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<DIV style="FONT-SIZE: 12pt; FONT-FAMILY: 'Calibri'; COLOR: #000000">
<H1 class=entry-title><FONT size=7 face="Times New Roman"><U>chi lo
denuncia?</U></FONT></H1>
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class="lrshare_iconsprite32 lrshare_sharingcounter32 lrshare-totalshare"><FONT
size=7 face="Times New Roman"><U>chi come la CGIL ha contribuito a farli
perdere!</U></FONT></DIV></DIV>
<P><FONT face="Times New Roman">Nel 2015, i <STRONG>cassintegrati</STRONG> hanno
perso quasi <STRONG>2 miliardi di euro di reddito</STRONG>: si parla di una
media di oltre <STRONG>660mila lavoratori</STRONG> coinvolti. Intanto, i
processi che prevedono un <STRONG>reinvestimento</STRONG> da parte dell’impresa
rimangono “irrilevanti”, pari al 5,86% del totale. Questa è la fotografia degli
ammortizzatori sociali in Italia, scattata dal <STRONG>rapporto Cgil</STRONG>
sulla cassa integrazione. Si tratta di un quadro non del tutto negativo, perché
le ore autorizzate sono calate del 32% in un anno e lo stesso sindacato
riconosce “un miglioramento nelle attività produttive”. Ma questi segnali vanno
inseriti, secondo il rapporto, nel contesto di “una dimensione strutturale della
crisi produttiva” e di “una forte <STRONG>assenza di politiche
industriali</STRONG> di sviluppo”.</FONT></P>
<P><FONT face="Times New Roman">Nel dettaglio, lo studio, </FONT><A
style='href: "http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/10/16/ammortizzatori-sociali-uil-possibile-ripresina-ma-dati-istat-mostrano-che-siamo-agli-zero-virgola/2135453/"'><FONT
face="Times New Roman">che rielabora i dati sulla cassa integrazione forniti
dall’<STRONG>Inps</STRONG></FONT></A><FONT face="Times New Roman">, sottolinea
come “solo in questi nove mesi del 2015, i lavoratori parzialmente tutelati
dalla cig hanno perso complessivamente nel loro reddito oltre 1 miliardo e 985
milioni di euro al netto delle tasse, mentre ogni singolo lavoratore che è stato
a zero ore per tutto il periodo ha già sopportato una riduzione del salario
individuale al netto delle tasse di <STRONG>circa 5.900 euro</STRONG>“. Il
rapporto fornisce anche una stima relativa ai lavoratori coinvolti nei processi
di cassa integrazione. Da gennaio a settembre 2015, sono state autorizzati 518
milioni di ore di cig. Ipotizzando un ricorso medio all’ammortizzatore pari al
50% del tempo lavorabile globale, si arriva alla cifra di oltre 660mila
dipendenti. Se invece si considerano le ore totali di cig equivalenti a posti di
lavoro con dipendenti a zero ore, nel periodo “si determina un’assenza completa
di attività produttiva per oltre 330mila lavoratori, di cui oltre 189mila in
Cigs e 45mila in Cigd”.</FONT></P>
<P><FONT face="Times New Roman">Ma al di là dei numeri, lo studio approfondisce
anche le causali legate alle domande di cassa integrazione. “Gli interventi che
prevedono percorsi di reinvestimento e rinnovamento strutturale dell’impresa
sono solo il 5,86% del totale dei decreti, nel 2014 erano il 5,77% del totale”.
Una quota che il rapporto definisce irrilevante: “Resta questo uno dei segnali
più evidenti del persistere di un <STRONG>processo di
deindustrializzazione</STRONG> in atto nel nostro Paese, ma continua ad essere
ignorato e sottovalutato”.</FONT></P>
<P><FONT face="Times New Roman">Detto questo, il ricorso alla cassa integrazione
è calato rispetto al 2014. Nel periodo gennaio-settembre, la flessione si è
attestata al 32%: si parla del -24% per la cassa ordinaria, -14% per la
straordinaria, -63% per quella in deroga. Anche se, bisogna sottolineare,
quest’ultimo dato è legato alle limitazioni imposte dalla legge, che per il 2015
ha stabilito un <STRONG>tetto massimo</STRONG> di cinque mesi per la concessione
dell’ammortizzatore. Il rapporto aggiunge che “il numero delle aziende in crisi
che fanno ricorso a nuovi decreti di Cigs, per la prima volta dal 2012
diminuiscono sul periodo precedente, fino a settembre sono 4.866 (‐0,49%) per
oltre 9.042 siti aziendali (‐20,38%)”.</FONT></P>
<P><FONT face="Times New Roman">L’osservatorio Cgil parla di un “miglioramento
nelle attività produttive” che “contribuisce a recuperare gli ampi margini
indotti dalla crisi”, anche con “un riflesso sull’aumento occupazionale”. Ma
questo non basta per festeggiare. Anche perché, segnala la Cgil, a settembre la
cassa integrazione torna ad aumentare su base mensile, con un
<STRONG>+54,3%</STRONG>. Questo incremento è sì fisiologico, perché legato alla
ripresa delle attività produttive, ma maggiore del 10% rispetto a quello
registrato tra agosto e settembre 2014. Per il segretario confederale della
Cgil, <STRONG>Serena Sorrentino</STRONG>, “l’aumento in settembre della cassa
con una percentuale così significativa è il segnale di una <STRONG>ripresa più
lenta di quella prevista</STRONG> dalle stime. I dati andrebbero letti con
maggiore prudenza ed attenzione e i toni entusiastici del governo e di alcuni
politici dopo il dato del mese precedente erano del tutto fuori luogo”. Non a
caso, il rapporto Cgil avverte: “Resta una dimensione strutturale della crisi
produttiva, che si manifesta anche con l’abbandono al loro declino di molti
settori produttivi, e una forte assenza di politiche industriali di
sviluppo”.</FONT></P>
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