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<DIV style="FONT-SIZE: 12pt; FONT-FAMILY: 'Calibri'; COLOR: #000000">
<H1> </H1><IMG alt="Auto, l'indotto di Torino si è smarcato da Fca"
src="http://www.repstatic.it/content/localirep/img/rep-torino/2016/07/07/184350890-aedbb647-13fc-4c18-98da-a466e83453bf.jpg"
itemprop="image"><BR><BR><BR><FONT face="Times New Roman">In dieci anni gli
addetti sono scesi del 10 per cento mentre la produzione di vetture dell’85 per
cento. Monitorate 49 aziende della filiera: 2 su 3 non producono più per i
modelli premium del marchio Maserati<BR><BR></FONT><SPAN
style='itemprop: "articleBody"'><FONT
face="Times New Roman"><SPAN>La</SPAN><SPAN> cassa integrazione ha salvato il
distretto automotive torinese durante la crisi. E dopo la fine delle vacche
magre quel che resta dell'indotto è sempre meno dipendente dalle commesse del
Lingotto. I dati dell'indagine promossa dalla Fiom raccontano in quale maniera
il crollo delle vendite di auto iniziato nel 2008, durante la più grave
recessione che ha colpito l'industria italiana, abbia inciso su quella che
continua ad essere la principale attività manifatturiera di Torino e della
regione che dipende dal capoluogo. In Piemonte il settore automotive conta 80
mila addetti: "In realtà la cifra è scesa ulteriormente dal 2011 a oggi per
effetto di altre importanti crisi come quella di De Tomaso", spiega Federico
Bellono, responsabile della</SPAN><SPAN> Fiom piemontese.</SPAN><BR><BR>Ma
certamente i dati dell'indagine, condotta tra 49 aziende del settore
metalmeccanico che hanno al loro interno rappresentanti sindacali (questo
esclude gran parte delle micro società che costellano il mondo dell'indotto
automotive senza pesare molto né sull'organico complessivo né sui fatturati)
dimostrano che il calo degli occupati è stato assai inferiore a quello della
produzione: nel decennio 2001-2011 l'automotive piemontese ha perso 13 mila
addetti, il 10 per cento della forza lavoro. Anche immaginando ulteriori
significative perdite negli anni successivi, soprattutto in provincia di Torino,
forse la più colpita dalla lunga recessione, non si arriva comunque al 20 per
cento degli occupati. Parallelamente il numero di auto prodotte nel comprensorio
torinese, l'unico della regione in cui esistono stabilimenti di assemblaggio
finale, è crollato dalle oltre duecentomila del 2006 a meno di trentamila nel
2013. Un crollo vicino al 90 per cento. Non c'è proporzionalità dunque tra un
calo degli addetti pesante ma contenuto intorno al dieci per cento e una crollo
produttivo che è nove volte tanto.<BR><BR>Come spiegare il fenomeno? "In due
modi - dicono alla Fiom - sia con l'effetto di un ammortizzatore importante come
la cassa integrazione, sia con la minore dipendenza dell'automotive che si è
salvato dalla crisi dalle commesse di Fiat Chrysler Automobiles".<BR><BR>I dati
dell'indagine, curata dal responsabile Fiom di Mirafiori, Edy Lazzi, spiegano
che nel tempo la dipendenza delle aziende dal settore dal Lingotto è calata. Tra
il 2008 e il 2015 la quota del fatturato dell'indotto verso Fca è calata dal 42
per cento al 32 per cento. Nell'indagine sono state interrogate 49 aziende sul
loro rapporto con Fca. Di queste solo 11, il 22,5 per cento del totale, hanno
dichiarato di lavorare per il polo del lusso di Maserati, attualmente l'unica
attività produttiva del gruppo Fca a Torino se si esclude la linea Mito nello
stabilimento di Mirafiori. Questo significa che oltre il 77 per cento
dell'indotto per case straniere o per quegli stabilimenti del gruppo Fca che non
si trovano nel torinese.<BR><BR>"Si tratta certamente di un segnale importante
per un settore che si è reso autonomo dall'unico committente di un tempo -
commenta Bellono ma è altrettanto vero che il calo degli occupati dimostra come
la strategia della produzione premium non sia riuscita fino ad oggi a compensare
la perdita occupazionale determinata dalla crisi". Anche la Fiom riconosce che
"il polo del lusso ha evitato il tracollo finale e la totale scomparsa della
filiera automotive a Torino. Ovviamente - si legge ancora nel testo della
ricerca - è un bene che ci sia ed è un bene che si producano i tre modelli. Ma
quel polo, numeri alla mano, non risolve da solo i molti problemi che abbiamo
nel nostro territorio ".<BR>Anche perché, concludono in Fiom, sempre più spsesso
le aziende automotive torinesi appartengono all'indotto di seconda fascia mentre
l'indotto di primo livello è tutto in mano alle
multinazionali</FONT></SPAN></DIV></DIV>
<br /><br />
<hr style='border:none; color:#909090; background-color:#B0B0B0; height: 1px; width: 99%;' />
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