[aha] Nichilismo e Comunicazione
lo|bo
lo_bo at ecn.org
Sat Aug 23 05:25:49 CEST 2008
Grazie a gadda per aver postato la citazione del libro, colgo
l’occasione per proporre anche una riflessione sulle tematiche sollevate
da Domenico Olivero sulla questione della Comunicazione e che saranno
oggetto di un workshop nell’AHACamp. Vorrei proporre uno spostamento o
un allargamento del discorso sulla questione del linguaggio e le
pratiche femministe legate ad esso.
Il libro di Lovink a me non pare così scontato, sembra interessante dal
punto di vista dell’analisi dei fenomeni. La sfera dei blog
probabilmente ha quelli detti “operativi” non sembra una realtà così
rilevante ma non è così per la maggior parte delle persone. Spesso si è
sentito parlare di una ritrovata liberta di parola legata alla
possibilità di poter esprimere un opinione, in vista di una democrazia
partecipata che si faceva più reale per il grande pubblico rispetto alle
illusorie visioni della strettissima cerchia degli utilizzatori del web
della prima ora. Un piattaforma semplice e intuitiva è stata la base per
la diffusione di questa pratica. Non dovrebbe stupire conosciamo bene
l’esperienza Windows. Anche in Italia ci sono stati casi eclatanti basta
pensare all’enorme successo mediatico del blog di Grillo oppure
volendoci rivolgere all’artivismo possiamo anche pensare ai blog fake
creati dal gruppo Les Liens invisibles contro Volontè. Se il blog non
creasse anche solo l’illusione di un riscontro mediatico quelle
operazione non avrebbero avuto l’intervento della polizia postale. Ma in
quel libro è interessante che ci sia una analisi anche più specifica sui
Contenuti ed è in riferimento a questi che Lovink parla di nichilismo.
Per questo motivo volevo citare un testo di Ida Dominijanni:
“La politica ha perso quella capacità di mobilitazione simbolica che ne
ha fatto la sua potenza, che è stata basata non solo sulle “grandi
narrazioni” ma anche sulle pratiche linguistiche e comunicative; e
ridotta a tecnica e amministrazione, cede questa funzione simbolica,
linguistica e comunicativa ai media. Ma nei media questa funzione si
riduce a sua volta a pura tecnica: vocabolari stereotipati, moduli
computerizzati, lay-out preformati; parola che non suona,
rappresentazione che a sua volta non rappresenta, lingua che non parla
di nessuno a nessuno, in un regime in cui tutto si può dire e non
importa più che cosa ma solo come si dice. Politica e massmedia,
rappresentanza e rappresentazione, sono dunque attraversate dalle
stesse, isomorfiche tendenze, in primo luogo dalla tendenza alla
smaterializzazione, all’astrazione dal corpo individuale e sociale,
all’autoreferenzialità: in una parola alla ipermetaforizzazione.”
Questo testo è una parte di una lunga introduzione che fa la giornalista
ad un libro carissimo alla storia del femminismo italiano che è “Maglia
o uncinetto, racconto linguistico-politico sulla inimicizia tra metafora
e metonimia” di Luisa Muraro. La Muraro nel libro propone un rapporto di
complicità tra ordine simbolico e ordine sociale. Per
ipermetaforizzazione intende processi di totale astrazione che non
permetto più il corrispondere delle parole alle cose. L’astrazione del
ordine sociale ma anche della comunicazione è tale che non vi è più una
corrispondenza con la realtà. Però nel libro si fa bene attenzione a non
proporre un ipotetico ricongiungimento con un corpo originario o con una
realtà vergine perché anche queste rientrano all’interno dell’ordine
simbolico e quindi dell’ordine sociale. Si tratta di tematiche che hanno
attraversato la storia del femminismo italiano, legate a pratiche per
riscoprire una contiguità con il corpo senza dimenticare la sua
appartenenza al linguaggio e all’ordine simbolico. Ma se guardiamo anche
alle pratiche hacker femministe questo aspetto non manca, per esempio la
cornelia sollfrank , o anche i festival organizzati da Tatiana stessa.
Ritornando alle proposte sulla Comunicazione riprendo alcuni punti che
sono stati postati sulla lista
>(4) La comunicazione crea un meccanismo di continua tensione
impersonale che non trova sfogo nel >concreto bisogno sociale ma che
crea una dipendenza alla continua eccitazione (addiction). Costruendo
>una fittizia presenza prolungata che agisce a volte in modo violento
per poter essere al centro del percorso >informativo senza avere però
degli elementi da comunicare.
La tensione a cui ti riferisci potrebbe avere una declinazione anche nei
termini di una contrapposizione tra due aspetti costitutivi del
linguaggio, da un lato un aspetto di ipermetaforizzazione e astrazione
del reale e dall’altro il rapporto delle parole con le cose, con il
mondo. In un sistema in cui è ingenuo pensare alla trasparenza del
linguaggio, si potrebbe però proporre una “guerriglia linguistica” cioè
una azione all’interno del linguaggi stesso.
>(6) A tal motivo i “valori” vengono resi dialoganti e mutevoli in un
continuo aggiornamento al fine di evitare >cambiamenti reali e di
riconfermare i poteri acquisiti da chi controllo legalmente (ma sempre
più spesso >illegalmente) il sistema.
>(5) Con la comunicazione si affossa nel caos la crescita e lo sviluppo
più nuovo ed autentico, slegato dalle >ideologie, esso viene confuso con
tutte le finte-strutture mediatiche create per neutralizzarlo.
Garantendo >per i “poteri forti” la sopravvivenza e legittimazione.
>(10) Si crea così una psicosi, un “ordine sociale” ingestibile.
>(13) l’ ambivalenza della comunicazione genera una regressione sociale
e culturale, riportandoci quasi ad >uno stadio primitivo di pensiero e
azione.
Se fosse ingestibile non si parlerebbe di ordine sociale. Attraverso il
processo metaforico ogni conoscenza viene generalizzata e si crea un
sistema che esclude ciò che è ritenuto rilevante da ciò che non lo è.
Nei suoi scritti la Muraro scrive della sua esperienza da insegnate
dicendo che nei temi dei ragazzi i prati non riuscivano ad essere altro
che verdi. In uno scenario di questo tipo è impossibile pensare ad una
via di uscita ma il linguaggio comunque riesce ancora a parlare del
mondo, forse sarebbe interessante chiedersi Come.
>(9) Nel continuo affermare e negare il tempo si annulla il processo
informativo e la percezione del reale, >quasi a voler sostituire “il
principio di realtà” con il “principio del piacere”.
>(8) L’impulso sessuale è assopito da un continuo flusso di
desessualizzazione.
>(11) Essa non regge il confronto ma solo una continua “provocazione”
che può degenerare in aggressività.
Il femminismo italiano ha più volte rivendicato la relazione tra sapere
e piacere, dove la conoscenza del reale è legata alla consapevolezza di
essere corpo, senza negare il passaggio obbligatorio attraverso
linguaggio e se si vuole la comunicazione. Non credo che si possa
parlare di principio di realtà distaccato dal principio di piacere, e
comunque penso che entrambi subiscano un duro colpo nei processi di
astrazione.
(12) il rapporto dialettico non è parte della comunicazione, in quanto
non ha interesse al confronto e alla dialettica, ma è unidirezionale,
quasi metafisica. Al contrario dell’arte che è origine, differenza.
La differenza è il nucleo di un certo pensiero femminista italiano.
Sarebbe interessante porre l’attenzione su come questo pensiero proponga
delle modalità per la creazione di nuovi significati e per il
superamento di questa morte metafisica. Nel linguaggio è insita una
potenza creatrice che nasce dalla tensione tra diverse componenti,
probabilmente si potrebbe ragionare sul prevalere di una rispetto ad
altre in un sistema tecnologico e come possa avvenire un ribaltamento
dello stato di cose.
Scusate la lungheza, ma è per l'AHACamp
aspetto risposte
--
[IIIII] lo|bo
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