un ribaltamento 
>dello stato di cose.

Questo passo rispondeva a una citazione di Olivero in cui si faceva un uso che a me pare proprio da respingere del termine "dialettica". A me una cosa (fra le altre) hanno insegnato alcune femministe, ed è che la dimensione del corpo non può prescindere da quella del linguaggio, che la rivendicazione di una "politica del corpo" non significa negazione del ruolo del linguaggio nel costituire il corpo. E' la "potenza creatrice" del linguaggio di cui parla lo|bo che va analizzata e utilizzata, nelle sue potenzialità come nei suoi limiti. Nei suoi testi (più esplicitamente in quelli di filosofia del linguaggio) Virno insiste sul fatto che nel rapporto fra linguaggio e realtà c'è sempre un'eccedenza di reale - ed è per questo che l'illusione di una perfetta trasparenza del linguaggio rispetto al mondo si configura come metafisica, perché nel "mondo" (che è un risultato della descrizione e della gestione del reale da parte del linguaggio) l'ingovernabilità del reale, l'eccedenza del reale, emergono in continuazione. 

Ma se noi riducessimo questa critica della teoria e della pratica linguistica a una contrapposizione fra astratto e concreto (come a volte mi pare abbia la tentazione di fare xD), perderemmo di vista il fatto che una dimensione astratta, "rappresentativa", semplificativa anche, fa parte del linguaggio in quanto tale. Non possiamo pensare di eliminare l'astrazione: illuderci che il linguaggio possa essere riportato *in quanto tale* alla materialità delle cose ci riporta pari pari alla concezione "denotativa" del linguaggio, e al supposto parallelismo perfetto tra "le parole" e "le cose".

Sempre lo|bo:

>La tensione a cui ti riferisci potrebbe avere una declinazione anche nei 
>termini di una contrapposizione tra due aspetti costitutivi del 
linguaggio, da un lato un aspetto di ipermetaforizzazione e astrazione 
>del reale e dall´altro il rapporto delle parole con le cose, con il 
>mondo. In un sistema in cui è ingenuo pensare alla trasparenza del 
>linguaggio, si potrebbe però proporre una "guerriglia linguistica" cioè 
>una azione all´interno del linguaggio stesso.

A me pare che la critica (anche una critica pratica, naturalmente) da fare al linguaggio dell'informatica (o alla dimensione linguistica delle tecnologie dell'informazione) sia quella di indicare il presupposto che esso configura, e cioè un'ennesima riduzione del reale (anche del reale "di secondo grado", quello relazionale) al linguistico: questo si può fare non contrapponendo all' "astratto" del linguaggio il "concreto" di non si sa cosa (visto che anche la nostra esperienza, quella delle bollette e del lavoro, è pur sempre un'esperienza linguistica), ma praticando una diversa gestione del linguaggio, che preveda: 
a) aperture, commerci, complicità, con quella parte di reale che il linguaggio del Web 2.0 non contempla; 
b) torsioni ed esasperazioni dei meccanismi linguistico/sociali della rete per metterne in luce la parzialità e i presupposti "ideologici".

Questo vuol dire "giocare" la metonimia contro la metafora, come sembra proporre lo|bo sulla scorta di Luisa Muraro? Non lo so, non ci ho pensato ancora abbastanza. Però mi pare che alcune esperienze che si stanno facendo (anche questo strano "neorealismo dei nervi" che propone xD, o un nuovo design) vadano in questo senso.

Grazie per la pazienza,

gadda


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> >From      : aha-bounces at ecn.org
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> Date      : Sat, 23 Aug 2008 13:08:02 +0200
> Subject : Re: [aha] Nichilismo e Comunicazione
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> > > posso iniziare con una piccola "eresia"?
> > 
> > 
> > Non è una eresia anzi mi pare che Lovink non dica nel suo libro cose 
> > diverse dalle tue. Analizza l'utilizzo di massa di determinati strumenti 
> > e non ne ricava che ci sia un pensiero critico ma tutt'altro. 
> > Naturalmente non credo che Lovink sia il pensatore del secolo ma cmq 
> > credo che alcune sue valutazione siano utili e da prendere in 
> > cosiderazione, non mi pare sia il primo deficente che passa per strada, 
> > certo c'è poi chi ha una consapevolezza maggiore :-P .
> > Forse la cosa che ho apprezzato di più delle sue valutazioni è proprio 
> > la critica all'hacking come pratica che ha agito sempre come se il resto 
> > del mondo non esistesse, come detentrice di una conoscenza altra e un 
> > potere di sovversione inspiegabilmente lontano dalla generalità delle 
> > persone.
> > 
> > 
> > > per esempio Lovink potrebbe essere integrato in maniera meravigliosa 
> > > prendendo in considerazione il discorso delle microtecnologie del suo 
> > > condivisore di faccia-e-capelli Foucault, nell'analisi del corpo docile 
> > > che, nell'era dell'immateriale, diventa la cognizione docile (o qualcosa 
> > > del genere).
> > 
> > Forse in contrapposizione al corpo docile si potrebbe parlare di corpo 
> > selvaggio, quella parte di realtà che viene eliminato dall'ordine 
> > sociale e che non riesce ad avere voce.
> > 
> >  >solipsismo vs schizofrenia?
> > 
> > ci sono diverse opzioni a riguardo, la Kristeva propone come momenti per 
> > la creazione di nuovo senso e per dare voce a quello che non lo ha 
> > momenti in cui l'essere corpo si fa evidente. Le sue ipotesi sono quelle 
> > della maternita, ma anche delle psicopatologie come l'afasia. Concordo 
> > che possa essere interessante una corrispondenza con l'elettroschok se 
> > prorio non c'è altro modo ok ma se si può evitare anche no :-D :-D. 
> > Comunque è una delle possibili declinazioni del discoso che appare 
> > interessante. Io vorrei portare l'esperienza di gruppi come diotima e 
> > delle modelità di sovversione dell'ordine sociale e della loro possibile 
> > corrispondenza con l'ambito tecnologico. Si tratta si discorsi astratti 
> > che effettivamente hanno difficoltà ad avere contatti con la pratica ma 
> > ci sarebbe da chiedersi quanto la pratica sia vicolata dai limiti 
> > linguistici e in che termini?
> > 
> > 
> > 
> > -- 
> >      [IIIII]   lo|bo
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