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<H1 align=justify> </H1><SPAN style="TEXT-ALIGN: justify"
itemprop="articleBody"><IMG
alt="Morì d’amianto, Ansaldo pagherà maxi risarcimento"
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width=300 itemprop="image"><BR><BR></SPAN><BR><FONT face="Times New Roman">Il
giudice: 600 mila euro alla famiglia di un operaio morto per
mesotelioma<BR><BR></FONT><SPAN style="TEXT-ALIGN: justify"
itemprop="articleBody"><FONT face="Times New Roman">PIÙ di seicentomila euro,
risarcimento che Ansaldo dovrà versare alla famiglia di G.C., un calderaio che
dal 1968 al 1988 aveva lavorato nello stabilimento di Sampierdarena, dove si
costruivano turbine ed impianti per centrali elettriche, si manipolava l’amianto
e il datore di lavoro avrebbe dovuto tutelare gli operai. </FONT>
<DIV align=justify><FONT face="Times New Roman">Non è la prima volta che una
morte da mesotelioma ed un risarcimento arrivano in tribunale. Ma nel caso
dell’operaio, deceduto a 70 anni per cancro ai polmoni, la sentenza del 18
novembre scorso ha qualcosa di inedito nella valutazione del danno biologico:
l’attesa che l’ammalato ha dovuto sopportare prima di arrivare alla morte, la
menomazione psico-fisica, le sofferenze, i patemi d’animo. Più che altro, la
consapevolezza di dover morire.</FONT></DIV>
<DIV align=justify><FONT face="Times New Roman">Aspetti, che, quantomeno, sono
destinati a creare un precedente, sopratutto a Genova, dove sono pendenti
centinaia di procedimenti per asbesto: ad Ansaldo, Fincantieri, porto ed altre
aziende, dove fino alla fine degli Anni Ottanta si lavorava a stretto contatto
con il materiale cancerogeno.</FONT></DIV>
<DIV align=justify><FONT face="Times New Roman">I datori di lavoro avrebbero
dovuto tutelare i dipendenti. Così non è stato. Scrivono i giudici: “Il datore
di lavoro avrebbe dovuto adottare tutti gli accorgimenti e presidi preventivi
imposti dalla legge all’epoca vigente... per evitare con una probabilità
prossima alla certezza l’insorgere della patologia e del conseguente decesso di
G.C.”. Tant’è che nella sentenza si legge: “Alla luce di tutte le
considerazioni, deve concludersi che la patologia contratta e che ha condotto al
decesso G.C., sia da imputarsi a responsabilità di Ansaldo, per non aver
dimostrato di aver adottato tutte le misure all’epoca in uso, per evitare o
quantomeno, limitare il danno”.</FONT></DIV>
<DIV align=justify><FONT face="Times New Roman">Al tribunale, dopo la morte del
calderaio arrivata nel 2000, si sono rivolti la moglie ed i due figli (non più
conviventi con la famiglia), assistiti dagli avvocati Iside Storace ed
Alessandro Palmerini. Ed i giudici riconoscono anche a loro, come iure
successionis, il risarcimento del danno biologico subito dal loro congiunto:
“Per il turbamento d’animo indotto anche a loro dalla malattia e dall’intensità
delle sofferenze che l’hanno
accompagnata”.</FONT><BR></DIV></SPAN></DIV></DIV>
<br /><br />
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