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<DIV class=ls-articolo>
<DIV class=ls-articoloTitolo>
<H3><FONT face="Times New Roman">La lettera di Virzì alla No Tav in fuga,
comparsa in un suo film: “Torna, sapremo capirti” </FONT></H3></DIV>
<DIV class=ls-articoloWrapperImmagine><FONT face="Times New Roman">Il regista
scrive a una studentessa ricercata per gli scontri, conosciuta sul set di
Caterina va in città<BR><BR><IMG title="" alt=""
src="http://www.lastampa.it/rf/image_lowres/Pub/p4/2016/07/07/Italia/Foto/RitagliWeb/combo_virzi-k0rE-U10801129428160RoG-1024x576@LaStampa.it.jpg"><BR></FONT>
<P class=ls-articoloDidascalia><FONT face="Times New Roman">Paolo Virzì e Maria
Edgarda Marcucci</FONT></P></DIV></DIV>
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<TR>
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<TD
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<DIV class=ls-articoloSuperIntestazione>
<DIV class=ls-articoloIntestazione><FONT face="Times New Roman"><SPAN
class=ls-articoloDataPubblicazione>07/07/2016</SPAN> <SPAN
class=ls-articoloOcchiello></SPAN></FONT></DIV>
<DIV class=ls-articoloAutore itemprop="author">
<DIV style="OVERFLOW: hidden">
<DIV style="FLOAT: left"><FONT face="Times New Roman">paolo
virzì</FONT></DIV></DIV></DIV>
<DIV class=ls-articoloLuogo itemprop="contentLocation"></DIV></DIV>
<P><FONT face="Times New Roman"><SPAN class=corsivo>La storia- Maria Edgarda
Marcucci, 25 anni, residente a Roma ma iscritta alla facoltà di Filosofia di
Torino, è irreperibile dal 21 giugno, quando la polizia ha cercato di
notificarle la misura cautelare degli arresti domiciliari per gli scontri al
cantiere Tav di Chiomonte, il 28 giugno 2015. Stesso tipo di provvedimento che
l’aveva già raggiunta a inizio anno, come strascico giudiziario delle tensioni
scoppiate a novembre all’interno dell’ateneo torinese. E’ conosciuta dalla Digos
come attivista del centro sociale Askatasuna, vicino al Collettivo universitario
autonomo che si è opposto alla scelta del rettorato di affidare l’aula
«Borsellino», palazzo Einaudi, ai giovani del Fuan. Eddi, già sottoposta dal 16
marzo all’obbligo di firma per essere rimasta coinvolta nell’occupazione, con
l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale, si è vista aggravare la propria
posizione. Il 21 marzo avrebbe aggredito un agente della Digos, che le impediva
di assistere a un dibattito sulle tasse in rettorato: questo episodio, il 5
aprile, le è costato il divieto di dimora a Torino.</SPAN> </FONT></P>
<P><FONT face="Times New Roman"><SPAN class=nero>La lettera</SPAN>
</FONT></P>
<P><FONT face="Times New Roman">Eddi<SPAN><SPAN>dove sei? Perché sei costretta a
scappare? Per quale motivo ti vogliono arrestare? Credo che valga la pena
raccontare la tua storia.</SPAN> </SPAN> </FONT></P>
<P><FONT face="Times New Roman">Ti chiami Maria Edgarda Marcucci. Ti ho
conosciuta sul set del mio film «Caterina va in città». Eri <SPAN>tra le
comparse con mia figlia Ottavia, tua amica in quell’epoca in cui avevi appena
dodici anni, ma l’intelligenza, la sensibilità e la passione già ti accendevano
lo sguardo e lo facevano vibrare. Adesso ne hai 25, sei studentessa di Filosofia
all’Università di Torino e ti fai notare alle assemblee studentesche perché
mobiliti i tuoi amici per portare solidarietà e aiuto agli sfrattati, ai
rifugiati, ai senzatetto, e tutti ti chiamano Eddi.</SPAN> </FONT></P>
<P><FONT face="Times New Roman">Ma cos’è successo di così grave, che ti ha fatto
decidere di sparire, e di non dare più tue notizie a nessuno, neanche ai tuoi
genitori? </FONT></P>
<P><FONT face="Times New Roman">Nel novembre scorso tu ed altri studenti vi
siete opposti all’eventualità che un’aula dell’università fosse concessa per un
uso privato ad un’organizzazione politica, il Fuan, rivendicando qualcosa di
molto elementare, ovvero che le aule dell’Università servono agli studenti per
studiare, ripassare, stare insieme, ripetere prima dell’esame, e non per la
propaganda di organizzazioni politiche neofasciste il cui principale impegno
sembra sia quello di alimentare il razzismo e la xenofobia, come se non ce ne
fosse già abbastanza in giro. Sono intervenuti numerosi agenti di polizia in
assetto antisommossa, è intervenuta la Digos, hanno fatto irruzione nell’aula,
hanno identificato e fermato una trentina di studenti tra i quali tu, e siete
stati rilasciati solo dopo l’intervento di altri universitari esterrefatti, tra
i quali anche molti professori. Ma in seguito a questo episodio la Procura di
Torino ha emesso un provvedimento contro di te: obbligo di firma, e scusa se non
riesco a capir bene di cosa si tratti, credo che tu dovessi recarti inutilmente
tutti i giorni in Questura a firmare un foglio. Ma non ti sei sottratta, hai
eseguito diligentemente quello che ti veniva chiesto. </FONT></P>
<P><FONT face="Times New Roman"><SPAN class=nero>Cinque ragazze</SPAN>
</FONT></P>
<P><FONT face="Times New Roman">Qualche giorno dopo, insieme ad altre
studentesse volevate entrare in un’aula dov’era in corso un incontro pubblico
presieduto dal Rettore, il cui tema era qualcosa come «Il futuro
dell’Università», ma sulla porta alcuni uomini in borghese, senza identificarsi,
volevano impedirvelo. Eravate in cinque, cinque ragazze, e avete chiesto
spiegazioni a quei signori, che invece hanno cominciato a spintonarvi. Di questa
circostanza esiste un breve filmato realizzato con un telefonino che ho avuto
occasione di vedere. La sensazione che se ne ricava è che quelle persone, che
poi si sono rivelati agenti della Digos, cerchino di suscitare un comportamento
che possa poi essere censurato come pericoloso e quindi punito. Cosa succede,
poi? Per intercessione del Rettore, che apre la porta e forse si rende conto di
aver esagerato a chiedere l’intervento delle forze dell’ordine, riuscite ad
entrare e tu ti iscrivi a parlare e dal palco, senza urlare, in modo pacato e
perfino sorridente, provi ad esprimere la tua opinione su quello che ritieni un
presidio costante ed improprio della Digos dell’Università di Torino,
riferendoti anche ad altre circostanze nelle quali agli studenti è impedito di
accedere agli spazi della loro facoltà. In seguito a questo episodio, Eddi,
ricevi un inasprimento delle misure cautelari: da obbligo di firma a divieto di
dimora a Torino. Uno di quegli agenti della Digos avrebbe dichiarato in un
verbale di aver subito un colpo violento da te, tale da causare l’incrinatura di
una costola. Dichiarazione sulla quale sembra lecito esprimere - sommessamente,
eh? - qualche dubbio, dal momento che questo agente invece di fermarti, di
arrestarti, di correre al Pronto Soccorso, lo vediamo nel filmato chiacchierare
tranquillamente con altri colleghi durante il tuo intervento. Forse si è accorto
della costola incrinata solo più tardi, forse gli sei venuta in mente tu, che
forse lo avevi colpito. Ma andiamo avanti, perché c’è un ultimo episodio da
raccontare. </FONT></P>
<P><FONT face="Times New Roman">Risale a qualche mese prima, a Chiomonte, in Val
di Susa, teatro purtroppo come sappiamo di altri scontri sul tema Tav, a
proposito del quale non è mia intenzione qui esprimere giudizi e valutazioni.
Nel filmato, che uno può vedere comodamente su YouTube, un gruppetto di
manifestanti cerca goffamente di tirar giù una recinzione del cantiere legandola
ad una corda, ma sono così pochi ed evidentemente così poco forzuti che non
riescono a spostarla di un millimetro. Fin lì siamo ad una scenetta abbastanza
buffa che non sfigurerebbe nei filmati di «Paperissima», ma la risposta delle
forze dell’ordine invece è imponente: un centinaio di poliziotti armati ed in
assetto di guerra respinge con lacrimogeni ed idranti quel gruppetto di
manifestanti, che definire pericoloso è quantomeno iperbolico, se non altro per
la disparità delle forze in campo. </FONT></P>
<P><FONT face="Times New Roman">Invece in seguito a questo episodio è partito
dalla Procura di Torino un provvedimento contro circa 20 persone, tra i quali ci
sei tu, sottoposta agli arresti domiciliari. Quindi, nell’ordine: secondo la
Procura saresti sottoposta all’obbligo di firma, al divieto di dimora a Torino
ed infine ai domiciliari (sempre a Torino, dove abiti). A me pare che ci sia
qualcosa di spropositato e anche di involontariamente comico in questi
provvedimenti tanto severi quanto contraddittori. Devi averlo pensato anche tu,
che infatti hai deciso di scappare e adesso nessuno sa più dove tu sia.
</FONT></P>
<P><FONT face="Times New Roman">La cosa che colpisce è che i magistrati si
confrontino con te con uno spirito così intransigente, come se davvero tu fossi
un pericolo per la collettività. Non vorremmo che un intervento così pesante,
che peraltro, insieme ad altri analoghi, occupa le ore preziose dell’attività
della Procura di Torino rischiando di distrarla dalle tante emergenze che stanno
a cuore a tutti, finisca col trasformare te, Maria Edgarda detta Eddi, e quelli
come te, ragazzi idealisti e appassionati rompicoglioni, in cinici disillusi,
mosci e sfiduciati verso le virtù civili di una democrazia come la nostra.
</FONT></P>
<P><FONT face="Times New Roman"><SPAN class=nero>Un altro finale</SPAN>
</FONT></P>
<P><FONT face="Times New Roman">Mi verrebbe di dirti, se ovunque tu sia avrai
modo di leggere queste mie parole, che non deve andare a finire così: io sono
certo che l’Italia non sia l’Egitto di Al-Sisi, o la Turchia di Erdogan e che le
autorità sapranno trovare lo sguardo e la misura per valutare nelle giuste
dimensioni la tua posizione. Può darsi che tu abbia violato qualche legge, ma
questo non mi trattiene dall’avvertire per te una simpatia struggente. Perché
nell’indifferenza di una società distratta, egocentrica, coi più giovani
impegnati ad esibirsi sulle bacheche dei social network - tra selfie con la
boccuccia a cuore, fotine di gattini e di pietanze impiattate alla maniera degli
chef - o che si eccitano a sfogarsi rabbiosamente contro i diversi, i più
deboli, in un clima dove crescono la paura e l’intolleranza, ti sembrerà che sia
destinata a cadere esclusivamente sulle fragili spalle tue e di quella manciata
di tuoi coetanei la responsabilità di esprimere quella quota di dissenso di cui
ogni società complessa ha un bisogno fisiologico, quella cosa che Don Milani
definiva «la disobbedienza virtuosa». Capisco come devi sentirti, Eddi, sola e
sconfortata, in un mondo che non sa che farsene dei tuoi slanci ribelli, delle
tue domande generose e ingenue, e che deve sembrarti triste e sordo se sa
risponderti solo coi gendarmi e la galera. </FONT></P>
<P><FONT face="Times New Roman">Noi tutti, come cittadini, come genitori,
vorremmo capire com’è possibile che tu sia costretta a nasconderti e vorremmo
ascoltare dalla tua voce le tue ragioni. Spero che tu ti faccia viva, spero che
tu non abbia paura, spero che non ti arrabbi se ho messo il naso in questa tua
vicenda personale cercando di usare un tono sdrammatizzante. Intanto ti mando un
abbraccio.</FONT></P></DIV></DIV>
<br /><br />
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