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<H1><FONT face="Times New Roman">Dalla Brexit una spinta democratica e popolare
per l’Ital/Exit</FONT></H1><SPAN class=articleauthor><FONT
face="Times New Roman">di </FONT><A
style='href: "http://contropiano.org/author/sergio"'><FONT
face="Times New Roman">Piattaforma Sociale Eurostop</FONT></A><FONT
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<DIV id=thumbsingle><A
title="Ingrandisci la foto Dalla Brexit una spinta democratica e popolare per l’Ital/Exit"
style='href: "http://contropiano.org/img/2016/09/Unione-Europea-male-comune.jpg"'
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<P><FONT face="Times New Roman">Il risultato del referendum popolare sul Brexit
in Gran Bretagna dello scorso 23 giugno nel nostro paese non ha registrato una
ampia discussione per trarne indicazioni politiche. Ha prevalso la rimozione –
raramente negli incontri pubblici se ne è parlato –, oppure si è scelto una
chiave di lettura ideologica negativa di stampo catastrofista che ci sentiamo di
contestare apertamente.<BR>In primo luogo il referendum britannico ha confermato
che ogni volta che i Trattati europei o l’adesione all’Unione Europea o
all’Eurozona viene sottoposta al voto popolare, le scelte delle oligarchie
europee escono sconfitte. È accaduto in Grecia nel 2015, in Francia e Olanda nel
2005, era accaduto ancora prima in Irlanda e Danimarca. Risultati che spiegano
l’isteria alla quale abbiamo assistito dopo il referendum sul Brexit e che ha
rotto molti freni inibitori delle classi dominanti sul terreno della democrazia
rappresentativa. Abbiamo sentito appelli al divieto di sottoporre al giudizio
popolare questioni strategiche (come avviene con l’articolo 75 della nostra
Costituzione che vieta il referendum sui trattati internazionali, non modificato
dalla controriforma Renzi-Boschi); abbiamo sentito appelli a diffidare del
suffragio universale ed a reintrodurre il voto per censo (i poveri non devono
votare, perché non capiscono i meccanismi dell’economia globalizzata, anche se
ne risentono il peso negativo); e abbiamo letto editoriali dei giornali della
grande borghesia europea reagire con terrore e acrimonia ad un risultato che ne
ha messo in discussione i suoi progetti di potere, abbiamo letto dei forti
timori dell’Amministrazione statunitense, per preservare gli equilibri sociali e
internazionali esistenti. L’esito del referendum sul Brexit è stato osteggiato e
temuto da tutti i grandi gruppi finanziari e multinazionali e determinato dai
settori popolari, su questo scenario “di classe” del voto, le indagini
effettuate non lasciano dubbi. Dunque se ci si doveva schierare o con il grande
capitale o con i ceti popolari, riteniamo che non dovevano o potevano esserci
dubbi o terze vie di sorta.<BR>A volte esponenti dell’elite dirigenti hanno
cercato di farsi paladini del disegno sovranazionale dell’UE, contro il
risorgere dei nazionalismi, saltando a piè pari la questione dell’assoluta
assenza di democrazia nel sistema politico UE. Il disegno sovranazionale è volto
a consolidare un potere centralizzato a Bruxelles e Francoforte che ha ucciso le
democrazie parlamentari, ostracizzato sindacati e movimenti sociali alternativi,
e consegnato il potere a un’oligarchia composta da banche, centri finanziari,
imprese e tecnocrazia.<BR>Sappiamo benissimo che forze reazionarie e
conservatrici stanno cavalcando la diffusa ostilità dei ceti popolari contro le
istituzioni tecno-burocratiche e le politiche di austerità dell’UE, e che questo
fenomeno si è riproposto anche in Gran Bretagna; ma ciò non può nascondere che
disoccupati, lavoratori, pensionati hanno in maggioranza votato per il Brexit, e
che il grande centro finanziario di Londra ha invece scelto l’UE. Quando i
popoli possono esprimersi, lo fanno sempre bocciando l’UE. Il progetto dell’UE
mira alla rivoluzione dall’alto per consolidare il potere delle classi dirigenti
economiche e politiche. La retorica europeista non riesce più a nascondere la
verità sull’UE, come sistema di potere delle borghesie transnazionali
europee.<BR>Le classi dominanti stanno sfruttando, per i loro fini, le paure
xenofobe che loro stesse alimentano e usano per difendere i loro
interessi.<BR>Le classi dirigenti britanniche stanno guidando il processo di
uscita dall’UE in modo da preservare i loro interessi e cercare un modus vivendi
con l’UE. Anche in un quadro capitalistico possiamo verificare che:<BR>a)
nessuna catastrofe economica, sociale o democratica in un paese che comunque era
già fuori dall’Eurozona ma ben dentro i meccanismi dei mercati finanziari e del
mercato unico europeo. I contraccolpi sono gli stessi degli altri paesi alle
prese con la stagnazione economica emersa con la crisi del 2007;<BR>b) nessuna
cacciata in massa o pulizia etnica contro gli immigrati, comunitari o
extracomunitari che siano;<BR>c) evidente crisi delle leadership politiche di
tutti i partiti britannici (dai Tories ai Laburisti) e ulteriore crisi del
bipolarismo blindato di cui la Gran Bretagna era stata il punto di forza<BR>Ma
l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea sta producendo anche effetti
internazionali rilevanti:<BR>a) il TTIP è sull’orlo del fallimento, avendo
proprio nella Gran Bretagna “dentro” la UE la sua testa di ariete per conto
degli Stati Uniti<BR>b) la fine del veto britannico ad una politica militare e
della difesa comuni dell’Unione Europea per non turbare la Nato e le ingerenze
degli Usa sugli affari europei; il vertice trilaterale tra Germania, Francia e
Italia e Ventotene ha indicato anche questa prospettiva.<BR>Allo stesso tempo,
alla luce del Brexit, è aperta la discussione sui due scenari che indicheranno
le prospettive stesse dell’Unione Europea così come l’abbiamo conosciuta: o un
ulteriore sviluppo della sua crisi o un tentativo di salvarla attraverso un
rafforzamento del nucleo centrale intorno all’Eurozona. Scenari che attengono
alla capacità o meno delle classi dominanti europee di affrontare la crisi e la
competizione globale, ma che non spostano di una virgola l’obiettivo che la
Piattaforma Sociale Eurostop si è dato come ragione sociale: l’uscita del nostro
e di altri paesi dall’Unione Europea, e dunque dall’Eurozona e dalla Nato.<BR>In
questo senso il risultato del Brexit è per noi una spinta storica e politica per
mettere in campo – con maggiore convinzione, radicamento sociale e possibilità
di egemonia progressista – l’opzione della Italexit, come l’abbiamo discussa
approfonditamente nel convegno di Napoli del maggio scorso.<BR>Il percorso per
un movimento politico e popolare per l’Italexit, a nostro avviso, può avere
enormi capacità di azione nel paese e di ricomposizione di un blocco sociale
alternativo e antagonista a quello del grande capitale transnazionale e
multinazionale che ha costruito l’Unione Europea.<BR>La sfida è sul campo. Dal
Brexit all’Italexit, dalla campagna per la vittoria per il No nel referendum
sulla controriforma costituzionale Renzi-Boschi alla campagna per il referendum
popolare contro i Trattati istitutivi dell’Unione
Europea.</FONT></P></DIV></ARTICLE></DIV></DIV>
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