<HTML><HEAD></HEAD>
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<DIV style="FONT-SIZE: 12pt; FONT-FAMILY: 'Calibri'; COLOR: #000000">
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm; LINE-HEIGHT: 12pt" align=justify><FONT
style='face: "Verdana,' sans-serif?><FONT style="size: 2"><SPAN
lang=en-GB>Subject:</SPAN></FONT></FONT><FONT style='face: "Verdana,'
sans-serif?><FONT style="size: 2"><SPAN lang=en-GB> RECENSIONE LA FABBRICA DELLA
FELICITA’</SPAN></FONT></FONT></P>
<P lang=en-GB style="MARGIN-BOTTOM: 0cm; LINE-HEIGHT: 12pt"
align=justify> </P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm; LINE-HEIGHT: 12pt" align=justify><FONT
style='face: "Verdana,' sans-serif?><FONT style="size: 2">UN ROMANZO
AVVELENATO</FONT></FONT></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm; LINE-HEIGHT: 12pt" align=justify><FONT
style='face: "Verdana,' sans-serif?><FONT style="size: 2">Gran libro
“</FONT></FONT><FONT style='face: "Verdana,' sans-serif?><FONT
style="size: 2">La fabbrica della felicità”</FONT></FONT><FONT
style='face: "Verdana,' sans-serif?><FONT style="size: 2"> di Giulio Di Luzio:
dunque i media (quelli presunti grandi) non ne parleranno</FONT></FONT></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm; LINE-HEIGHT: 12pt" align=justify><FONT
face="Times New Roman">“</FONT><FONT style='face: "Verdana,' sans-serif?><FONT
style="size: 2">E’ meglio morire del male che di fame” oppure “Non fa niente che
io crepo ma mio figlio deve lavorare lì” (sottinteso: come “indennizzo”): frasi
simili ne ho sentite anche io varie volte da chi è nelle fabbriche della morte o
da chi vive nei pressi e “gode” della ricchezza indotta e dei veleni connessi.
Ma ne ho ascoltate anche di opposte, per fortuna: “bisogna distruggere un
sistema che non mette limiti al profitto anche se questo significa dare ai
padroni licenza di uccidere” così mi scrisse anni fa in una lettera/volantino un
giovane/vecchio amico “operaiaccio”.</FONT></FONT></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm; LINE-HEIGHT: 12pt" align=justify><FONT
style='face: "Verdana,' sans-serif?><FONT style="size: 2">Mi sono fermato più
volte a riflettere leggendo il romanzo “</FONT></FONT><FONT
style='face: "Verdana,' sans-serif?><FONT style="size: 2">La fabbrica della
felicità”</FONT></FONT><FONT style='face: "Verdana,' sans-serif?><FONT
style="size: 2"> (148 pagine per 14 euro) appena uscito da Stampa Alternativa,
esordio narrativo del giornalista e blogger Giulio Di Luzio. Rivedevo così i
volti di amici operai e di persone che ho conosciuto, magari di corsa, quando
facevo due strani mestieri cioè il militante (del gruppo Lotta Continua) prima e
poi il giornalista. Non credo che si possa essere neutrali neppure facendo il
cronista, tanto è evidente che l’intera organizzazione del lavoro si preoccupa
di fare risparmiare ai padroni tutti i soldi possibili, persino quelli che
dovrebbero servire per tutelare la salute di chi lavora dentro le aziende o di
chi vive lì intorno. </FONT></FONT></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm; LINE-HEIGHT: 12pt" align=justify><FONT
style='face: "Verdana,' sans-serif?><FONT style="size: 2">E’ soprattutto la
chimica a uccidere come in “</FONT></FONT><FONT style='face: "Verdana,'
sans-serif?><FONT style="size: 2">La fabbrica della felicità”</FONT></FONT><FONT
style='face: "Verdana,' sans-serif?><FONT style="size: 2">, basato su una
tragica storia vera. Qui il primo veleno è la bugia del padrone buono venuto dal
Nord per aiutare i poveri terroni.</FONT></FONT></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm; LINE-HEIGHT: 12pt" align=justify><FONT
style='face: "Verdana,' sans-serif?><FONT style="size: 2">E’ bravo Di Luzio a
mostrare la strana alleanza fra il giovane medico Nicola La Porta (all’inizio
“barricato nel mondo chiuso e ovattato della medicina e del suo potere
indiscusso sull’uomo”) e Maurizio Russo, operaio ingenuo, scrupoloso e così
stakanovista da esser diventato un capoturno. Impareranno molto l’uno
dall’altro.</FONT></FONT></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm; LINE-HEIGHT: 12pt" align=justify><FONT
style='face: "Verdana,' sans-serif?><FONT style="size: 2">La voce narrante è
spesso affidata al figlio: sono belli alcuni passaggi (i riti della domenica, i
“sassi parlanti” gli studi come risarcimento sociale) dove i fatti sono immersi
nella sua crescita difficile, nelle ignoranze, incertezze e
paure.</FONT></FONT></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm; LINE-HEIGHT: 12pt" align=justify><FONT
face="Times New Roman">“</FONT><FONT style='face: "Verdana,' sans-serif?><FONT
style="size: 2">Una enorme nube biancastra”; è “l’incidente” del 26 settembre
1976 ma ci vorranno quasi 20 anni perché Maurizio Russo sappia di cosa si è
ammalato, come e perché... per poi scoprire anche i medici di fabbrica sapevano,
da subito, ma hanno taciuto. A esempio “arsenico” dev’essere una mala parola se
nessuno fra quelli in camice bianco o in cravatta la pronuncia mai. Come fra i
“tecnici” che sembrano avere una scienza infusa, però nei reparti non
vengono.</FONT></FONT></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm; LINE-HEIGHT: 12pt" align=justify><FONT
style='face: "Verdana,' sans-serif?><FONT style="size: 2">Non racconterò la
storia: anche se non è un “giallo” ci sono molti colpi di scena, psicologie,
intrecci che sarebbe sbagliato rivelare. Leggetelo, è un gran
libro.</FONT></FONT></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm; LINE-HEIGHT: 12pt" align=justify><FONT
style='face: "Verdana,' sans-serif?><FONT style="size: 2">In fabbrica “si
parlava di tutto: dalle cosce delle dive... al calcio”. Di tutto “tranne che di
salute”; a quella ci pensa “il commendatore”, com’è buono e non bisogna fargli
“uno sgarbo” mettendo in giro certe voci.</FONT></FONT></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm; LINE-HEIGHT: 12pt" align=justify><FONT
style='face: "Verdana,' sans-serif?><FONT style="size: 2">Chiuso il libro, molte
immagini, persone e frasi restano in mente: Renato, “l’operaio topo”; i
giornalisti asserviti; “Perché se qualcuno ha sbagliato non deve pagare?”; il
medico di fabbrica che fa fortuna e l’altro che carriera non farà ma spiega “il
gradino più alto è accanto al paziente”; “la grattatrice”; il sindacato assente
quando servirebbe; il coraggio e l’amore di alcune donne; “il male che cammina”;
le toghe nere e l’avvocatessa controcorrente; gli interrogativi che ronzavano
“come le zanzare ad agosto, ne schiacci due e ne trovi altre
dieci”.</FONT></FONT></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm; LINE-HEIGHT: 12pt" align=justify><FONT
style='face: "Verdana,' sans-serif?><FONT style="size: 2">Se leggete questo
libro fra tutte le infamie quella sui crostacei forse vi sembrerà frutto di
pazzia... invece è cronaca “giudiziaria”. </FONT></FONT></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm; LINE-HEIGHT: 12pt" align=justify><FONT
style='face: "Verdana,' sans-serif?><FONT style="size: 2">C’è una frase del
dottor La Porta che vale citare quasi per intero: “Nella nostra formazione la
malattia non ha nulla a che vedere con la storia di chi lavora... E’ questo
l’errore”. Negli anni ‘70 molti (relativamente molti, diciamo qualche migliaio
di persone) compresero quell’errore cercando, in fabbrica e fuori, di trovare
un’altra strada, un diverso sapere, nuove alleanze. </FONT></FONT></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm; LINE-HEIGHT: 12pt" align=justify><FONT
style='face: "Verdana,' sans-serif?><FONT style="size: 2">Nella bella prefazione
scrive Gianni Vattimo: “vale la pena di salutare questo libro con sincero
entusiasmo”. </FONT></FONT></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm; LINE-HEIGHT: 12pt" align=justify><FONT
style='face: "Verdana,' sans-serif?><FONT style="size: 2">Sottoscrivo in pieno.
Sempre evviva Stampa Alternativa per il coraggio. </FONT></FONT></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm; LINE-HEIGHT: 12pt" align=justify><FONT
style='face: "Verdana,' sans-serif?><FONT style="size: 2">Nei “ringraziamenti
finali” Giulio Di Luzio conferma che è tutto vero (quell’operaio si chiamava
Nicola Lo Vecchio), ma trasformare le vicende in romanzo ovviamente gli ha
consentito una maggiore libertà narrativa, soprattutto nella
psicologia.</FONT></FONT></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm; LINE-HEIGHT: 12pt" align=justify><FONT
style='face: "Verdana,' sans-serif?><FONT style="size: 2">In apertura del
romanzo c’è la frase di una canzone di Pierangelo Bertoli: “i crimini contro la
vita li chiamano errori”. Teniamole a mente queste poche, chiare parole e
soprattutto quando (quasi ogni giorno) ascoltiamo “la voce del padrone”
fedelmente amplificata dalla stragrande maggioranza dei media.
</FONT></FONT></P></DIV></DIV>
<br /><br />
<hr style='border:none; color:#909090; background-color:#B0B0B0; height: 1px; width: 99%;' />
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<tr>
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