R: [aha] marketing
xDxD
xdxd.vs.xdxd at gmail.com
Mon Apr 21 22:23:06 CEST 2008
una cosa rapidissima che prometto di espandere al più presto, che devo
finire al più presto di guadagnarmi la pagnotta e sto di corsissima e
con poco sonno
Agnese Camellini ha scritto:
> E' qui lo scherzo del marketing, di farti credere che sia arte! Per
> questo motivo, probabilmente l'arte sul web è open.. Adesso non voglio
> spingermi a ragionamenti complessi e assurdi ma, forse il prodotto
> della programmazione in win viene chiamato più "videogioco" o "effetto
> speciale" per il cinema ma anche in questo caso, non si tratta di
> arte, ma di un prodotto commerciale...
> Quindi l'opera è improvvisamente diventata un prodotto? Si è piegata e
> ha irriso la sua natura fino a questo punto?!
>
> Non credo, datemi dell'idealista (e forse sono fra quei "giovani" che
> sono rimasti tali) ma nell'arte si realizza molto più di un "prodotto
> bello". Questo forse intendeva Pagliarini dicendo "effetto sul lungo
> periodo". Nell'arte si realizza qualcosa che ha a che fare con "il
> vero", e che quindi apparentemente può sembrare ovvio (quanto il
> marketing), ma visto con una certa distanza è l'unica trascendenza che
> ci rimane.
>
ecco, mi viene in mente una cosa. che viene un po' dal computer art
congress in messico e un po' da holy fire in belgio.
computer art congress in messico: reduno assai interessant, tenuto in un
luogo, tuttosommato, priviligiato del messico: un mega-politecnico con
diverse discipline a sfondo artistico.
Dico "a sfondo artistico" perchè lì, per artisti, l'80% delle volte
intendevano degli "schiavetti" in grado di disegnare in 3d, di produrre
effetti digitali, e, in sostanza, di partecipare ala catena di montaggio
dell'industria cinematografica e dei videogiochi.
oddio, ci sono stati anche un sacco di interventi interessanti (un
*grandioso* prof. Marcos Salazar Delfino che, lì in mezzo, è riuscito a
ficcar nientepopodimeno che gurdjeff in mezzo al discorso, o un grande
khaldoun zreik, o un paio di interventi di artisti, guarda caso europei,
che han dato dei begli spunti, parlando dei loro lavori). Ma, in
sostanza, gli interventi "pubblicitari" di Apple ed Electronic Arts in
mezzo al congresso sono stati assai rappresentativi.
pochissimo, quindi, riguardo gli aspetti un po' più "filosofici"
dell'arte (e, per capirci, passatemi il termine, più "spirituali" della
medesima). tant'è vero che quando ho fatto una domanda al prof. Pierre
Boulanger - che ha fatto un bell'intervento "storico" sulla realtà
virtuale - chiedendo di come affrontavano i temi realmente contemporanei
(sì! ho citato anche i neuroni con gli occhiali a specchio! :) ) ,
chiedendo da bateson in poi, insomma, il fantastico prof. cicciotto è
stato realmente contento di poter affrontare anche questa parte dei temi.
che volete: son messicani benestanti, assai vicini agli stati uniti,
ambiziosi di poter prendere fette di torta di vario genere.
però, quantomeno, mi sembrava scorretto che promettessero ai ragazzotti
di diventar "artisti del computer" e, invece, li preparavano ad una
pesante manovalanza nella filiera cinematografica e del videogioco.
s'erano scordati di raccontargli di come l'unica cosa, lì in mezzo, che
assomigliasse vagamente ad un artista, se proprio vogliamo, era proprio
la figura "manageriale" che, al giorno d'oggi, deve essere il regista di
film e videogames (non a caso si chiama proprio "director").
altro pezzo: Brusselles, IMAL, vernissage della mostra Holy Fire e il
giorno dopo, ad Art Brussels, all'omonima conferenza
Sto preparando un paio di sorprese che provengono dalla mia
partecipazione all'evento in veste di "visitatore rompipalle".
per adesso vi racconto di come un gruppo di persone, a vario titolo, in
modo molto gradevole e professionale, abbiano raccontato di come sia
positivo definire con maggior forza e decisione la possibilità di
affrontare i temi dell'arte che proviene dalla tecnologia, dalla rete,
dalla robotica (e dai telefonini, e dai videogames, e dall'RFID e
dall'... eccetera eccetera eccetera) dalla prospettiva di chi
quest'arte la vule promuovere e far vivere anche nelle gallerie, nei
musei, nelle case (cantine? casseforti?) dei collezionisti e quant'altro.
il tutto presentato con molta professionalità e con tanta cura per i
dettagli (complimenti veramente!) e inserendosi anche in un contesto
come quello di "Art Brussels".
c'era chi parlava da punti di vista "tecnici" (la preservazione, la
conservazione, l'obsolescenza tecnologica e le necessità di manutenere
hard disk, versioni di windows quant'altro delle opere digitali, e tante
altre cose su questa linea - tra l'altro facendo emergere la figura
professionale fantasticamente suggestiva e romantica del "restauratore
del software"), chi da punti di vista più pragmatici (il supporto
all'arte stessa, la distinguibilità dell'arte dei "Nuovi Media"
dall'arte contemporanea, l'interesse che sta "montando" sull'arte
digitale/interattiva/eccetera, i diversi approcci che si portano avanti,
dai più accademici che vedono festival come transmediale e ars
electronica riempiti di professori, ingegneri e tesisti, a quelli più
radicali delle avanguardie che, per adesso, non è che ci siano poi tanto
più, che son rimaste agli anni '90) e chi provava ad avvicinarsi a
prblemi un po' più filosofici.
se i primi due aspetti erano molto chiari per esposizione e strategie,
il terzo aspetto, quello filosofico, era assai più problematico.
ci sono state diverse scenette interessanti.
da sachs della galleria bitforms di new york che sgranava gli occhi
quando vuk cosic diceva, in sostanza, "tanto noi gli vendiamo un
certificato col nostro nome sopra, e poi continuiamo a fare quello che
cazzo ci pare: non è quella la vera opera d'arte", al dribbling delle
domande che si ponevano il problema di come sia possibile affrontare in
modi "classici" (gallerie+musei+collezionisti) opere che partono da
benjamin, da adorno, da guattari, da bateson eccetera, A) senza dare una
sòla a chi compra, oppure B) senza creare un meccanismo del tutto non
contemporaneo, e destinato a soccombere nell'insignificanza, oppure C)
senza determinare da dove, alla fine, viene il valore di opere d'arte di
questo genere (e sto parlando di "definizioni" vere e proprie del
concetto di valore, in un'epoca in cui la produzione è profondamente
mutata, in cui ogni forma di produzione è profondamente caratterizzata
da feticci di qualche genere, principalmente visuali, con tutte le
consegenze del caso, da duchamp, dada e fluxus in poi.
quel che emergeva era, in sintesi, molto semplice: che le avanguardie
rimangano avanguardie e chi vuol fare il proprio mestiere lo faccia con
la maggior competenza e dignità possibile.
le due cose, in realtà, sono profondamente diverse pur coesistendo in
maniera eccezionalmente armoniosa, e, addirittura, aiutandosi l'una con
l'altra.
appena ho un altro po' di tempo ve ne racconto un altro paio... :)
abbracci!
xDxD
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