<div dir="ltr"><h1 class="gmail-title_paginaArt"><span style="color:rgb(204,0,0)">Non una di meno: al movimento delle donne servono le lavoratrici</span></h1><p><span style="color:rgb(204,0,0)">Al movimento 'Non una di meno' si prospetta un passaggio importante;
dovrà avere il coraggio di assumere la prospettiva del rovesciamento di
questa società, di questi rapporti di produzione, di questo sfruttamento
domestico e lavorativo. Poiché disperdersi in rivendicazioni parziali e
non sradicando alla radice la causa dell’oppressione patriarcale e
dello sfruttamento capitalista farà perdere a noi donne e a tutte le
soggettività oppresse la possibilità concreta di conoscere un altro
mondo.</span></p><p><span style="color:rgb(204,0,0)"><img src="cid:ii_izxa9p1d0_15aa0b607db30770" width="471" height="179"><br><br></span></p><p><br>Nelle giornate del 4-5
febbraio a Bologna si è svolta l’assemblea nazionale autorganizzata di
'Non una di meno' per continuare la scrittura del “piano nazionale
femminista contro la violenza” e definire le modalità dello sciopero
globale transnazionale dell’8 marzo, cui l’Italia aderisce insieme ad
altri quaranta paesi. L’incontro si è svolto su otto tavoli tematici, in
cui sono stati individuati gli otto punti da inserire nel documento
comune in vista dello sciopero.
<br>
<br>Tuttavia le modalità di gestione della discussione e i risultati del
tavolo 'Lavoro e welfare' sono apparsi a nostro avviso poco
democratici.
<br>Non condividiamo l’atteggiamento prevenuto delle organizzatrici
dell’assemblea nei confronti delle donne appartenenti a un partito
politico marxista, come se l'organizzarsi politicamente e avere una
collocazione nella politica generale non possa appartenere anche alle
donne, o come se le rivendicazioni femministe non abbiano legami con le
scelte politiche attuate fino ad ora. E soprattutto non condividiamo la
delegittimazione della prospettiva che il femminismo non possa
integrarsi con un progetto di radicale trasformazione della società, con
la prospettiva cioè dell’abbattimento del capitalismo e la fondazione
di una società nuova dove non vige il principio dell’oppressione di una
classe sull’altra, dell’uomo sulla donna e dell’uomo sull’ambiente.
<br>
<br>Siamo rimaste inoltre basite dall’aggressività mostrata verso alcune
compagne che ponevano all’attenzione dell’assemblea alcune
rivendicazioni importanti per le donne e totalmente assenti nelle
proposte delle organizzatrici dell’assemblea, proprio sul tema del
lavoro. I rilievi alle lacune rivendicative, emerse anche dal dibattito
del giorno 4, sono stati stigmatizzati come strumentali e facenti parte
del movimento operaio – quindi “maschili” – e totalmente omessi nel
report del giorno dopo. Il report, peraltro, non contiene affatto tutte
le posizioni esposte, ma una sintesi (vagamente censoria) che le stesse
organizzatrici si sono rifiutate di emendare in assemblea, e che per di
più non è stato votato.
<br>Il punto centrale che è emerso dal tavolo è il reddito di
cittadinanza - o di autodeterminazione, come viene definito - assieme a
un non meglio precisato salario minimo europeo ispirato al modello
americano (15 dollari orari), che potrebbero essere un boomerang: un
salario minimo su cui il padronato potrebbe attestarsi, livellando al
ribasso le paghe generali, soprattutto se la rivendicazione del salario
non viene unita alla battaglia per l’abolizione di tutte le leggi sulla
precarietà, dai voucher alle infinite varietà di lavoro sommerso e non
pagato. Il reddito di cittadinanza, slegato quindi dalla condizione
lavorativa, non garantisce autonomia, ma al contrario, dati i rapporti
reali tra i sessi e le classi, prospetta maggiori probabilità di
rinchiudere le donne in casa vincolandole definitivamente a sostituire i
servizi sociali nel lavoro di cura. Dunque non cambierebbe nulla della
società che lo eroga, ma anzi potrebbe aggravare lo stato di cose
esistenti; non influenza i rapporti sociali di sfruttamento e
oppressione delle donne, ma al contrario rischia di istituzionalizzarli.
<br>
<br>In secondo piano, o totalmente assenti, sono alcune rivendicazioni
che pongono al centro il lavoro e la battaglia dentro ai luoghi di
lavoro come terreno effettivo di autodeterminazione delle donne: la
parità salariale, l’introduzione di un salario garantito per chi è in
cerca di occupazione, il ripristino della scala mobile dei salari e
delle pensioni, il rafforzamento degli ammortizzatori sociali, la lotta
contro lo smantellamento della legge 104, la lotta alle vergognose forme
di schiavismo a cui sono sottoposte alcune categorie di lavoratrici
(badanti, braccianti...), la fine degli incentivi statali alle aziende
che delocalizzano o chiudono attraverso accordi e tavoli istituzionali.
Tutte queste istanze si ricollegano alla generale battaglia per la
redistribuzione del lavoro fra tutti e tutte, e la conseguente riduzione
dell’orario di lavoro a parità di paga con la prospettiva della
socializzazione del lavoro di cura: l’unica vertenza che consenta a
tutti, e soprattutto a tutte, di definire in piena libertà la forma
delle proprie relazioni sentimentali e sessuali, senza subordinarsi ai
vincoli imposti dal bisogno materiale.
<br>
<br>Anche le modalità dello sciopero dell’8 marzo, che si vuole si
svolga su due piani, quello "produttivo" e quello "riproduttivo", non
sono veramente efficaci.
<br>Sul piano produttivo, Non una di meno non ha costruito una vera
interlocuzione con i sindacati, producendo la possibilità di organizzare
lo sciopero su una piattaforma rivendicativa articolata in termini di
difesa dei salari e dei diritti delle lavoratrici. Ci si è fermate alla
richiesta di un loro appoggio, ma rifiutandosi essenzialmente di
condividerne la gestione, cosa che non ha impedito ai sindacati di base
di aderire anche se con modalità non unificanti, mentre ha dato sponda
alla maggioranza della CGIL di lasciare il tutto nel vago e di non
assumersi la sua responsabilità per la riuscita dello sciopero, con
risultati che non saranno di grande impatto, malgrado la posizione
favorevole dell’area di opposizione interna “Il sindacato è un’altra
cosa” e la convocazione dello sciopero da parte della FLC. Dati questi
presupposti, si tratta di uno sciopero che temiamo non darà i frutti che
avrebbe potuto, e che non darà un segno di reale contrapposizione
all’oppressione nei luoghi di lavoro e al capitalismo. Le donne che
lavorano faranno fatica a capire perché scioperare senza rivendicazioni
in merito ai loro diritti perduti, o per aumenti salariali e
miglioramento delle condizioni di lavoro. Perché questo non le fa
avanzare di un passo verso quella indipendenza economica necessaria alla
liberazione dalla violenza e dalla schiavitù lavorativa e domestica.
<br>Ancora meno efficace ci sembra lo "sciopero riproduttivo", che
riguarda tutte quelle donne estromesse dal mondo della produzione
capitalista che svolgono attività domestiche, di cura e
assistenzialistiche a titolo gratuito al posto dello Stato, oltre a
casalinghe, disoccupate, studentesse ecc. Per aderire ideologicamente
allo sciopero, queste donne per un giorno non si dovrebbero occupare
della cura di anziani e bambini e lavori domestici. In molti casi sarà
difficile che qualcun'altro in famiglia lo faccia al loro posto, a meno
che non dispongano di un sostegno maschile “democratico”, perché
certamente a farlo non sarà lo Stato borghese, che ha scaricato sulle
loro spalle una enorme quantità di lavoro invisibile risparmiando
ingenti quantità di denaro.
<br>L’evento simbolico non modifica né mette in discussione i rapporti reali.
<br>
<br>Noi crediamo che sia invece necessario costruire una piattaforma
politica che rivendichi l’abolizione delle leggi e normative sui servizi
sociali che sono attualmente scaricati sulle donne (la sussidiarietà,
le leggi regionali sulla cura dei malati e degli anziani, il taglio
degli investimenti sulla scuola dell’infanzia...) così come delle
controriforme della sanità che tolgono esami e screening per una vasta
gamma di patologie femminili, tolgono finanziamenti ai centri
antiviolenza e trasferiscono fondi ai consultori confessionali,
riducendo i servizi dei consultori pubblici, tra l’altro trasformati,
questi ultimi, in ambulatori di servizi di base, dove le donne sono
semplicemente “utenti”. Ma vogliamo combattere anche contro i
finanziamenti a pioggia di fondi ad asili e scuole paritarie, tutte
confessionali, dove si formano bambini e bambine a misura di un mondo
bigotto e misogino. È dunque di una società realmente laica che le donne
e tutte le soggettività oppresse necessitano, una società liberata
dagli interessi della Chiesa cattolica. In questo senso la battaglia per
l’emancipazione femminile si inscrive in un processo rivoluzionario di
rottura con la morale e con l’organizzazione economica e politica della
società attuale, che prospetti come passaggio imprescindibile
l’abolizione unilaterale del Concordato fra Vaticano e Stato,
l’abolizione di tutti i privilegi fiscali, giuridici, normativi,
assicurati alla Chiesa cattolica, a partire dalla truffa dell’8 per
mille e dall’insegnamento religioso confessionale nella scuola pubblica.
<br>
<br>Al movimento Non una di meno si prospetta dunque un passaggio
importante: dovrà avere il coraggio di assumere la prospettiva del
rovesciamento di questa società, di questi rapporti di produzione, di
questo sfruttamento domestico e lavorativo. Poiché disperdersi in
rivendicazioni parziali e non sradicando alla radice la causa
dell’oppressione patriarcale e dello sfruttamento capitalista farà
perdere a noi donne e a tutte le soggettività oppresse la possibilità
concreta di conoscere un altro mondo.
<br>Non una marea, ma mille rivoli che in queste condizioni non potranno
mettere veramente in discussione chi oggi vive sullo sfruttamento delle
donne.
</p><h5 class="gmail-firma_paginaArt"><font size="4"><span style="color:rgb(255,0,0)">Partito Comunista dei Lavoratori - Commissione di genere</span></font></h5><p><img src="cid:ii_izxabdp41_15aa0b73a3b82c9a" style="margin-right: 0px;" width="141" height="141"><br></p><p><a href="http://www.pclavoratori.it">www.pclavoratori.it</a> - <a href="mailto:info@pclavoratori.it">info@pclavoratori.it</a></p><p><a href="http://pcl-bologna.blogspot.it/">http://pcl-bologna.blogspot.it/</a><br></p><p><br></p><p><span style="color:rgb(204,0,0)"><br></span></p></div>