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<h1 class="titolo_pagina_newsletter">IL MONDO DEL LAVORO IMPUGNI I FORCONI </h1>
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<p class="data_notizia_newsletter">(24 Gennaio 2012) </p>
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<p class="testo_newsletter">
<br>Il tavolo di negoziato con Confindustria e governo sul mercato del
lavoro va rovesciato. Non si può negoziare una più ampia licenziabilità
dei lavoratori attraverso l'abbattimento della cassa integrazione e per
di più- per ammissione del ministro- senza reale indennizzo per i
licenziati “in assenza di risorse”.Più in generale non si può continuare
a negoziare, come da trentanni a questa parte, sul programma del
padronato ( “quanto costa il lavoro per il capitale”) Occorre aprire una
vertenza generale su un programma dei lavoratori per i lavoratori (
“quanto costa il capitale per il lavoro”). Occorre un vero sciopero
generale contro il governo e la Confindustria che unifichi
operai,impiegati, precari, disoccupati in un grande fronte comune,
apertamente contrapposto al capitale finanziario e alla sua dittatura.
<br>
<br>E' una necessità non solo sindacale, ma politica. L'esasperazione
cresce in ampi strati di popolazione colpiti dalla crisi capitalista e
dalle politiche del governo. O il movimento operaio prende la testa
della protesta popolare unificando attorno a sé tutte le domande di
riscatto sociale delle masse impoverite dal capitale- inclusi gli strati
inferiori della piccola borghesia- oppure cresce il rischio di
regalarle a forze reazionarie. O il movimento operaio impugna “i
forconi” guidando e unificando la ribellione popolare , o rischia di
consegnare la disperazione sociale ai Ferro, ai Morsello , ai
Pappalardo, e persino ai Fiore. Questo è lo snodo.
<br>
<br>DUE RISPOSTE OPPOSTE ALLA CRISI DELLE CLASSI MEDIE
<br>
<br>Il caro benzina, il caro assicurazioni, la pressione di mutui
usurai, uniti al crollo dei commerci e alla restrizione delle regalie
clientelari di governi nazionali e locali, sta spingendo alla ribellione
ampi settori delle classi medie. Ma alle loro domande si possono dare
risposte di classe di segno esattamente opposto.
<br>
<br>Si può dare la risposta piccolo borghese reazionaria, che sventola
la nostalgia del vecchio privilegio corporativo: chiede lo sconto sulle
accise per sé ( isola o categoria) ma non per altri, il rispetto delle
regalie clientelari promesse ( e tradite) di un Lombardo qualunque, il
diritto all'evasione fiscale “per non fallire”, il diritto allo
sfruttamento del lavoro nero “per pagare i debiti alle banche”, il
blocco delle importazioni dal Nord Africa e persino il respingimento
alle frontiere degli stranieri “per reggere la concorrenza”, il rifiuto
dei controlli ambientali sui rifiuti trasportati ( Sistri)per
“abbreviare i tempi di consegna”...
<br>
<br>Oppure si può dare una risposta anticapitalista e rivoluzionaria:
che rivendica l'esproprio dei banchieri strozzini come condizione di
accesso al credito e di liberazione dal debito; un abbattimento del
debito pubblico verso le banche, e la tassazione progressiva dei grandi
patrimoni, rendite, profitti, come condizione di una riduzione delle
tasse; la nazionalizzazione sotto controllo popolare delle compagnie
petrolifere e di tutta la filiera degli idrocarburi ( estrazione,
produzione, distribuzione) come condizione dell'abbattimento delle
accise e del prezzo della benzina; un controllo popolare sulla
formazione dei prezzi alimentari, con l'apertura dei libri contabili
dell'industria alimentare e della grande distribuzione, per stroncare
speculazioni e truffe; la nazionalizzazione delle compagnie di
assicurazione, sotto controllo sociale, come condizione di abbattimento
del costo auto e trasporto...
<br>
<br>O LA DITTATURA DELLE BANCHE, O IL GOVERNO DEI LAVORATORI
<br>
<br>La prima risposta appare forse “concreta” ma è illusoria. E' quella
che segna una frattura con le ragioni sociali del lavoro dipendente,
subordina le classi medie al capitale e al suo cappio, in cambio
(oltretutto) di speranze senza futuro: è la risposta dei politicanti
reazionari che guidano i Forconi siciliani o le organizzazioni
dell'autotrasporto. Il cui unico scopo non è né la tutela reale della
propria base sociale, né tantomeno una “rivoluzione”: ma più
modestamente il rilancio del proprio futuro politico/elettorale
attraverso una qualche mediazione con i vecchi ambienti borghesi
dominanti. Gli stessi che garantiscono industrie e banche contro
lavoratori, artigiani, pescatori.
<br>
<br>La seconda risposta può apparire più “astratta”, ma è l'unica reale.
E' quella che può saldare la domanda di salvezza degli strati inferiori
delle classi medie all'interesse generale del mondo del lavoro e ad una
prospettiva di alternativa sociale: l'unica che può assicurare un
futuro diverso non solo all'operaio, ma anche al piccolo borghese in via
di proletarizzazione. E' la risposta che chiede di fatto una
rivoluzione sociale: il rovesciamento della dittatura degli industriali e
dei banchieri a favore di un governo dei lavoratori e della maggioranza
della società. Questa prospettiva può marciare solo sulle gambe di una
ripresa generale del movimento di classe, di una rivolta del mondo del
lavoro. Non solo perchè solo la forza d'urto di milioni di lavoratori
dipendenti può rovesciare la forza del capitale. Ma perchè solo una
rivolta di milioni di lavoratori può polarizzare attorno a sé tutte le
domande delle masse oppresse, liberandole da demagoghi reazionari e
perditempo.
<br>
<br>Oggi più di ieri una svolta unitaria e radicale del movimento
operaio contro i sacrifici e il governo Monti, e contro ogni politica di
concertazione, diventa una necessità politica decisiva. Questa è la
necessità che porremo con forza in tutti gli appuntamenti di lotta della
prossima fase: a partire dallo sciopero del 27 Gennaio e dalla
manifestazione nazionale dell'11 Febbraio. </p>
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