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<h1 class="titolo_pagina_newsletter">UN MASSACRO CONSENTITO DALLA COMPLICITA' DELLE “OPPOSIZIONI”
<br></h1>
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<p class="testo_newsletter">(13 Agosto 2011)<br>
<br>Siamo di fronte alla più pesante manovra antipopolare del dopoguerra.
<br>
<br>L'ipocrita cortina fumogena di micromisure “anticasta”- che peraltro
risparmiano totalmente i privilegi veri dei piani alti istituzionali-
serve solo a mascherare il contenuto reale dell'operazione: la
distruzione dei servizi sociali sul territorio, la svendita di ciò che
rimane del patrimonio pubblico, gravissimi colpi su tredicesime ed età
pensionabile, e soprattutto l'estensione per legge del modello
Pomigliano-Mirafiori, sino alla “libera” derogabilità dello stesso
articolo 18. Il tutto per soddisfare i banchieri ed ingraziarsi la Fiat.
<br>
<br>E' nel suo insieme un infamia sociale.
<br>
<br>Ma se il governo più screditato e traballante riesce a varare la
rapina del secolo, lo si deve unicamente alla complicità delle
“opposizioni”( PD,UDC,IDV). Che dopo aver consentito in tre giorni il
varo della prima manovra, consentono oggi “responsabilmente” il suo
raddoppio : coprendo dietro una rosa di “emendamenti” la rinuncia ad
ogni ostruzionismo parlamentare. Berlusconi non a caso ringrazia: se non
mette la fiducia sulla manovra è perchè ha più fiducia nelle
“opposizioni” che nella sua maggioranza.
<br>
<br>A sinistra è l'ora delle scelte. Lo sciopero generale a settembre è
la prima necessità. Ma deve essere uno sciopero generale vero,
continuativo, capace di bloccare l'Italia, sino al ritiro della manovra.
Dichiarazioni di dissenso e pure denunce non servono a nulla. Ad una
offensiva mai vista prima deve corrispondere una risposta di massa
straordinaria. Se la CGIL non convocherà uno sciopero vero per non
rompere la vergognosa cordata con industriali , banchieri e PD, dovranno
essere la FIOM, la sinistra CGIL e tutto il sindacalismo di base ad
assumersi unitariamente la responsabilità di promuoverlo. Senza
incertezze.
<br>
<br>L'ora dei minuetti è finita per tutti.
<br> </p>
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<p class="firma_newsletter"><b style="color: rgb(204, 0, 0);">PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI </b><br></p><div class="colbox">
<h1 class="titolo_pagina_newsletter">SCONTRO FERRANDO-DE MITA DAVANTI AGLI OPERAI DELLA FIAT-IRISBUS DI AVELLINO </h1>
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<p class="data_notizia_newsletter">(14 Agosto 2011) </p>
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<p class="testo_newsletter">La Fiat IRISBUS di Avellino- con 700
dipendenti- è l'unica fabbrica in Italia che produce autobus. La Fiat
vuole cedere lo stabilimento ad un'azienda molisana, che non
garantirebbe la continuità del lavoro e dell'occupazione. I lavoratori
hanno immediatamente reagito all'annuncio aziendale iniziando una lotta a
oltranza con il presidio permanente, giorno e notte, dei cancelli della
fabbrica. Siamo ormai a 35 giorni di lotta operaia, che registra la
solidarietà attiva non solo delle famiglie dei lavoratori ma anche di
larga parte della popolazione irpina. E' infatti evidente che lo
smantellamento della presenza industriale della Iribus significherebbe
una retrocessione sociale pesantissima per l'intera provincia.
<br>
<br>La vicenda IRISBUS è al centro del dibattito politico locale. Tutti
i partiti avellinesi si presentano come difensori dei lavoratori e
della Irpinia in funzione dei propri interessi elettorali. In realtà il
loro intervento ha come unico scopo quello di tener buoni il più
possibile i lavoratori con promesse di “interventi parlamentari,
interpellanze, appelli alle autorità ecc.” Tutte promesse o iniziative
che lasciano il tempo che trovano. Tanto più a fronte dell'arroganza
della Fiat- che ha già deciso di concentrare in Cechia e in Francia la
produzione di Autobus- e di un governo che taglia i fondi per trasporti
locali e servizi, oltre a liberalizzare i licenziamenti. La nostra
sezione avellinese interviene controcorrente tra i lavoratori, con una
presenza frequente ai cancelli, portando le proposte del partito: a
partire da quella dell'occupazione degli stabilimenti. Una ipotesi di
lotta che incontra molto interesse tra i lavoratori, al punto che il
quotidiano Il Manifesto del 9/8 l'ha presentata come oggetto centrale di
discussione interna fra le maestranze.
<br>
<br>In questo contesto le rappresentanze di fabbrica hanno deciso di
promuovere per il 12/8 un'iniziativa pubblica davanti allo stabilimento,
invitando le direzioni sindacali, le autorità locali, i parlamentari
del territorio, i partiti, a sostegno della propria lotta. L'iniziativa
ha visto una massiccia presenza degli operai e delle loro famiglie che
hanno resistito per due ore sotto un sole cocente pur di ascoltare gli
interventi dal palco.
<br>Tra gli esponenti politici erano presenti Marco Ferrando, in
rappresentanza del PCL, Antonio Barbato, deputato dell'IDV, e
soprattutto Ciriaco De Mita, ex segretario nazionale della DC e
Presidente del Consiglio negli anni 80, oggi senatore della UDC, e
tuttora padre padrone dell'Irpinia.
<br>Il confronto reale è avvenuto tra De Mita e Ferrando, la cui
presenza combinata aveva già attratto la curiosità ( un po' ironica) di
Stampa e TV locali.
<br>
<br>De Mita si è presentato con un seguito di almeno 200 persone
osannanti, ed è stato annunciato dai sindacalisti locali della CISL come
l'unico possibile salvatore della fabbrica e dell'Irpinia. L'ex
Segretario DC ha svolto di fatto un intervento contro l'occupazione
della fabbrica. Tutta la sua argomentazione, classicamente
democristiana, ha elogiato la “virtù contadina della pacatezza”, il
primato della “ragione sulla intemperanza”, la “moderazione dei
sentimenti”. Concludendo che la soluzione possibile del contenzioso
andava affidata alla trattativa tra sindacati nazionali e governo, con
la mediazione..di De Mita. L'intervento è stato accolto da un tripudio
dei fans, ma anche da un silenzio perplesso di tanti lavoratori che si
attendevano risposte chiare.
<br>
<br>Marco Ferrando è intervenuto subito dopo De Mita svolgendo
un'argomentazione di segno opposto. Affermando che la “ragione” può
vincere solo quando è sorretta dalla forza di massa. Che la vicenda
recentissima di Fincantieri- con la protesta radicale di Castellamare e
di Genova- ha dimostrato che solo una ribellione radicale dei
lavoratori può costringere l'avversario a un passo indietro. Che questo è
tanto più vero nel quadro di una crisi sociale capitalistica acutissima
e in presenza di un governo nazionale particolarmente reazionario.
Concludendo che se i lavoratori dell'Iribus occupassero l'azienda,
questo fatto potrebbe rappresentare oltretutto un riferimento esemplare
per i lavoratori degli altri stabilimenti Fiat e delle altre centinaia
di aziende in lotta a difesa del lavoro.
<br>L'intervento è stato accolto da ripetuti applausi, da una
grandissima attenzione, da un diffuso riconoscimento, durante e dopo. A
partire naturalmente dai lavoratori della FIOM. Che hanno chiesto la
presenza del PCL davanti ai cancelli il 30 agosto.
<br>
<br>La Stampa e le televisione locali hanno dato molta attenzione
all'episodio. Il Mattino ha parlato dello scontro Ferrando-De Mita come
del confronto tra “il diavolo e l'acqua santa”. Non senza accusare il
PCL di voler “strumentalizzare la disperazione dei lavoratori”.
<br>
<br>L'episodio va contestualizzato. La vicenda Iribus è molto
complicata. Le direzioni sindacali nazionali sono di fatto assenti. La
RSU vede una maggioranza CISL, UIL, UGL, con la FIOM in minoranza. I
lavoratori hanno un'età media elevata, e la Fiat cerca anche per questo
di dividerli giocando la carta dei prepensionamenti. Ma al tempo stesso
c'è una tradizione di lotta dei lavoratori, che già nel 92 difesero la
fabbrica da un tentativo di chiusura: un fatto che è rimasto nella
memoria degli operai e che pesa nella lotta attuale. La determinazione
dei lavoratori a resistere sembra molto grande. Ma si scontra con
l'assenza drammatica di una direzione, sia locale che nazionale.
<br>
<br>La sezione avellinese del PCL si è guadagnata un piccolo patrimonio
di credibilità tra i lavoratori, grazie alla sua presenza ripetuta ai
cancelli. Ed oggi vede allargarsi il numero dei contatti e degli
interlocutori in fabbrica.
<br>Non c'è altra via per i rivoluzionari che continuare a fare
controcorrente il proprio dovere, nell'interesse del movimento operaio.
<br> </p>
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