<div dir="ltr"><h1 class="gmail-title_paginaArt"><span style="color:rgb(204,0,0)">La scissione del PD e i movimenti a sinistra</span></h1><p><img src="cid:ii_izxaivwq0_15aa0bc9195d6bb6" width="471" height="282"><br></p><p>La scissione del Partito Democratico è il fatto nuovo dello scenario politico.
<br>Si tratta di fare una prima valutazione delle ragioni, della natura,
delle ricadute politiche di questo evento sia sul versante della
situazione politica sia sul versante della geografia della sinistra
politica. In attesa di un quadro più definito che consenta i necessari
approfondimenti.
<br>
<br>La scissione del PD è stata sospinta dalla sconfitta clamorosa del
renzismo nel referendum del 4 dicembre. La combinazione
dell'indebolimento verticale del renzismo (a partire dalla caduta del
governo Renzi) con la ricerca affannosa da parte di Renzi di una
reinvestitura plebiscitaria (o per via di una precipitazione elettorale,
o per via di una precipitazione congressuale, o per via dell'una e
dell'altra insieme) ha sicuramente rappresentato un fattore di innesco
della scissione.
<br>Un segretario con pieni poteri sulle candidature, a partire dai
capilista, era una minaccia di annientamento della presenza parlamentare
della minoranza. Mentre la svolta tendenzialmente proporzionalistica
del sistema politico, a seguito della sconfitta referendaria, favorisce
lo spazio di rappresentanza di un nuovo soggetto politico. Anche per
questo la scissione è figlia del 4 dicembre.
<br>
<br>Al di là della contingenza, le fascine della scissione del PD si
erano accumulate progressivamente nel tempo. Il renzismo ha scalato
prima il PD e poi il governo, in rapidissima successione: portando una
svolta plebiscitaria nella stessa gestione del partito, circondandosi di
una giovane guardia di fedelissimi selezionata accuratamente negli anni
(il partito della Leopolda), emarginando il vecchio gruppo dirigente
del PD (la “rottamazione”). La scissione è anche e innanzitutto la
replica vendicativa di settori portanti del vecchio gruppo dirigente
contro un renzismo usurpatore, da sempre vissuto come corpo estraneo e
abusivo. Massimo D'Alema in particolare ha avuto ed ha un ruolo centrale
nell'incarnare questo sentimento e nel dargli una traduzione politica.
<br>
<br>Le dimensioni della scissione saranno verificate nelle prossime
settimane e nei prossimi mesi. Ma è utile investigare i suoi caratteri
politici.
<br>
<br>
<br><b>GLI SBOCCHI DELLA SCISSIONE
</b><br>
<br>Dal punto di vista della forma di organizzazione, non sembra che la
scissione si dia uno sbocco organico “di partito”. La scelta prevalente
sembra essere quella di un movimento politico, dal profilo più sfumato e
processuale. La stessa gestione politica pubblica della scissione è
stata confusa e minimalista nelle motivazioni (divergenze su date e
percorso congressuale del PD, invece che su ragioni pubbliche
riconoscibili), è stata segnata da divisioni interne (defezione di
Emiliano), è apparsa poco determinata nella stessa azione di rottura
(più fuoriuscita che vera scissione). Tutto ciò sembra indebolire al
piede di partenza la portata dell'operazione e le sue potenzialità di
polarizzazione nei territori.
<br>
<br>Dal punto di vista della natura politica del nuovo soggetto è presto
per esprimere una valutazione compiuta: un nuovo soggetto politico
borghese di tipo ulivista (un PD riveduto e corretto) o una sorta di
rifondazione socialdemocratica ( “partito del lavoro” legato alla
burocrazia CGIL)? La risposta verrà dalla dinamica del processo in atto.
<br>
<br>Le principali componenti politiche promotrici della scissione
vengono dal campo borghese liberale. Si tratta della componente
dalemiana e dell'area bersaniana del PD. La prima, organizzata attorno
alla Fondazione Italianieuropei, ebbe un ruolo di traino nella mutazione
progressiva dei DS da socialdemocrazia a partito borghese liberale
nella seconda metà degli anni '90, guidando la stagione di controriforme
sociali del centrosinistra (1996/2001). La seconda, nata dal ceppo del
dalemismo, ha diretto il PD nel passaggio cruciale della grande crisi
(2009/2013) gestendo il sostegno al governo Monti e alla relativa
macelleria sociale. Complessivamente, il personale dirigente dei governi
di centrosinistra dell'imperialismo italiano. L'emarginazione dal
potere nella stagione del renzismo ha sicuramente indebolito le
ascendenze dirette di questo ambiente presso il grande capitale. Ma non
ha cancellato le sue radici politiche. Non a caso è la componente che
maggiormente insiste nel rivendicare il nuovo soggetto come riedizione
dell'Ulivo, e nel ricercare il coinvolgimento di forze e personalità
borghesi del mondo cattolico.
<br>
<br>A fianco di queste componenti, confluiscono nell'operazione di
scissione con un ruolo rilevante soggetti ed aree del PD non dotate per
lo più di configurazione propria (mescolati nel tempo con l'area
bersaniana), ma che appaiono maggiormente interessati a una sorta di
partito (borghese) “del lavoro”. È il caso del governatore toscano
Enrico Rossi, con la suggestione del “partito partigiano del lavoro” e
del suo (grottesco) richiamo alla rivoluzione socialista (!). È il caso
di Guglielmo Epifani, portavoce della minoranza all'ultima Assemblea
nazionale del PD, che ha speso non a caso il proprio intervento nel
richiamare le ragioni sociali della separazione (Jobs Act, scuola,
tasse). Si tratta di ambienti di una virtuale socialdemocrazia, che
vedono la questione sociale come lo spazio politico di costruzione del
nuovo soggetto. Ovviamente su una linea borghese governista (sostegno a
Gentiloni per la legislatura), e con una prospettiva organica di
centrosinistra (coalizione di governo col PD, nazionale e locale), ma
con una specifica attenzione al rapporto con l'apparato CGIL, col quale
ricostruire una relazione privilegiata. Peraltro la frequentazione delle
iniziative scissioniste da parte di ambienti d'apparato CGIL è stata
significativa e territorialmente diffusa, espressione della domanda di
riferimento politico da parte di una burocrazia sindacale da tempo
politicamente orfana.
<br>
<br>Se la dinamica del nuovo soggetto porterà a uno sbocco borghese o
“socialdemocratico” dipenderà da diverse variabili: il quadro compiuto
delle componenti costituenti e il loro equilibrio interno, l'evoluzione
della situazione politica, l'eventuale rapporto con le dinamiche in atto
nella socialdemocrazia europea.
<br>
<br>
<b><br>LE RICADUTE IMMEDIATE A SINISTRA
</b><br>
<br>Di certo la nuova formazione è destinata, da subito, a riflettersi
sugli assetti della sinistra italiana e sull'evoluzione della sua crisi.
<br>
<br>L'operazione Pisapia, d'intesa con Renzi, (Campo progressista) esce
spiazzata e indebolita dal nuovo evento. L'ex sindaco di Milano si è
candidato a raggruppare un'area di sinistra da coalizzare con Renzi. Per
questo chiede una legge elettorale col premio di maggioranza alla
coalizione. Per la stessa ragione Pisapia scongiurava una scissione del
PD («una sciagura per l'Italia»): non vuole una concorrenza a sinistra
che possa cancellargli lo spazio. Ma ora che la scissione è
sostanzialmente compiuta, non può che confluire nella nuova formazione o
nel suo campo di riferimento, con un ruolo ben più marginale di quello
sognato.
<br>
<br>Un problema diverso si pone per Sinistra Italiana (SI), che ha
appena concluso il proprio congresso. Una componente rilevante di SI
(Scotto, Smeriglio, Ferrara) ha già abbandonato il partito alla vigilia
del congresso, prima per trattare direttamente con D'Alema, poi per
rivolgersi al Campo progressista di Pisapia, infine per confluire nella
nuova formazione. Un'altra componente di SI, oggi minoritaria
(D'Attorre), ha apertamente rivendicato in congresso la prospettiva di
partecipazione alla costituente unitaria del nuovo soggetto, per poi
aggregarsi successivamente ad essa. La maggioranza di SI
(Fratoianni-Fassina) si è invece attestata per ora su una posizione
autonoma: «Non possiamo fonderci con chi sostiene Gentiloni». In realtà
vuole capire quale sarà la dinamica della scissione, cerca di non farsi
travolgere da una possibile piena, e soprattutto vuole preservare un
proprio peso contrattuale in vista di future possibili ricomposizioni.
Fratoianni e Vendola hanno già attivato contatti col giro dalemiano, e
Fratoianni ha già pubblicamente avanzato una disponibilità a ipotesi di
alleanze elettorali (“liste plurali”) col nuovo soggetto in vista delle
elezioni politiche.
<br>Lo spazio e il ruolo di SI nel sommovimento politico in atto
dipenderà sia dalla natura compiuta del nuovo soggetto (sbocco borghese o
"socialdemocratico"), sia dalla consistenza della nuova formazione e
dunque dal rapporto di forza che si verrà a determinare tra il nuovo
soggetto e SI.
<br>
<br>Le ricadute del 4 dicembre sul sistema politico sono appena iniziate. Anche a sinistra.
</p><h5 class="gmail-firma_paginaArt"><span style="color:rgb(255,0,0)"><font size="4">Partito Comunista dei Lavoratori</font></span></h5><p><img src="cid:ii_izxakgkg1_15aa0bdb0c72fa8f" style="margin-right: 0px;" width="141" height="141"><br></p><p><a href="http://www.pclavoratori.it">www.pclavoratori.it</a> - <a href="mailto:info@pclavoratori.it">info@pclavoratori.it</a></p><p><a href="http://pcl-bologna.blogspot.it/">http://pcl-bologna.blogspot.it/</a><br></p><p><br></p></div>