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<h1 class="titolo_pagina_newsletter"><font color="#ff0000">Dalla parte della rivoluzione libica </font></h1></div>
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<p class="data_notizia_newsletter">(27 Febbraio 2011) </p></div>
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<p class="testo_newsletter">DALLA PARTE DELLA RIVOLUZIONE LIBICA. <br><strong>( comunisti e neostalinisti a confronto) </strong></p>
<p class="testo_newsletter"><strong>di Marco Ferrando (portavoce del Partito Comunista dei Lavoratori)<br></strong> <br> <br>Lo scenario della guerra civile in Libia, le ingerenze imperialiste, l'estrema incertezza informativa sui fatti in corso, sono diventati lo spunto d'occasione in alcuni ambienti della sinistra per mettere in discussione la stessa esistenza di una rivoluzione libica e abbellire la realtà del regime di Gheddafi. <br>
“ E' una guerra civile, non una rivolta, men che meno una rivoluzione”. “ E' stato tutto organizzato dall'imperialismo, non c'è nulla di spontaneo a differenza che in Tunisia e in Egitto” “Non vi sono rivendicazioni sociali nel movimento contro Gheddafi, ma solo politiche”. “Gheddafi ha retto un regime antimperialista, per questo si vuole cacciarlo”.” A Bengasi si sventola la bandiera della vecchia monarchia di re Idris, sarebbe questa la rivoluzione?”. E via dicendo... <br>
<br>Queste posizioni- espresse in forme diverse da ambienti della vecchia guardia del Il Manifesto, dall'area stalinista della Fed, e dalla Rete dei Comunisti- sono emblematiche della totale confusione di merito e di metodo presente nel bagaglio teorico della tradizione stalinista . E soprattutto dei risvolti politici controrivoluzionari di questo bagaglio. E' bene dunque provare a fare chiarezza. Tanto più in un momento storico in cui l' ascesa della rivoluzione araba scuote l'intero ordine internazionale e pone al movimento operaio e ai comunisti rivoluzionari una nuova frontiera di intervento politico e di battaglia strategica. ...</p>
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