[aha] Il lastrico dell'inferno
xDxD
xdxd.vs.xdxd at gmail.com
Sat Aug 16 19:41:39 CEST 2008
gadda1944 ha scritto:
> E’ utile una discussione sulla scuola e la formazione in Italia in questo momento su questa lista? Può darsi di sì, ma (credo) a due condizioni: primo, che si ricordi che questa è una lista dedicata all'attivismo, all'hacking e alla dimensione sociale e pubblica dell'arte. Secondo: che si abbandoni la logica (legittima, figuriamoci, ma poco utile) della rivendicazione di quello che ognuno di noi ha fatto nella sua scuola, nei suoi corsi, tra i suoi studenti.
da bravo hacker, attivista e artista (?) continuo a sostenere la mia.
Stiamo parlando di pachidermi preistorici. Pachidermi che, con un misto
di sentimenti che oscilla tra la bava alla bocca, il desiderio di non
morire e il perpetrare strategie in comune con altri amichetti
pachidermici, usano diversi mezzi per promuovere leggi e leggine, da un
lato, e percezioni distorte e confuse, dall'altro.
Si fonda quasi tutto, naturalmente, sulla complessità.
Nella complessità del rapido contemporaneo inizia a diventare un
problema il definirsi, il farsi definire e il definire le cose.
E, naturalmente limitarsi a parlare di "università" (o di accademia, fa
lo stesso) non ha proprio nessun senso.
Cosa sono: un artista? un ingegnere? un filosofo? un pizzettaro
creativo? un passacarte? un cut'n pastatore? uo videomaker? un
fotografo? un professore?
FaceSpaceTube è "libertà" o è una "concessione"? E' più libero poter
creare un profilo su MyBookYouSpace o il saper fare una paginetta HTML
molto più brutta, ma che controllo io, su un mio server?
i servizi web servono o dovrei impararmi a gestire da solo la mia mail
eccetera? "we are not evil": è possibile?
e ancora: è proprio auspicabile che io mi trovi il wireless dappertutto?
la banda larga "mi salverà"? ma tutte ste "commodities" a che/chi/cosa
servono?
e ancora ancora: che vuol dire *adesso* fare l'artista? e che vuol dire
fare l'ingegnere, o l'architetto, o l'insegnante?
e ancora e soprattutto: ma un po' di materialismo no? perchè qui stiamo
in due gatti a parlare di se è meglio così o cosà all'università, di
come è fico il "feticcio visuale" o di come è "multi" la mia sessualità
o la mia identità, mentre tutta la gente intorno sta a montare cose
sulla catena di montaggio, a contare i centesimi nei 5 minuti di pausa
sigaretta del callcenter, a schiattare da una impalcatura di un cantiere
o a farsi frustare/frustrare/bombardare in qualche parte del mondo, o a
morire di tumore per quello che respira/mangia/indossa/guida, o a pagare
le rate di non_si_sa_per_niente_bene_cosa.
eccetera eccetera. son milioni di domande che derivano dal fatto che la
tecnologia mischia le carte in tavola.
Da un lato, sostanzialmente e a piè pari, diventano inutili,
insignificanti e anche noiosi e "brutti" un sacco di quei sistemi,
meccanismi e processi che occupano la nostra vita quotidiana e non.
Dall'altro lato tutti sti discorsi diventano anche totalmente frivoli,
se comparati al fatto che la moderazione_burocratica di questo parlare
allontana dai problemi reali, che sono percettivi.
In tutto questo: le tecnologie non vanno verso la democrazia , ma verso
una anarchia gestibile in cui hanno significato solo processi di tipo
ecosistemico.
quindi ci troviamo di fatto da un lato ridefiniti dal contemporaneo,
dall'altro ipnotizzati da una società complessa in cui ognuna delle
forze in gioco dice la sua con la strizza nel popo' e con il coltello
tra i denti, e dalle pratiche che i vari soggetti "potenti" di questa
società mettono in atto tenendoci occupati con orari, rate, burocrazie,
forme del corpo da ottenere, cose da fare...
In mezzo a tutto questo venticello, se si ha interesse in una cultura
che sia critica e che rappresenti veramente il "luogo" della rete
culturale come, ad esempio, la descriveva Bateson, l'università fatta
così non ha più senso. e non è un problema dell'antropologia culturale o
di qualche altra singola materia di studio.
non ha senso il palazzone universitario in sè, come non ha senso il
palazzone governativo o finanziario.
nel contemporaneo iniziano ad aver senso i piccoli ecosistemi locali,
integrati in un ecosistema più grande, globale, i cui sforzi (globali)
dovrebbero essere coordinati ed orientati esclusivamente a problematiche
tecniche, filosofiche e infrastrutturali.
Il resto dovrebbe essere lasciato all'autodeterminazione dei singoli
ecosistemi locali (dove il concetto di "locale" non è geografico, ma
concettuale e psicologico) dinamici, formati in base ad affinità e
dialettiche, e autoregolamentati.
come la rete, che non è democratica, ma anarchica "gestita": una rete
grossa che integra tante reti più piccole. Le reti più piccole hanno
come unico obbligo verso quella grande il fatto di doversi integrare su
alcuni parametri, pena la non esistenza, ma per il resto fanno come gli
pare. Ogni rete piccola ha i suoi amministratori, che sono membri
effettivi e attivi delle proprie sottoreti, sentendone responsabilità,
significati, filosofia.
tutto questo è possibile e attuabile, ma è lontano anni luce dal nostro
quotidiano in cui l'odiosa gerarchia è, a suo modo, desderata perchè
libera dalla necessità di autodeterminarsi. La sensazione del proprio
corpo e della propria "posizione" è lontana da noi stessi oramai, persa
in una burocrazia che è sensoriale, percettiva, cognitiva. Lo scontro
"da ufficio" non serve a liberarsi, ma, per dirla con la tecnica
McDonald, a diventare "responsabile delle patatine fritte".
E quindi stiamo qui a (immaginare di) lottare per mantenere un "nome" di
una materia, o se ottenere questa o quella piccola concessione. Quando
il problema è ben altro, ed è distante anni luce dal chiamare una
materia "Emotional Interaction Design" o "Interfacce Interattive Fighette".
Ma, purtroppo, il mondo è pieno di gente con poca fantasia.
abbracci!
xDxD
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