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href="http://proletaricomunisti.blogspot.it/2015/07/pc-23-luglio-il-fascismo-padronale-alla.html"><FONT
face=Arial><FONT style="FONT-SIZE: 18pt" color=#cc6666><FONT
style="TEXT-DECORATION: none">.. per questo è da questa fabbrica che ripartirà
questo autunno lo sciopero delle donne lanciato dal MFPR in occasione del
seminario per il suo 20° anniversario</FONT></FONT></FONT></A></H3>
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itemprop="name">info mfpr taranto – <A
href="mailto:mfprnaz@gmail.com">mfprnaz@gmail.com</A> – 347-5301704</DIV>
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<H1 class=entry-title style="POSITION: relative; MARGIN: 0px"><A
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href="http://www.magazinedonna.it/melfi-loperaia-in-maternita-trasferita-a-mille-chilometri/23554"><FONT
color=#cc6666 face=Arial><FONT style="TEXT-DECORATION: none">Melfi, l’operaia in
maternità trasferita a mille chilometri</FONT></FONT></A></H1></DIV>
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<DIV align=justify><FONT face=Arial><FONT style="FONT-SIZE: 10.5pt"
color=#111111>Da Trevico a Torino. Si chiamava così il film di Ettore Scola e
Diego Novelli che negli anni 70 voleva raccontare la vita difficile degli operai
emigrati dal Sud e venuti a lavorare a Torino. La parodia di quel film, oggi,
potrebbe essere da Melfi a Chivas-so. Mille chilometri di distanza non per
emigrare in cerca di lavoro ma costretta al trasferimento per ragioni che la
Fiom-Cgil e i legali considerano una vera discriminazione.</FONT></FONT></DIV>
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<DIV align=justify><FONT face=Arial><FONT style="FONT-SIZE: 10.5pt"
color=#111111>Quei mille chilometri rappresentano la distanza che l’operaia
Giorgia Calamita, di 43 anni, dovrà attraversare, secondo la sua azienda, la
Fenice Spa, per prendere servizio nella sua nuova postazione. Un trasferimento
improvviso, deciso lo scorso aprile nel pieno di un contenzioso tra Calamita, da
poco madre di due bambini, e la società. Che si chiama Fenice ed è del gruppo
francese Edf, ma che lavora stabilmente nel gruppo ex Fiat, oggi Fca, nel caso
in questione nello stabilimento Sata di Melfi.</FONT></FONT></DIV>
<DIV align=justify><FONT face=Arial><FONT style="FONT-SIZE: 10.5pt"
color=#111111>Proprio alla Sata, Giorgia Calamita è stata assunta nel 1992 con
un contratto di formazione e lavoro che però si trasformerà in un contratto di
“impiegata tecnologa (V° livello metalmeccanico) quando passa, senza soluzione
di continuità, al gruppo Fenice. Una classica operazione di terziarizzazione
delle mansioni, pratica comune nelle aziende italiane e in particolare alla
Fiat.</FONT></FONT></DIV>
<DIV align=justify><FONT face=Arial><FONT style="FONT-SIZE: 10.5pt"
color=#111111>Tutto va bene fino a quando l’operaia non ha i suoi due figli.
Prende il congedo obbligatorio ma poi, dal 2009, anno del suo ritorno in
produzione, continua a prendere congedi maternità fino a chiedere il part-time
che le viene concesso. A questo punto la sua mansione viene dequalificata. Da
“tec no lo-ga” viene destinata a mansioni di archiviazione e registrazione del
lavoro altrui. Di fronte alle sue proteste e a quelle del sindacato Fiom che la
rappresenta – Calamita è molto attiva in fabbrica -l’azienda, secondo i legali
della lavoratrice, adotta “un atteggiamento, inutilmente e gratuitamente
aggressivo”. Si verificano diversi scontri con affermazioni dispregiative fatte
in presenza di altri operai: “Non prendo neppure in considerazione la questione
delle sue mansioni visto che Lei è sempre in maternità!”, si sente dire Calamita
dal responsabile dell’Unità operativa. Al sindacato che chiede incontri per
discutere del problema la risposta è sempre la stessa: la lavoratrice è sempre
in maternità quindi è assenteista. Le denunce continue, i 14 volantini affissi
in bacheca dalla Fiom, sembrano non servire. Fino a quando il sindacato decide
di diffidare l’azienda e la stessa Calamita si rivolge alla Consigliera di
Parità della Provincia di Potenza che fissava un incontro per il 24 aprile 2015
disertato dall’azienda. Allo stesso tempo partiva la lettera di trasferimento
presso la sede di Chivasso ad oltre 1.000 chilometri con effettodal 4 maggio
2015.</FONT></FONT></DIV>
<DIV align=justify><FONT face=Arial><FONT style="FONT-SIZE: 10.5pt"
color=#111111>A quel punto non è restato altro che rivolgersi al Tribunale e
rendere pubblica la vicenda sulla quale è stata presentata un’interrogazione
parlamentare.</FONT></FONT></DIV></DIV></DIV></DIV></DIV></BODY></HTML>