R: R: [aha] Verso un incontro di aha a Torino? Proposte

Neofuturisti italiani neofuturisti at yahoo.it
Sun Dec 9 03:19:29 CET 2007


steD, 
  condivido nella sostanza il tuo intervento. e complessivamente i tuoi 4 punti. 
  Mcluhan e allievi sono un punto di riferimento per me e per il movimento netfuturista. Stessa linea.
  Condivido molto il discorso sul ruolo problematico che oggi ha l"'artista", o come vogliamo chiamarlo. Il ruolo deve essere sempre molto critico. E guai a cedere alla formuletta e al tecnicismo vincente. E' la negazione della vera arte (e di ogni idea intelligente).
  a presto
   
  p.s. vedo che la lista si anima. ora voglio vedere chi preferisce la pubblicità personale dell'ennesima inutile mostra ottocentesca travestita malamente di nuovo a queste discussioni su punti tanto critici. la pubblicità di eventi va bene. ma evitiamo che la lista sia solo quella pubblicità.
   
   
  

steD <stef at lideologo.net> ha scritto:
  A proposito di linguaggi e obiettivi comuni: vorrei ricondensare. 
Mi fa impressione che *qui* si parli ancora di Logica con la maiuscola. In
qualsiasi accezione. La logica e' fatta per i processori. Li' e' molto
produttiva; e nella fisica fa buone previsioni. La Logica copre un ridicolo
frammento di realta': per gli uomini e' solo un'ossessione d'ordine, un
anti-caos, un trucchetto inutile come ha riconosciuto proprio Wittgenstein
che si rimangio' tutto quello che in proposito aveva detto quand'era giovane
e presuntuoso. Wittgenstein pero' conosceva l'ineffabile, l'intoccabile, il
sacro: per questo resta, e ha il mio rispetto. Se no non sapremmo davvero
cosa farcene, a parte usarne il nome canonizzato per fare scena in certi
ambienti. 
E quella "logica non-euclidea" sinceramente non l'avevo mai sentita
nominare, Luigi! non essendosi mai occupato Euclide di logica. Per quanto
posso indovinare, non cambia nulla. Mi sembra stare alla logica come il
tempo libero al lavoro 9-17: l'altra faccia della stessa medagliazza di
stagno. 

Superiamo la logica e arriviamo alla "percezione laterale" che il dominio
dell'informazione reclama, come la chiama xDxD. Qui vorrebbe alludere piu'
direttamente alla neurofisiologia, pero' si ferma sulla soglia. Io voglio
andare oltre quella soglia, dov'e' un punto cruciale. Lo stadio di
avanzamento e di rivelazione in questo campo e' notevolissimo; difficilmente
potrebbe essere sottovalutato, perche' condiziona alla radice la visione del
mondo, il valore della conoscenza, il giudizio sulle azioni. 

Sappiamo quanto profondamente le rivoluzioni scientifiche di un secolo fa
suggestionarono chi parlava il linguaggio dell'arte, al punto che l'effetto
sorpresa della relativita' generale e della meccanica quantistica ancora non
si e' esaurito. Il sentimento diffuso di incertezza fu carburante per la
genialita' delle avanguardie. Kandinskij confessa apertamente il terrore
della sua generazione di vedere il mondo disfarsi davanti ai loro occhi. Gli
stessi scienziati erano travolti, esattamente come degli artisti. Webern e
colleghi si sentivano eversori, e lo erano. Heisenberg e colleghi, lo
stesso. Dedekind, Cantor, Hilbert: ancora lo stesso. 

Ora, un secolo dopo, siamo in stato di rivoluzione perpetua. Che cosa devono
fare gli artisti? Dovrebbero inseguire continuamente il fronte dell'onda?
Insensato! L'onda va da se', furiosamente, e poi e' troppo vasta. Oltre alla
rete e i nuovi media, di cui ci si occupa qui, sputa tanti di quei fenomeni
profondi e spiazzanti: le neuroscienze, appunto; la genetica e la medicina
evolutiva; la complessità e la computazione; le nanoscienze; la robotica...
Metti insieme tutto cio', nella scala mondiale della ricerca, associa a
finanza, telecomunicazioni, elettronica di consumo, e ti si annebbia subito
la testa. 

E che fanno gli artisti davanti a tutto questo? Cosa fanno oggi dello
spavento che aveva Kandinskij? Ce l'hanno questo spavento? Ne ho visti di
cosiddetti artisti acchiappare al volo qualche formuletta o concettino
isolati dalla scienza e farci su neologismi di trattini o peggio quello che
chiamano "un lavoro": pezzi di straordinaria superficialita' che alimentano
il grande telethon dell'ignoranza. È questo che devono fare gli artisti?
Spero di no. McLuhan, di cui si parlava, ha colto in un payoff di successo
una verita' cognitiva nascosta. "Il mezzo e' il messaggio" e' una idea bella
e sensata, che non si puo' trascurare o sottovalutare (dopodiche',
diventarne schiavi o sacerdoti e' un altro paio di maniche). Ma McLuhan non
ha pronunciato solo quella frase in mezzo a una piazza in mezzo a una vita:
ha condotto intorno ad essa uno studio organico, eloquente, che ormai fa
parte della coscienza contemporanea. Ecco, McLuhan per me era piu' artista
che altro, o di altri. Un buon esempio di artista contemporaneo. Come molti
pseudo scienziati, del resto. 

Per quanto ci possa riflettere, per me l'arte ha quattro connotati
essenziali: 1) con qualche tecnica da' forma a un'idea, anche inconscia, e
la trasmette ad altri; 2) spacca delle abitudini, alterando le associazioni
mentali in modo irreversibile, e quindi modifica la realta'; 3) nel farlo
crea uno spazio sacro, almeno temporaneo; 4) fa questo con qualche spinta di
impegno civile, anche involuta, anche inconsapevole; 
Ora, a questo identikit oggi risponde la scienza (con qualche caveat
sull'ultimo punto), e lo fa pure meglio. La teoria fisica delle
superstringhe, per dirne una, e' una strepitosa costruzione
artistico-religiosa, immensa e articolata. Altro che. E allora? 

Allora per me quello che ha ancora da fare l'arte e' smascherare,
smascherare a piu' non posso. Deve avere presente che cos'e' un uomo intero
e dove si trova, e fare tutto il possibile per riportarlo a galla, perche'
qui sembra che se lo ricordino in pochi ormai. Per farlo, puo' e deve usare
tutti gli strumenti a disposizione. Ma certo non puo' vendersi l'anima ad
essi. Ne' puo' aderire ai miti artificiali, replicandoli come semplice
provocazione, perche' questo gia' lo fa benissimo il sistema pubblicitario
che serve interessi opposti (seppure fa dell'arte notevolissima, a volte; ma
viola il punto 4). 
La storia mostra esempi di fallimento sia del "moderatismo" che avversava il
Neofuturista, sia dell'estremismo che probabilmente preferisce; mostra
altresi' anche esempi di successo per entrambi. Non c'e' regola. Ognuno
sceglie il metodo che si confa' al proprio carattere e alle circostanze in
cui si trova. Va bene pure ahaCamp o ahall o !:!aha!:! o quello che volete.
Ma un'intesa su un principio profondo ci vuole, se no ognuno se ne va per
conto suo - e il plancton e' l'ultimo anello della catena alimentare. 

Non so cosa ne pensate voi, ma a me piacerebbe discutere di questo. 

>S< 



-----Messaggio originale-----
Da: aha-bounces at ecn.org [mailto:aha-bounces at ecn.org] Per conto di Luigi
Pagliarini
Inviato: venerdì 7 dicembre 2007 22.09
A: 'List on artistic activism and net culture'
Oggetto: R: [aha] Disiscriversi o non disiscriversi, questo è il problema?

La logica moderna, e con essa il ben amato e stimato Wittgestein, è stata
abbondantemente superata dalla quella che chiamano (non credo sia più
sufficiente) logica non-euclidea, a cui quasi tutti si son in un certo
qualsenso arresi.
ho scritto QUASI tutti, ;^) ciao!


> -----Messaggio originale-----
> Da: aha-bounces at ecn.org [mailto:aha-bounces at ecn.org] Per conto di xDxD
> Inviato: venerdì 7 dicembre 2007 21.24
> A: List on artistic activism and net culture
> Oggetto: Re: [aha] Disiscriversi o non disiscriversi, questo è il 
> problema?
> 
> bellafonte at libero.it ha scritto:
> > La storia della Logica moderna, sin da Wittgestein, ha
> screditato forme primitive e non razionali di linguaggio che non 
> fossero vestite sull'obsoleto torcibudella de "il mezzo è il 
> messaggio", nonstante le forme di conoscenza che non fossero basate 
> sul metodo sofistico e menzognero derivato dall'era elettrica-tronica, 
> fossero degne della mia ammirazione.
> > Eppure, proprio le conquiste del Sistema Simbolico di oggi,
> della parabola-tv, della sedia ergonomica e del mouse celebrale, del 
> pocket-entertainment, che vogliono prometterci un'era della PARALISI, 
> mi fanno temere per una futura Apocalisse.
> > In un clima prossimo alla dormizione, sovraffollata di
> immagini, esse non sono esenti da quel modus di organizzare il Sistema 
> Emotivo che sostengono di aver abbandonato e che continua a vivere in 
> un mondo pre-linguistico che NON HA NULLA DA DIRE.
> > 
> 
> se l'interfaccia uscisse dallo schermo (e non solo 
> fisicamente, ma concettualmente e percettivamente) non 
> sarebbe un male.
> 
> perchè dove anche per costruire una sedia c'è molta 
> "responsabilità" in ballo (ti puoi far male a un dito col 
> martello; se la costruisci male chi ci si siede casca e 
> sanguina) nell'era dell'immaterialmente reale tutto si sposta 
> sul contesto della percezione laterale (come un buon sistema 
> home theater, per capirci), facendo, un po', proprio il gioco 
> della TV, che ci vuole tutti stelle dello spettacolo, non 
> foss'altro per mostrar le chiappe o per rispondere qualcosa 
> al signormàik e vincere centomila eurucci, con cui comprare, 
> finalmente, una bella automobile col culone.
> 
> il gioco al massacro della "democratizzazione", infatti, spinge
> paradossalmente(?) verso il consumo, più che verso l'"illuminazione" 
> sociale. (ma quante belle virgolette e parentesi, vè?)
> 
> ci si scontra poi con un limite valicabile solo con tempi non 
> proprio rapidissimi, quello delle possibilità: del 
> corpo/mente umano e dell'ambiente.
> 
> l'informazione è troppa, su questo non ci piove, e 
> l'attenzione va scemando. e l'ambiente tra poco, 
> semplicemente, scoppierà e si consumerà, contemporaneamente.
> 
> ora: siamo sempre stati cyborg (già sentita questa?) e sempre 
> lo saremo. 
> la tecnologia ha sempre cambiato le nostre possibilità e 
> percezioni, sia che si parli della ruota, sia che si parli 
> dell'elettricità.
> 
> l'informazione, però, è leggermente diversa. se la ruota ci 
> fa portare più cose e ci fa spostare più velocemente e con 
> meno fatica, se l'elettricità ci permette di avere più tempo 
> utile e di far fare delle cose a dei dispositivi, 
> l'informazione, in realtà, oltre a tutte le belle cose che ci 
> diciamo, ci mette sul groppone un bel fardello, ovvero quello 
> del riuscire a stargli appresso senza impazzire, o senza 
> diventare autistici.
> 
> cambia il modo di comunicare, cambia il modo di assorbire 
> concetti, e tutte le informazioni che assorbiamo diventano 
> meno profonde. e, quindi, abbiamo, semplicemente, meno cose 
> da dire, su tanti, tanti, più argomenti, e a tante, tante, 
> più persone. che, allo stesso tempo, possono prendere quello 
> che diciamo e tagliuzzarlo e riincollarlo a tutto il resto e 
> produrre altri messaggi.
> 
> in questo meccanismo vince il più rapido, naturalmente, non 
> il più profondo.
> 
> e, paradosso della "democratizzazione", vince anche chi ha 
> più risorse (di vario genere).
> 
> perchè, in barba a tutta questa tecnologia "democratica", 
> vince l'infrastruttura.
> 
> se, per esempio, parliamo di internet: se il mio provider 
> "taglia", io sto zitto.
> 
> la democratica rete farà appelli e petizioni e mobilitazioni, 
> naturalmente, passando però per gli stessi cavi in fibra 
> ottica, per gli stessi satelliti, per le stesse infrastrutture.
> 
> sono, in fondo, tollerati.
> 
> la dittatura delle infrastrutture tecnologiche è subdola: 
> parla lingue difficili (siamo un'elite! ne capiamo 
> qualcosa!), e muove governi e mercati. e ci tollera.
> 
> non è, in fondo, una situazione così rosea.
> 
> l'arte, su questo modello, gioca al ribasso.
> 
> l'artista-scienziato, l'artista-ingegnere, l'artista-hacker, 
> sono figure da valutare con cautela. perchè, andate via 
> l'estetica e l'identità, la comprensione dell'arte "nuova" ha 
> bisogno di tutta quella sensibilità, di quella 
> concentrazione, di quella competenza, di quella obiettività 
> (e di quel tempo!) che proprio la tecnologia ci sta togliendo.
> 
> abbracci!
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