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style='FONT-SIZE: small; TEXT-DECORATION: none; FONT-FAMILY: "Calibri"; FONT-WEIGHT: normal; COLOR: #000000; FONT-STYLE: normal; DISPLAY: inline'><BR>
<H1><A class=Articolo
href="http://genova.repubblica.it/cronaca/2016/01/06/news/il_retroscena-130681784/">Ilva,
la pista cinese ora porta a Genova</A></H1>
<P><IMG alt="Ilva, la pista cinese ora porta a Genova"
src="http://www.repstatic.it/content/localirep/img/rep-genova/2016/01/06/090509896-fc1c2604-e59b-41c3-ae01-e6db815988f5.jpg"
width=642 height=204><BR><SPAN itemprop="articleBody"></SPAN></P>
<P><BR><SPAN itemprop="articleBody"></SPAN></P>
<P>Un’ipotesi alternativa all’offerta di ArcelorMittal, quella che vede in campo
Cassa Depositi e Prestiti insieme a uno o più gruppi italiani e che trova un
alleato forte in un colosso del Sud Est asiatico</P>
<P><SPAN itemprop="articleBody">E se per l'Ilva si replicasse il "modello
Ansaldo Energia"? L'ipotesi ha preso a circolare in questi ultimi giorni, di
riposo per gran parte degli italiani, ma di lavoro per i commissari del gruppo
siderurgico che hanno messo a punto il bando di gara per la vendita dell'Ilva.
Dal 10 gennaio, e per un mese intero, si raccoglieranno le manifestazioni
d'interesse per il gruppo e al termine del periodo prefissato inizierà la
valutazione e successivamente la seconda parte della gara, quella delle offerte
vincolanti, con l'obiettivo di chiudere tutto entro la fine di giugno. I tempi
sono stretti e la paura è tanta, perché nessun gruppo italiano, nemmeno nessuna
cordata italiana, è in grado da sola di farsi carico dei costi di un'operazione
che, prima del rilancio industriale, necessita di costosi quanto inderogabili
interventi di bonifica ambientale. Così il rischio è di trovarsi con una sola
offerta, quella del primo gruppo siderurgico mondiale, ArcelorMittal, che
produce poco meno di 100 milioni di acciaio (contro i 5 dell'Ilva) e che in
Europa è già ampiamente rappresentato. Come si comporterà da nuovo proprietario
dell'Ilva, opererà sulla strada del rilancio o punterà su quello della
razionalizzazione? In assenza di risposte a questi interrogativi, il governo ha
già cominciato a lavorare, cercando di valutare la disponibilità degli operatori
siderurgici italiani ( Repubblica ha già fatto i nomi di Marcegaglia, Arvedi,
Eusider e Trasteel), ma anche di Cassa Depositi e Prestiti. Si potrebbe insomma
mettere a punto un'alleanza che avrebbe comunque l'esigenza di trovare una
sponda industrialmente e commercialmente forte. Perché non cercarla in Asia?
Perché non verificare, a livello governativo, l'interesse di qualche grande
gruppo siderurgico giapponese, cinese, coreano a radicarsi in Europa, facendo
dell'Ilva il proprio avamposto industriale e commerciale? Ecco perché potrebbe
reggere anche questa volta il "modello Ansaldo Energia". L'azienda genovese
pareva destinata a finire nel'orbita della tedesca Siemens, concorrente diretta.
La prospettiva venne scongiurata con l'intervento del Fondo Strategico Italiano
(che fa capo a Cassa Depositi e Prestiti) affiancato da Shangai Electric. Si può
costruire uno scenario analogo per un altro settore da cui l'Italia non può
abdicare, vale a dire l'acciaio soprattutto per la produzione di qualità?
Scorrendo l'elenco dei principali produttori al mondo si trovano già spunti di
riflessione che dovranno ovviamente essere verificati. Ma se come sembra il
governo intenderà muoversi anche su questa pista, potrebbero emergere presto
prospettive del tutto nuove. Alle spalle di ArcelorMittal, c'è infatti la
pattuglia del produttori asiatici, la giapponese Nippol Steel, le cinesi
Baosteel (alleata in Italia alla famiglia Malacalza in Baosteel Italia che
commercializza in esclusiva in Europa i prodotti del gigante cinese), Hebei e
Wuhan Steel e la coreana Posco. Si vedrà a breve anche perché da ieri mattina
sono ufficialmente noti i contenuti dell'avviso internazionale, pubblicato su
alcuni quotidiani nazionali e stranieri, con i quali i tre commissari
straordinari dell'Ilva, Corrado Carruba, Piero Gnudi ed Enrico Laghi, hanno
messo sul mercato, con l'obiettivo di venderli, sia l'Ilva, con gli stabilimenti
di Taranto, il più grande del gruppo, Cornigliano e Novi Ligure, sia sette
società collegate. L'avviso internazionale è stato autorizzato dal ministro
dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, essendo sia l'Ilva che le altre
imprese in amministrazione straordinaria da gennaio 2015. Oltre a Ilva, le
aziende per le quali potrà essere avanzata una proposta sono Ilva servizi
marittimi, Ilvaform, Innse Cilidri, Sanac, Taranto Energia, Socova e Tillet.
Aziende la cui attività funzionale a quella degli impianti dell'acciaio come,
per esempio, Taranto Energia, che con le sue centrali elettriche assicura
l'alimentazione del siderurgico pugliese, o Ilva servizi marittimi a cui fanno
capo le navi che a Taranto trasportano le materie prime necessarie alla
produzione e da qui salgono fino al porto di Genova.<BR><BR>Gli operatori e i
gruppi interessati hanno adesso 30 giorni di tempo, dal 10 gennaio al 10
febbraio, per avanzare la loro candidatura attraverso manifestazione di
interesse da inviare presso lo studio di un notaio milanese.<BR><BR>Entro fine
giugno prossimo dovrà essere completato l'iter del passaggio dell'Ilva al
mercato, ma il programma di cessione messo a punto dai tre commissari
straordinari avrà durata sino a quattro anni così come stabilisce il decreto
firmato dal ministro Federica Guidi.<BR><BR>In quanto alla cessione dei diversi
asset, "l'operazione — si legge nell'avviso — ha ad oggetto il trasferimento dei
complessi aziendali facenti capo alle società in amministrazione straordinaria e
potrà essere perfezionata con il partner mediante cessione o concessione in
affitto, con opzione d'acquisto, dei medesimi complessi aziendali».</SPAN></P>
<H3><A class=Articolo
href="http://genova.repubblica.it/cronaca/2016/01/05/news/ilva_i_soldi_non_ci_sono_tensione_altissima_a_genova-130657335/">Ilva,
i soldi mancano, alta tensione a Genova</A></H3>
<P><IMG class="lazy lazyloaded" style="DISPLAY: inline" alt=""
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<P><BR><SPAN itemprop="articleBody"></SPAN></P>
<P>Fiom-Cgil: senza risposte sul reddito, sarà sciopero. Lunedì assemblea e
corteo</P>
<P><SPAN itemprop="articleBody">Fumata nera, in <STRONG><A
href="http://genova.repubblica.it/cronaca/2016/01/05/news/ilva_parte_la_vendita_e_oggi_si_gioca_la_partita_degli_stipendi-130626630/">Confindustria
Genova </A></STRONG>per la vicenda Ilva. I sindacati questa mattina hanno
incontrato i rappresentanti dell'azienda ma le risposte arrivate sono state
insoddisfacenti sopratutto sul nodo relativo all'integrazione del 10% del
contratto di solidarietà. "La posizione è' chiara - ha spiegato il segretario di
Fiom Cgil, Bruno Manganaro - l'azienda a spiegato di non essere in grado di far
lavorare di più i dipendenti per coprire il taglio al contratto di solidarietà.
È' un impegno che in passato l'azienda aveva preso ma che oggi non è in gradi di
rispettare. Oggi i lavoratori sanno che Ilva non è in grado di farli lavorare
una settimana di più e non sappiamo se i firmatari dell'accordo di
programma,Governo, Comune, Regione, lo rispetteranno sul tema delle intero
grazio i salariali". Fiom, quindi, chiede il rispetto dell'accordo e conferma,
per ora, la manifestazione che era già prevista per l'11 Gennaio. "Lunedì faremo
assemblea in fabbrica - prosegue Manganaro - se ci saranno novità positive le
valuteremo, in caso contrario si proclamerà lo sciopero e si andrà in
Prefettura". Tutto, quindi, sarebbe legato a un emendamento che verrà presentato
nei prossimi giorni ma sul quale, ad ora, non ci sono notizie
concrete.<BR><BR>"L'azienda ha ricordato che, attraverso i commissari e le
istituzioni aveva trovato un accordo a dicembre per utilizzare i soldi di
Cornigliano per due anni per i lavori socialmente utili. Un'emendamento alla
legge di stabilità avrebbe dovuto dare il via libera a questo provvedimento.
Tutto, però, è stato bloccato dalla Presidenza del Consiglio in attesa di un
fantomatico emendamento che dovrebbe essere presentato nei prossimi giorni, con
il decreto sulla vendita. C'era una soluzione - conclude Manganaro - legata
all'accordo di programma ma qualcuno ha deciso di non percorrerla e questo
preoccupa ancora di più i lavoratori".<BR>La richiesta era di avere continuità
di reddito per i 1.650 dipendenti dell'Ilva di Cornigliano, visto che nei fatti
oggi 750 sono interessati dai contratti di solidarietà e con il Jobs Act hanno
visto scendere dal 70 al 60% la loro retribuzione e da settembre arriveranno al
50%.</SPAN></P></DIV></DIV></DIV>
<br /><br />
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