[aha] vi giro - LA FINE DELL'ANTROPOLOGIA
gadda1944
gadda1944 at libero.it
Thu Aug 14 19:10:56 CEST 2008
Va bene, capisco che ognuno ha da difendere la sua parrocchia, e siamo tolleranti.
Propongo di sospendere il gioco a "l'ho detto prima io, o i miei amichetti", se no non ne usciamo più, e chiarisco che non condivido nessuna parrocchia col compianto Ivan Illich, solo qualche idea.
Comunque lasciatemi dire che prima di Illich, Papini e Marinetti (che però non vale perché ce l'aveva con tutti, prima di diventare lui stesso Accademico d'Italia :-)) ), e allora anche Aldo Capitini, e per certi versi anche Guido Calogero, prima di tutti questi, allora, c'è stato Jean-Jacques Rousseau. Il rifiuto della scuola, insomma, ha precedenti illustri e disparati.
Ma ora, ripeto, basta, sennò Alessio si deprime - e Francesco ci bacchetta e ci dice che siamo disfattisti :-)))
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>From : aha-bounces at ecn.org
To : "List on artistic activism and net culture" aha at ecn.org
Cc :
Date : Thu, 14 Aug 2008 16:18:00 +0000 (GMT)
Subject : Re: Re: [aha] vi giro - LA FINE DELL'ANTROPOLOGIA
> 60 anni prima. in Italia.
> F. T. Marinetti, "Contro i professori", 1910
>
> 56 anni prima. in Italia.
> Giovanni Papini, "Chiudiamo le scuole", 1914
>
>
> --- Gio 14/8/08, gadda1944 <gadda1944 at libero.it> ha scritto:
>
> Da: gadda1944 <gadda1944 at libero.it>
> Oggetto: Re: Re: [aha] vi giro - LA FINE DELL'ANTROPOLOGIA
> A: "aha" <aha at ecn.org>
> Data: Giovedì 14 agosto 2008, 15:42
>
> Ivan Illich, "Descolarizzare la società. Per una alternativa
> all'istituzione scolastica" [1970], ed. it. Mondadori 1972, non so se
> è ancora disponibile...
>
> Un ottimo antidoto contro tutte le illusioni sulla didattica e sul ruolo
> "progressivo" delle scuole.
>
> Faccio i miei migliori auguri ad Alessio, ma tutte le università ormai,
> pubbliche o private (e non parliamo delle accademie), si stanno trasformando in
> qualcosa di molto simile a un super-IED, cioè scuole professionali di alto
> livello che addestrano gli studenti a diventare marchettari. Che poi è quello
> che in fondo vogliono loro per primi (con le debite ma ahimé ininfluenti
> eccezioni)...
>
> gadda
>
>
>
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>
> >From : aha-bounces at ecn.org
> To : aha at ecn.org
> Cc :
> Date : Thu, 14 Aug 2008 16:49:57 +0200
> Subject : Re: Re: [aha] vi giro - LA FINE DELL'ANTROPOLOGIA
>
>
>
>
>
>
>
> > Salve prof, salve a tutti...
> > io mi ritrovo perfettamente in quello che ha detto, e ci terrei a fare
> > delle considerazioni da un punto di vista di studente.
> > Anche perché l'aspetto della didattica mi interessa molto,
> > e sto lavorando ad un progetto che riguarderà alcuni di voi e di cui
> > avrete notizia nelle prossime settimane.
> >
> > Sento molto presente l'ottica puramente lavorativa un po in tutte
> quelle
> > istituzioni dove vengono professate
> > quelle che possono essere chiamate "arti applicate". Ma in
> particolar
> > modo sento questo presente in NABA,
> > sia nelle sue logiche di funzionamento ma soprattutto nell'approccio
> che
> > osservo nella maggior parte degli studenti.
> > Un approccio che ho visto sempre più stimolante in accademie pubbliche.
> > In cui, nel bene o nel male, mi sembra esserci più interesse verso una
> > teoria non funzionale ad un lavoro,
> > ma funzionale ad una crescita personale, e a mio avviso,
> > conseguentemente al lavoro.
> > E' stato anche questo uno dei motivi per cui (a causa di un
> particolare
> > percorso di studi...) il prossimo anno probabilmente
> > non rimarrò in NABA, ma andrò in un' accademia pubblica.
> >
> > Per me è chiaro che in una concezione capitalistica (con accezione ne
> > positiva ne negativa...)
> > siano gli studenti/domanda a determinare i docenti/offerta. Per cui non
> > mi stupisco,
> > e forse sarebbe anche giusto (ne senso che uno studi quello che vuole)
> > se non fosse solo l'antropologia a sparire, ma tutte le materie
> teoriche
> > in determinati contesti accademici.
> > Per cui per me il problema è alla radice, e queste sono solo dinamiche
> > naturali.
> >
> > Ad ogni modo, secondo me, a parte le posizioni di "élite", vedo
> una vera
> > urgenza
> > nello stimolare l'approccio critico negli studenti, che cresciuti in
> una
> > cultura puramente televisiva,
> > hanno una totale passività nei contenuti/forme che gli vengono proposti.
> >
> > Per quanto riguarda l'alienazione non sono pienamente concorde con il
> > suo discorso.
> > Penso che raggiungere uno stato di buona consapevolezza possa solo
> > alimentare l'alienazione
> > nei confronti del mondo e dei meccanismi degli ambiti professionali e
> > sociali.
> > La consapevolezza da comunque una possibilità di scelta nel mondo.
> > Ma del resto, c'è chi sceglie di non scegliere e di non farsi
> domande,
> > che è sicuramente la soluzione più comoda.
> >
> > Non ero presente all'intervento di Paolo Rigamonti, ma penso di aver
> > capito la sua posizione,
> > e al condivido pienamente. In alcune circostanze, i workshop possono
> > essere esperienze molto utili
> > anche da un punto di vista didattico. E' vero che molte situazioni
> sono
> > strutturate su una formazione
> > nozionistica, e frammentaria, cosa non sbagliata in se (a mio avviso) ma
> > il multitasking lo lascerei fare ai computer.
> > Penso che un filo logico molto forte sia importate.
> > Trovo illuminante la posizione espressa da McLuhan ormai quaranta anni fa,
> > in cui affermava che le scuole sono "penitenziari intellettuali"
> e che
> > l'istruzione dovrebbe essere semplificata.
> > Concetto che si potrebbe ampliare anche alle concezioni estetiche e di
> > information design più attuali...
> > Per cui non amo particolarmente i corsi/minestrone in cui non puoi
> > ampliare le ricerche, ma le devi filtrare.
> >
> > grazie per la pazienza
> >
> >
> > Alessio Chierico
> >
> >
> >
> >
> > --
> >
> >
> > o0 pAt 0o
> >
> >
> >
> > http://chierico.altervista.org
> > http://bloggo.oziosi.org/pensieri
> >
> > "Non c'è nulla che sia dotato di vita - dall'uomo, che ha
> reso schiavi
> > gli elementi, alla più agile creatura - in tutto questo pianeta che non
> > oscilli durante una rotazione. Ogni volta che un'azione sia generata
> da
> > una forza, anche infinitesimale, il bilancio cosmico viene alterato ed
> > il moto universale ne risente degli effetti." (Nikola Tesla)
> > > Message: 1
> > > Date: Wed, 13 Aug 2008 11:56:51 +0200
> > > From: "francesco monico" <francescomonico at gmail.com>
> > > Subject: Re: [aha] vi giro - LA FINE DELL'ANTROPOLOGIA
> > > To: "List on artistic activism and net culture"
> <aha at ecn.org>
> > > Message-ID:
> > > <9629acde0808130256of2ac153o56a6bc05c81153d7 at mail.gmail.com>
> > > Content-Type: text/plain; charset="windows-1252"
> > >
> > > La lettera di Massimo Canevacci mi era stata inoltrata circa un mese
> fa e
> > > l'avevo inoltrata all'attenzione del Consiglio Accademico
> della NABA, con
> > > mia grande sorpresa al posto di riscuotere l'unanime consenso dei
> direttori
> > > delle singole Scuole (Design, Moda, Graphic Design & Art
> Direction,
> > > Scenografia, Arti Visive, Media Design e Arti Multimediali, Design
> della
> > > Comunicazione) ha letteralmente spaccato il consiglio. Infatti il
> > > sottoscritto (e la Direzione NABA) appoggiava apertamente la
> posizione di
> > > Canevacci mentre altre didattiche ne criticavano il contenuto.
> > >
> > > Che dire? In qualità di Direttore della Scuola di Media Design &
> Arti
> > > Multimediali cerco quotidianamente di mantenere (e rinforzare) gli
> > > insegnamenti critico teorici, per questo ho invitato a diventare
> parte del
> > > corpo docente Naba importanti pensatori critici in grado di
> strutturare
> > > percorsi teorici come Antonio Caronia, Pierluigi Capucci, Derrick De
> > > Kerckhove, Marco Scotini e giovani come Marco Mancuso, Lorenza
> Pignatti
> > > (...), e abbiamo invitato come speaker personaggi dei new media
> italiani
> > > come Tommaso Tozzi, Paolo Pedercini, Tatiana Bazzichelli, Donatella
> della
> > > Ratta, Giacomo Verde e internazionali come Roy Ascott, Jill Scott,
> Marcos
> > > Novak, Jens Hauser, Natasha Vita More, Roger Malina... La cosa
> interessante
> > > è il totale disinteresse verso questi personaggi da parte di
> affermati
> > > professionisti italiani della 'creatività' (sic!). Infatti
> in questi
> > > incontri non ho mai visto nessuna delle firme della creatività e del
> design
> > > presenti a milano o in accademia.
> > >
> > > Oggi esiste un 'discorso forte' che cerca di focalizzare
> tutta la
> > > preparazione degli studenti su una ipotetica ricaduta lavorativa, la
> > > didattica viene gisutificata dai numeri degli inscritti e i meriti
> del corpo
> > > docente ridotti agli apprezzamenti degli stessi studenti. La
> situazione
> > > rischia di diventare pesante, infatti qualsiasi persona coerente sa
> che non
> > > è possibile insegnare un mestiere in tre anni o in due, e che
> sopratutto non
> > > è importante saper fare ma bisogna sapere pensare per potersi
> adattare
> > > criticamente ai vari scenari che si presenteranno nel mondo del
> lavoro
> > > (sopratutto in un epoca di grande accelerazione tecnologica come
> questa).
> > > Importante è gestire l'alienazione nel lavoro e nella vita
> attraerso una
> > > base storico-critica che ci permetta di desumere dei modelli ai quali
> > > appartenere.
> > >
> > > Credo che per i giovani sia oggi fondamentale venire in possesso di
> > > strumenti critico-metodologici che gli permettano di districarsi e di
> > > aggiornare il loro pensiero in un'epoca di grande mutamemento
> come quella
> > > bellissima che stiamo vivendo. Ma esiste una tendenza a ridurre la
> didattica
> > > a workshop che sono molto comodi, infatti durano poco, costano poco,
> hanno
> > > risultati concreti e visibili e riempiono le università accademie di
> > > 'visiting professor' magari conosciuti con cui fare
> comunicazione.
> > > Quest'onda sembra avere le coordinate del design e delle arti
> visive? Si può
> > > dire? Non so, certo che al convegno New Media Education &
> Research 2008 uno
> > > degli interventi più interessanti (oltre a quello di Caronia, ndr)
> è stato
> > > quello di Paolo Rigamonti sull'evanescenza del modello workshop.
> > > se volete dare un occhio:
> > >
> http://www.francescomonico.com/m-node/newmediaeducation/mnode_newmediaeducation.html
> > > (scusate l'indirizzo ma è un mirror perché il sito orginale è
> giù per un
> > > comportamento imbarazzante di tiscali)
> > >
> > > Ecco noi ci siamo attrezzati con il convegno che, inspirato su un
> modello
> > > realizzato nel 2007 da Tommaso Tozzi, vorrebbe dare un contributo
> alle
> > > problematiche della pedagogia e della didattica dell'alta
> formazione
> > > artistica.
> > >
> > > Idealmente anche in risposta alla lettera di Canevacci.
> > >
> > > Qualsiasi consiglio, pensiero, critica è il benvenuto
> > >
> > > Francesco Monico
> > >
> > >
> > >
> > >
> > >
> > > Il giorno 12 agosto 2008 12.28, synusia <synusia at libero.it> ha
> scritto:
> > >
> > >
> > >> ve la giro come luogo di riflessione - e del resto quello che
> riguarda
> > >> massimo canevacci non potrebbe che essere cosí. una mente fuori
> dal
> > >> comune...ok - sono certa sara' di vostro interesse.
> > >>
> > >> a presto synusi@ cyborg
> > >>
> > >>
> > >>
> > >> Lettera aperta per la Facoltà di Scienze della Comunicazione
> > >> dell'Università "La Sapienza" di Roma
> > >> Massimo Canevacci
> > >>
> > >> Le nuove scelte didattiche della Facoltà di Scienze della
> Comunicazione
> > >> dell'Università "La Sapienza" mi impongono di
> rendere pubbliche alcune
> > >> perplessità, poiché, a fronte di un'indubbia crisi
> dell'ordinamento
> > >> triennale, si è deciso di ristrutturare l'ordine degli studi
> secondo una
> > >> visione della
> > >> comunicazione restaurativa e schiacciata sull'esistente.
> > >> In tal modo, la scienza della comunicazione rischia di ridursi a
> una
> > >> preparazione professionale di taglio giornalistico; le
> connessioni
> > >> sperimentali e trans-disciplinari con quanto emerge nella
> comunicazione
> > >> digitale (estesa tra design, architettura, pubblicità,
> performance, musiche,
> > >> moda, arte ecc.) spesso risultano incomprese, "non
> controllate" o
> > >> neutralizzate in "tecniche"; e vengono ignorate, di
> conseguenza, quelle
> > >> ricerche che stanno tentando
> > >> modificare paradigmi espositivi, composizioni espressive,
> narrazioni
> > >> multisequenziali.
> > >> Tale tendenziale rinchiudersi della comunicazione dentro un
> giornalismo
> > >> asfittico e un'apologia dei media impoverisce la Facoltà,
> trasforma i
> > >> docenti in funzionari dell'"industria culturale",
> addestra gli studenti alla
> > >> rinuncia
> > >> all'innovazione e all'assenso disciplinato, chiude alle
> nuove
> > >> professionalità che attraversano visioni, stili, linguaggi, è
> indifferente
> > >> alle prospettive che
> > >> nelle università estere da tempo vengono applicate in questo
> ambito (si
> > >> veda il ruolo dell'antropologia culturale nei Media Studies
> in tante
> > >> università estere - MIT, Humboldt Universität, Escola de
> Comunicação e
> > >> Arte). Tutto questo
> > >> rischia di configurare provincialismo disciplinare, endogamia
> mass-mediale,
> > >> diffidenza dell'emergente, sottrazione delle potenzialità
> digitali.
> > >>
> > >> La materia che ho insegnato per più 20 anni - Antropologia
> Culturale,
> > >> materia fondamentale per gli studenti di primo anno - è stata
> soppressa,
> > >> mentre a Roma, in Italia e ovunque, sarebbe necessario
> moltiplicare le
> > >> ricerche con
> > >> questo orientamento, per contrastare le pericolosissime onde
> razziste, le
> > >> chiusure localistiche, i decisionismi verticistici, le grettezze
> mediatiche.
> > >> Si è preferito, invece, puntare su materie
> "classiche" (diritto e storia),
> > >> eliminando la prima delle tre discipline fondamentali delle
> scienze sociali
> > >> (antropologia, sociologia, psicologia). Il docente che la
> insegnava viene
> > >> "esiliato" al terzo anno del corso di laurea di
> Cooperazione e Sviluppo, con
> > >> una materia denominata Comunicazione Interculturale. Già nel
> titolo del
> > >> corso si esprime la continuità di un dominio neo-coloniale
> dell'Occidente
> > >> verso un mondo "altro": che la "cooperazione"
> sia focalizzata a dare aiuti
> > >> economici ai
> > >> laureandi e ai rispettivi Paesi di residenza, piuttosto che
> all'"altro",
> > >> dovrebbe essere ormai evidente; e sulla critica al concetto di
> "sviluppo"
> > >> sono stati scritti così tanti saggi prima e dopo il '68 che
> è noioso solo
> > >> ricordarlo. Quindi si crea una materia come Comunicazione
> Interculturale,
> > >> che
> > >> fin dal nome rafforza chiusure identitarie e culturali,
> regressioni
> > >> scientifiche e formative, che purtroppo appaiono in sintonia con
> quelle
> > >> politiche da "lega romana" adeguate al clima imperante,
> in cui un
> > >> cattolicesimo appiccicoso cerca di controllare governi e
> opposizioni,
> > >> atenei, facoltà,
> > >> docenti.
> > >>
> > >> I riferimenti cui la mia cattedra si è ispirata sono collocati,
> tra gli
> > >> altri, nel filone antropologico inaugurato da Gregory Bateson:
> che, a
> > >> partire dalle
> > >> sue ricerche anticipatrici a Bali, hanno permesso di elaborare il
> doppio
> > >> vincolo, concetto tra i più straordinari applicato sia alla
> comunicazione
> > >> "normalmente" psico-patologica che ai mass media
> nascenti; fino alla sua
> > >> collaborazione con Wiener per le primissime ricerche sulla
> cibernetica.
> > >> Anziché dedicarsi a santi e madonne, processioni e proverbi -
> temi troppo
> > >> spesso
> > >> esclusivi nell'insegnamento di questa materia da noi - la
> ricerca
> > >> antropologica di Bateson si inserisce nei flussi già
> all'epoca emergenti di
> > >> comunicazione, tecnologia, alterità.
> > >> Infine, questa lettera non rivendica nulla di personale (vado in
> pensione
> > >> dal prossimo anno e lascio quindi questa Facoltà). Essa esprime
> un
> > >> posizionamento politico-culturale che individua, nella crisi
> crescente e
> > >> apparentemente
> > >> irreversibile della Facoltà di Scienze della Comunicazione, un
> problema su
> > >> cui indirizzare la riflessione critica nell'interesse di
> docenti, studenti,
> > >> impiegati: di chiunque viva e respiri l'aria di
> un'università che cerchi di
> > >> dare senso ai futuri possibili e non si limiti a replicare il
> peggio dei
> > >> presenti mediatizzati.
> > >>
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