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<h1 class="titolo_pagina_newsletter">LA “SVALUTAZIONE” DEL GRILLO </h1>
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<p class="data_notizia_newsletter">(12 Maggio 2012) </p>
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<p class="testo_newsletter">Trascinato dal successo elettorale, Beppe
Grillo si compiace, invaghito, delle attenzioni del Time, e comunica
direttamente con la stampa finanziaria internazionale. Ai suoi candidati
locali impone l'autocensura mediatica, pretendendo per sé il monopolio
della comunicazione pubblica ( che le “odiate” TV gli hanno in realtà
regalato per mesi, oltre ad averlo a suo tempo “inventato” con Pippo
Baudo). E a sé rivendica la prima pagina di Bloomberg.
<br>Per dire cosa? Per dire che “occorre uscire dall'Euro, tornare alla
Lira, svalutarla del 50%, e così rilanciare le esportazioni italiane”.
“Sarà un bagno di sangue, ma è l'unica via” assicura Beppe.
<br>Non sappiamo misurare la “consistenza” di questo pronunciamento,
provenendo da chi solo 5 mesi fa, quando Monti volava nei sondaggi,
dichiarava di “non poter parlar male di Monti”, cioè del massimo
sacerdote dell'Euro. Ma è indubbio che l'uscita di Beppe ha provocato un
dibattito serio.
<br>
<br>Naturalmente tutti i partiti dei banchieri che hanno già tirato la
volata elettorale al Grillo per mesi con il solo fatto di attaccarlo,
non hanno perso l'occasione per rilanciare l'accusa di “incompetenza
economica”, “irresponsabilità” ecc. In particolare, un partito come il
PD, che è nato per candidarsi a rappresentanza politica centrale del
capitale finanziario ( e che non a caso è sul libro paga del Monte dei
Paschi) ha subito sentito il dovere di presentarsi come scudiero
dell'Euro e della Unione Europea, denunciando Grillo come
“inaffidabile”, e presentandosi come garante della “governabilità”.. del
capitale. Tutto regolare.
<br>
<br>Noi che invece non abbiamo altro interesse che quello dei lavoratori
e degli sfruttati, che non abbiamo mai simpatizzato per Monti, che non
abbiamo mai lodato il banchiere Profumo, muoviamo a Grillo un'obiezione
opposta. Non quello di essere “inaffidabile” (a giorni alterni)) per i
banchieri e per gli industriali, ma di essere inaffidabile ( sicuramente
e sempre) per gli operai e la popolazione povera che le banche e gli
industriali opprimono.
<br>
<br>Infatti, un puro ritorno dell'Italia alla lira, una pura uscita
dell'Italia dall'euro, DENTRO IL QUADRO CAPITALISTICO, comporterebbe in
sé un salto ulteriore dell'impoverimento di salari e stipendi, una
ulteriore polverizzazione dei risparmi dei ceti popolari, un'ulteriore
mazzata sui costi dei servizi e sulle tariffe per la maggioranza della
società italiana. Le classi dominanti potrebbero cavarsela come sempre:
con le armi della speculazione, del traffico delle monete,
dell'esportazione di capitali, e persino, in qualche caso, delle
esportazioni più competitive care a Grillo ( salvo la contraerea
prevedibile delle misure protezioniste degli altri Stati capitalisti).
Ma per i proletari sarebbe davvero “un bagno di sangue” come lo stesso
Beppe si è lasciato scappare: perchè è sulle loro spalle che le classi
proprietarie scaricherebbero l'intera operazione. Del resto: c'è da
stupirsi se settori minoritari ma reali della borghesia, e proprio tra
l'altro i loro ambienti più reazionari, vagheggiano da tempo la
soluzione proposta dal Grillo? Basta sfogliare l'antologia della Lega
Nord , per ritrovare la suggestione di un Italia capitalista ( o di una
..”Padania” capitalista) affrancata dalla “tirannia dell'Euro” di
Bruxelles. Per fare solo un esempio, Maurizio Belpietro ha
ufficializzato il 12 Maggio la rivendicazione dell'”uscita dall'Euro”
con un editoriale a tutta pagina sul proprio giornale reazionario
“Libero” ( finanziato dai faccendieri Angelucci). Alcuni circoli
padronali del Nord Est, in particolare, fortemente gravati dalla crisi,
ma proiettati sui mercati asiatici e balcanici, sognano la terra
promessa del ritorno alla lira come occasione di propria ripresa e
arricchimento. Cosa hanno a che fare le ragioni del lavoro con gli
interessi di questi sfruttatori?
<br>
<br>L'impostazione di Grillo va allora esattamente capovolta, se si
vuole partire dagli interessi dei lavoratori. Solo una rottura
anticapitalista, solo il rovesciamento della dittatura degli industriali
e dei banchieri, solo un governo dei lavoratori e della popolazione
povera, potrebbe fare i conti con l'Unione Europea, dal versante delle
ragioni degli sfruttati e degli oppressi. Cancellando il debito pubblico
verso le banche ( con la salvaguardia dei piccoli risparmiatori);
nazionalizzando le banche sotto controllo dei lavoratori e senza
indennizzo per i grandi azionisti; unificando gli istituti di credito in
una unica banca pubblica sotto controllo sociale; espropriando la
grande industria e le grandi catene commerciali, sotto il controllo dei
lavoratori; introducendo il monopolio del commercio estero;
riorganizzando da cima a fondo l'intero funzionamento dell'economia e
della società finalmente liberate dall'oppressione del capitale
finanziario, e quindi libere di definire democraticamente un piano di
scelte razionali suggerite dai bisogni della maggioranza. Certo, questo
governo, e questo programma, romperebbero unilateralmente con l'Unione
Europea delle banche, le sue imposizioni, i suoi fiscal compact, i suoi
memorandum. E in questo quadro affronterebbe liberamente la scelta della
moneta. Ma potrebbe fare tutto questo avendo tagliato le unghie al
capitale in funzione della difesa dei salariati. Avendo tagliato alla
radice il potere della speculazione dei ricchi contro i poveri. Avendo
messo al posto di comando chi non ha mai comandato: i lavoratori e la
popolazione povera. E muoverebbe da questa postazione conquistata per
appellarsi, con la forza del proprio esempio, alla ribellione dei
lavoratori di tutta Europa: in funzione di quella prospettiva di
unificazione europea che gli Stati capitalisti, in perenne competizione
tra loro, non sono in grado di realizzare (e neppure di perseguire, se
non sulla pelle dei salariati), e che invece solo le classi lavoratrici
rovesciando il potere degli industriali e dei banchieri potrebbero
costruire davvero ( Stati Uniti Socialisti d'Europa).
<br>
<br>Ma questa prospettiva non può interessare il pensiero di Grillo, e
la sua brillante operazione di marketing elettorale un tanto al chilo.
Come non può interessare i ricchi evasori di Cortina che Grillo difende,
o i suoi estimatori iperliberisti alla Pannella. Questa prospettiva può
interessare solamente chi non ha altre ragioni da difendere che la
liberazione degli sfruttati. Chi si presenta davanti ai cancelli delle
fabbriche, partecipa agli scioperi, si batte nelle strade e nelle piazze
contro il potere. Chi vive insomma la lotta di classe nel mondo reale e
nell'interesse del lavoro, non chi usa il mondo virtuale della rete
internet nell'interesse dell'impresa Casaleggio e dall'alto della villa
di Sant'Ilario. </p>
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