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<DIV style="FONT-SIZE: 12pt; FONT-FAMILY: 'Calibri'; COLOR: #000000">
<DIV><FONT face="Times New Roman">Sergio Bellavita.</FONT></DIV>
<DIV><FONT face="Times New Roman">Il direttivo nazionale Cgil di venerdì 6
novembre era chiamato a discutere della situazione generale, del giudizio sulla
legge di stabilità e dell’attuazione delle decisioni assunte con il deliberato
del 18 febbraio 2015, quello cioè che mise la parola fine alla mobilitazione
contro il Jobs Act rimandando tutto al terreno di iniziativa referendaria,
legislativa e contrattuale. Come spesso è accaduto negli ultimi anni la critica
è tutta o quasi concentrata verso il governo Renzi, poco o nulla resta nei
confronti del padronato, di Confindustria che pure intende liquidare ogni ruolo
sostanziale del contratto nazionale. Tuttavia anche la denuncia delle malefatte
del governo, delle risorse irriguardose che ha stanziato per il rinnovo del
contratto dei pubblici e dei tagli alla sanità, la Cgil decide di non decidere
nulla sul terreno della mobilitazione. Non c’è lo sciopero generale ma non c’è
nemmeno una manifestazione del week end. La ragione è semplice: senza Cisl e UIL
non si fa più nulla. Sull’altare dei rapporti unitari si sacrifica ogni
autonomia della Cgil. Non a caso un emendamento che chiedeva, molto
sommessamente peraltro, la mobilitazione da soli a fronte di una conclamata
indisponibilità di Cisl e Uil è stato sonoramente bocciato dalla stragrande
maggioranza del direttivo. D’altro canto era del tutto evidente che la Cgil non
sarebbe andata oltre le iniziative di sabato delle diverse categorie. Eravamo
cioè fuori tempo massimo per una lotta contro la legge di stabilità e grossa
parte di quella discussione era per queste ragioni persino surreale…<BR>Ci sono
due questioni ulteriori su cui il direttivo si è cimentato: le politiche
contrattuali e referendum. Il giudizio più che positivo sul contratto dei
chimici, persino dettagliato, è stato inserito nell’odg finale. Un fatto non
casuale considerata la quantità di tavoli aperti per il rinnovo dei contratti.
Un esplicito manifesto di disponibilità alle imprese su quella linea. Ma un
punto di sofferenza per l’area democrazia e lavoro che ha votato contro il
contratto dei chimici, insieme a noi, nella Filctem. L’emendamento dell’area di
Rinaldini e Nicolosi chiedeva di fermarsi al valore politico e sindacale
dell’accordo togliendo però ogni altra considerazione sui singoli aspetti dello
stesso. Bocciato. L’altro tema, ben più di difficile governo interno, è stato
quello della legge di iniziativa popolare per un nuovo statuto dei lavoratori e
i referendum. Nel febbraio 2015 quando Camusso Landini decisero di chiudere la
parabola di mobilitazione della Cgil passando alla fase articolata di contrasto
al Jobs Act concordarono la possibilità di arrivare, con un percorso tortuoso,
ad una vera e propria campagna referendaria per l’abrogazione dello stesso. La
segreteria nazionale Cgil sul tema si spaccò e la mediazione tra tutti fu
appunto quella di affidare alla consultazione straordinaria degli iscritti la
scelta se fare o meno referendum. Poi quel deliberato finì nel dimenticatoio.
Nell’odg approvato si decide di avviare formalmente questo percorso, con la
contrarietà di due categorie, edili e trasporti, e di un segretario nazionale
Solari. Tuttavia, anche qui, questa discussione andrebbe valutata bene, fuori
cioè da logiche di corridoio. Non siamo in presenza di una divaricazione
strategica del gruppo dirigente, non a caso tutti, esclusa la nostra area, fanno
del testo unico sulla rappresentanza un baluardo di democrazia (sigh). Landini
compreso che ha recentemente chiesto a Federmeccanica di inserire il testo unico
nel contratto dei metalmeccanici. Difficile sostenere che quell’accordo
salvaguardi ruolo e funzioni del contratto nazionale… Inoltre la riflessione
sulla reale portata di questa divaricazione andrebbe estesa ai contenuti, ancora
semi sconosciuti, della proposta di nuovo statuto che la Cgil sta elaborando. La
valutazione che facciamo noi, avendo visionato la bozza della prima parte, è che
in realtà ci si posiziona nel mondo delle cose possibili, dentro e non contro la
diversificazione contrattuale, salariale,normativa e giuridica che conosce il
mondo del lavoro. La riunificazione viene proposta ma al ribasso, senza più
nessuna linea di contrasto alla precarietà, ai contratti atipici. Si propone un
quadro di diritti minimi del lavoro subordinato e non, lo statuto dei lavori in
sostanza. Una prima bozza che pare avere consenso unanime nel direttivo
nazionale. Gli iscritti della Cgil saranno quindi chiamati a firmare per la
proposta di legge sul nuovo statuto e a votare sulla possibile via referendaria.
Anche questa parte male, manca clamorosamente la volontà di fare il referendum
per l’abrogazione della buona scuola di Renzi, forse il più mobilitante e
unificante nel paese. Infine il percorso. Susanna Camusso ha presentato la
possibile via referendaria solo ed esclusivamente a sostegno del nuovo statuto
dei lavoratori, come estrema ratio, ed affidando ai lavoratori la decisione.
Questa scelta rischia di compromettere una campagna referendaria che, se unita
ad una reale iniziativa di contrasto ad ogni livello, poteva diventare davvero
un terreno straordinario di ripresa della mobilitazione contro le politiche del
governo.<BR>Le conseguenze politiche e sociali di una sconfitta referendaria
sarebbero durissime. Per questa ragione abbiamo votato contro i due ordini del
giorno proposti. Il primo quello sulla legge di stabilità che non mette nulla in
campo, il secondo quello che contiene valutazioni sui contratti, testo unico,
referendum e nuovo statuto. La linea della Cgil non può essere emendata,
occorrerebbe un congresso straordinario che affronti, senza reticenze e
ipocrisie, la pesante crisi dell’organizzazione, il bilancio delle scelte fatte
in rapporto al dramma della condizione di un mondo del lavoro senza più voce e
rappresentanza. Landini ha dichiarato il suo voto a favore soprattutto per
incassare il sì al referendum. Nicolosi anche, nonostante fosse stato
bocciato il suo emendamento sui chimici, ragioni che invece hanno indotto
Rinaldini a confermare suo voto contrario anche a favore dei compagni che hanno
sostenuto il no in categoria. Una libertà che Landini non ha se vuole, come è
evidente dalla piattaforma elaborata, rientrare nel contratto nazionale. Come
abbiamo potuto dire nella nostra dichiarazione di voto ha ragione Susanna
Camusso, sono mesi che le discussioni si ripetono uguali. E’ il segno, secondo
noi, di una crisi ben più profonda di quella che pure ormai tutti ammettono… nei
corridoi.</FONT></DIV>
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