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Quando ha iniziato a lavorare in azienda, A. non aveva un
contratto. Glielo hanno fatto dopo qualche mese, dopo averle fatto
firmare le dimissioni in bianco.
<p class="MsoNormal">“Per carità” diceva, “tra tutti i padroni che
ho conosciuto, questi non sono certo i peggiori: quando lavoravo
in fabbrica ad esempio, il capo mi molestava sessualmente!”</p>
<p class="MsoNormal">Poi Giorgia è entrata in maternità e il
nostro padrone si è limitato a “ironizzare” sulle nostre
abitudini sessuali chiedendoci se non fosse necessario dotarci
di “mutande di latta”.</p>
<p class="MsoNormal">Dopo il nostro primo sciopero delle donne
sono iniziati i licenziamenti e i tentativi di allontanare anche
A. dal posto di lavoro. Ma noi avevamo doppie ragioni e doppia
rabbia per lottare e abbiamo vinto.</p>
<p class="MsoNormal">A 2 anni da quel 25 novembre, io ed A.
lavoriamo ancora in quell’azienda e anche se ci hanno separate,
un filo rosso ci unisce: quello che A. ha indossato al lavoro
anche per questo 25 novembre e che io porterò da L’Aquila a
Melfi, tra le operaie in lotta contro le tute bianche e la beffa
di Marchionne sul pannolone.</p>
<p class="MsoNormal">Che siano “mutande di latta” o “culottes”,
dimissioni in bianco o molestie sessuali fisiche, il ricatto
padronale per le lavoratrici è sempre più intimo e sessista! Non
si accontenta di fagocitare la nostra forza lavoro, ma mira a
governare la nostra sessualità e affettività, la libertà di
scelta delle donne, a gestire la nostra mente e il nostro corpo,
il nostro tempo di vita, come fossimo galline in batteria.</p>
<p class="MsoNormal">L’unico fine è ottenere il massimo profitto
con il minimo dispendio di mezzi e per quanto “democratico” il
sistema capitalistico si sforzi di apparire, ogni sua
azione/decisione passa sempre sul nostro corpo e la nostra
anima, come un insulto alla dignità delle lavoratrici, come il
rifiuto della nostra felicità, la nostra libertà, la nostra
vita.</p>
<p class="MsoNormal" style="text-align:justify">Ma noi siamo donne
proletarie, siamo le masse. Siamo forza lavoro e strumento di
riproduzione della forza lavoro. Perciò siamo la leva della
storia e le operaie di Melfi, con la loro lotta e la loro
denuncia, possono essere il fulcro di questa leva in Italia, il
“tallone di Achille” di Marchionne ed essere di esempio ed
incoraggiamento per tutte le lavoratrici. Ciò che succede a
Melfi non può non avere un valore nazionale, perché parla di
dignità delle lavoratrici e della necessità del protagonismo
diretto delle operaie, perciò ci riguarda tutte!</p>
<p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><br>
Per questo saremo l’11 dicembre davanti ai cancelli della
Fiat-Sata di Melfi, per parlare e preparare insieme alle operaie
un nuovo "sciopero delle donne", che abbia il cuore tra le
operaie delle fabbriche e le lavoratrici più sfruttate,
oppresse, discriminate; uno sciopero costruito dal basso con le
lavoratrici, facendo insieme una piattaforma e costruendo una
rete tra i vari posti di lavoro e città.</p>
<p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><o:p> </o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><big><b>Le
lavoratrici del commercio dello Slai Cobas s.c. (AQ)</b></big></p>
<big><b> </b></big>
<p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><big><b>L’Aquila 4
dicembre 2015</b></big><br>
</p>
<p class="MsoNormal" style="text-align:justify"><br>
PS. concluderemo questa marcia a Roma, festeggiando il 20°
anniversario del movimento femminista proletario rivoluzionario,
che ha promosso il primo, storico sciopero delle donne in
Italia.<br>
Invitiamo pertanto tutte le lavoratrici, le donne proletarie, le
compagne romane a partecipare, verso la costruzione di un
secondo sciopero delle donne.<br>
</p>
<p class="MsoNormal"><o:p> </o:p></p>
<p class="MsoNormal"><o:p> </o:p></p>
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