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<DIV>Questo documento del Comitato antirazzista milanese, da un lato,
ripete l'ennesima storia di una lotta inquinata da recuperatori di ogni genere
(avviene infatti anche in fabbrica, nei territori, nelle mobilitazioni in
difesa dell'ambiente e della salute ecc), dall'altro, pone al centro della
discussione uno dei nodi più importanti e difficili (perché "la questione
immigrazione" può buttare anche in senso razzista ed autoritario) del farsi
della composizione politica di classe nell'era della bioeconomia.</DIV>
<DIV>Altri materiali di approfondimento sono disponibili sul sito <SPAN
sizcache="4" sizset="0"><A title=senzafrontiere
href="http://senzafrontiere.noblogs.org/"
rel=home>senzafrontiere</A> <A
href="http://senzafrontiere.noblogs.org/">http://senzafrontiere.noblogs.org/</A></SPAN></DIV>
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<DIV align=center><STRONG><FONT color=#ff0000 size=6>Sotto la Torre di Imbonati
per un mese</FONT></STRONG></DIV>
<DIV align=center><STRONG><FONT color=#ff0000
size=6></FONT></STRONG> </DIV>
<DIV align=center><STRONG><FONT color=#ff0000
size=6></FONT></STRONG> </DIV>
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<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm" align=center><FONT style="FONT-SIZE: 16pt"
size=4><B>Un primo bilancio</B></FONT></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm" align=center><STRONG></STRONG> </P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm" align=center><STRONG></STRONG> </P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm"><IMG border=0 hspace=0 alt="" align=baseline
src="cid:7D5FD1171A554A2F83EC71E37F87F566@usera92fc0f264"></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm"> </P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm"> </P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm"><BR> </P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm">Dopo oltre un mese di partecipazione alle attività
sotto la Torre di via Imbonati, tentiamo di tracciare un primo bilancio.</P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm">Lo facciamo senza soffermarsi su quanto tutti
hanno già potuto vedere: la lunga, persistente volontà, contro ogni avversità,
financo d'uno spietato gelo invernale, d'un folto gruppo di immigrati, di dare
un piano di consistenza, dall'alto di 40 metri di una torre, o dai suoi piedi,
alla propria protesta verso l'iniquità più palese d'una sanatoria-truffa. Lo
facciamo così, dunque, solo ricordandolo, ma considerando questo fatto,
l'insostituibile dato di partenza.</P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm">Lo facciamo guardando piuttosto a eventuali
limiti, errori, o debolezze, perché una prospettiva di comunanza d'intenti
genuinamente votata alla lotta contro ricatto e condizione di schiavitù,
richiede innanzitutto questo.</P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm">Lo facciamo così, dunque, perché ogni processo di
avanzamento di una lotta richiede anche di denunciare, senza mezzi termini, come
peraltro ha già palesemente fatto l'assemblea del presidio, l’inqualificabile
comportamento di chi, dal suo ambito, trovando spazio sui media e
autoproclamandosi “portavoce” del Comitato Immigrati, è rapidamente passato (se
non lo era sempre stato) dall'altra parte, lavorando costantemente per fiaccare
la resistenza, insinuare paura e rassegnazione, operare separazioni tra buoni e
cattivi, dando così una mano insostituibile alla repressione, che puntualmente
s'è presentata per riscuotere la sua sporca, mortifera parcella.</P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm"> </P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm"><BR></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm" align=center><B>Fin qui</B></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm" align=center><STRONG></STRONG> </P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm"><BR>Che la piazza fosse moderata nei contenuti e
nelle forme era evidente fin dall’inizio:<FONT color=#ff0000> </FONT>un
carattere spiccatamente filo-istituzionale di sinistra<FONT color=#ff0000>
</FONT>evocava tavoli permanenti di discussione con la prefettura, insieme con
associazioni, quali ARCI e ACLI, e sindacati Confederali, cui intendeva
consegnare la vertenza sulla sanatoria-truffa; una conduzione iper-legalista e
basata su continui appelli ad accettare 'ogni genere' di diktat della questura
in merito alla gestione della piazza determinava una separazione transennata tra
la torre e i presidianti, gli orari di chiusura delle serate, la selezione del
materiale da inviare sulla torre, fino alla censura sul materiale
propagandistico esposto.<FONT color=#ff0000><BR></FONT><BR></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm">Siamo convinti, tuttavia, d'avere fatto bene ad
esserne parte, a starci dentro fino in fondo. Abbiamo guardato al grido lanciato
nella pubblica piazza e al fatto che stava emergendo un raggruppamento di
sans-papiers che, attraverso il presidio permanente, aveva in ogni caso deciso
di alzare la testa; un raggruppamento mosso senz'altro dalla voglia di giustizia
per la truffa subita, ma anche, più in generale, dalla voglia di riscatto da
quella condizione sub-umana, cui la clandestinità forzata costringe.</P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm"><BR></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm">Fin dall'inizio, però, non solo la nostra
presenza, ma anche quella di svariati compagni intervenuti a sostenere il
presidio di notte e di giorno, è stata vissuta da alcuni tra i “portavoce del
comitato immigrati” (sottolineando “alcuni” perché altri, invece, proprio perché
hanno simpatizzato con noi, hanno avuto il medesimo trattamento di seguito
descritto) con evidente fastidio; un fastidio crescente quanto più, nelle
assemblee del presidio, si costruivano relazioni e sintonie verso una lotta più
decisa, autodeterminata e indipendente.</P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm"><BR></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm">Così, queste stesse “rappresentanze” hanno
ripetutamente innalzato fuochi di sbarramento ideologico verso molti, vuoi che
si trattasse di gruppi di studenti non sufficientemente 'allineati', come
occorso in un paio d'occasioni, vuoi che si trattasse d'altri. </P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm">Il gioco era attribuire, ad esempio, una 'natura
implicitamente violenta a chi, 'azzardava' semplicemente la proposta d'un
allargamento degli orizzonti della protesta, come ad esempio la denuncia del
carattere razzista e repressivo dei nuovi-lager di Stato; cioè, si badi, di
quegli stessi 'non-luoghi', i CIE, in cui, prima d'essere deportati nei loro
Paesi d'origine, erano appena stati rinchiusi dieci compagni che avevano preso
parte attiva proprio alla lotta di Brescia. </P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm">“Accuse” preventive (come sanno fare bene<FONT
color=#00ff00> </FONT>le polizie d'ogni tipo, di destra e di sinistra, e di
tutto il mondo...) e peraltro immotivate (se si pensa che nulla, ma proprio
nulla è accaduto...); ma “accuse” che configuravano bene, con sapienza d'anima
bella, l'arrovesciamento di pertinenza del carattere violento e, in definitiva,
delle sue origini: nel quadro che si dipingeva, a figurare violenti erano i
compagni che contestavano quei lager e che volevano diffondere conoscenza,
consapevolezza, e 'presa di parte' alle lotte che altri immigrati vi conducono
al loro interno...«<I>Non»</I> i lager stessi... </P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm">Il fatto che fosse già drammaticamente emersa, dal
seno stesso della lotta contro la sanatoria-truffa, la brutale realtà dei CIE,
non sfiorava nemmeno la mente di questi amanti, non già della non-violenza
attiva, che, scevra d'ogni ideologismo manicheo, ha pure una sua nobiltà e
altezza etica, ma del peggiore e più codino <I>legalismo statalista;
</I><I>questo sì</I><I>, davvero violento.</I></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm"><BR>Insomma, andavamo assistendo ad una sequenza
di episodi francamente preoccupanti, che dire disdicevoli sarebbe troppo poco,
cui sostanzialmente ci siamo opposti in maniera pacata, per evitare divisioni e
fratture premature e dannose; senza quindi sconfessare né attaccare nessuno, ma
solo insistendo sul merito e sul metodo, invitando tutti a riflettere
sull'indebolimento della lotta, cui tutto ciò avrebbe portato. </P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm"><BR></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm">La situazione è precipitata quando, in seguito al
previsto incontro in prefettura, una parte del Comitato Immigrati dichiarandosi
soddisfatta del risultato (in sintesi, il tavolo in quanto tale e le intese con
le varie associazioni di centro-sinistra), ha proposto la smobilitazione
completa, del presidio e della torre, per “continuare la battaglia sotto altre
forme, e in altri luoghi”; in poche parole: "è stato bello avervi qui in piazza,
ma adesso è meglio che ci pensiamo noi al vostro futuro!”.</P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm">La reazione della piazza è stata immediata e senza
appelli, sostenuta dagli occupanti della torre che, all’unisono, dichiaravano di
voler proseguire la lotta, perché il tavolo istituzionale era una magra
conquista (se non dannosa, aggiungemmo noi) e che le possibilità di arrivare ad
una soluzione concreta per gli immigrati truffati erano fumose, lontane nel
tempo e, soprattutto, non per tutti.</P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm"><BR>A quel punto una parte del Comitato Immigrati,
organizzata sostanzialmente nell’associazione “Todo cambia” (collegata
all’ARCI-Milano), decideva di abbandonare il presidio, arrivando a sottrargli
fisicamente parte dell’indispensabile infrastruttura, quali l’impianto, la
cucina, l’elenco dei contatti e, addirittura, parte della cassa di resistenza.
Sì, abbandonava il presidio, ma non rinunciava a continuare, per capannelli qua
e là, la sua opera di dissociazione, dissuasione sommersa, e denigrazione 'alle
spalle' di chi, in attesa che la torre, non altri, definisse il proprio limite
di resistenza fisica, s'era schierato per il proseguimento della lotta,
indipendentemente da quell'occupazione. Così, con 'scomuniche' interne al
Comitato Immigrati stesso, alcuni erano accusati di essere “agenti al servizio
dei provocatori del comitato antirazzista”, altri di “giocare sulla pelle di
coloro che stavano sulla torre, costringendoli a restarvi”, e si tentava di
spargere il credo che il semplice “continuare il presidio avrebbe significato
esporre gli immigrati alla repressione poliziesca”.</P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm"><BR></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm">Un atteggiamento inqualificabile, che non ha
impedito al resto del presidio di continuare a sostenere gli occupanti della
torre, nonostante fosse evidente che la spaccatura stava provocando dei
contraccolpi. Infatti, la sottrazione di forza numerica al presidio, rendeva,
almeno quantitativamente, più difficile il conseguimento dell'unico vero
obiettivo: la costruzione cioè d'un rapporto di forza, determinato, duraturo,
cosciente, indipendentemente dal mantenimento dell'occupazione della torre.
Così, indirettamente, gli occupanti della torre venivano spinti nel vicolo cieco
di pensare alla propria discesa solo con l’ottenimento di risultati concreti in
tema di permessi di soggiorno: ciò, senza rendersi conto che eventuali risultati
del genere avrebbero potuto essere solo il prodotto d'un movimento in fase
d'espansione, non di restringimento, e che i relativi tempi, in ogni caso,
sarebbero stati incompatibili con una tenuta ad oltranza sulla torre,
fisicamente insostenibile.</P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm"><BR></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm">Da quel momento s'è vissuta una sorta di stallo,
di attesa. Nessuno voleva mollare, ma non si sapeva bene quale mossa si potesse
fare per 'schiodare' la situazione. La stessa consegna delle pratiche dei
sans-papiers truffati, come previsto, non otteneva altro effetto, presso
questura e prefettura, se non quello d'un ulteriore perdita di tempo. </P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm">A sbloccare la situazione è stata la<FONT
color=#ff0000> </FONT>notizia del rigetto della sanatoria, da parte della
prefettura di Brescia, anche per l’ultimo dei sans-papier rimasto sulla torre;
questo ha fatto comprendere quasi a tutti - e qui sta un nodo irrisolto - che la
questura di Milano non ne avrebbe garantito in alcun modo la libertà.</P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm"><BR></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm">La decisione della piazza è stata, allora, quella
di produrre una “dichiarazione di discesa” contenente un bilancio dei risultati
raggiunti (seppure molto parziali), la pretesa di incolumità e libertà per
Abdel, e un appello per la continuazione e il rilancio della battaglia per un
permesso di soggiorno per tutti. Si riteneva inoltre necessario tenere una
trattativa direttamente in piazza, dopo una convocazione generale per le 18 di
giovedì 2 dicembre, e, in caso di esito negativo, di rinviare il momento della
discesa al giorno della manifestazione già convocata per sabato 4, con rapporti
di forza, quindi di pressione, più favorevoli.</P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm"><BR></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm">Questa possibilità però, in ragione proprio del
nodo irrisolto di cui s'è detto, è stata vanificata da un’accelerazione della
trattativa sotto la torre, che ha indotto gli occupanti a scendere non nelle
migliori condizioni di numero di presenze. Un'ingenuità, basata forse sul
pensiero di poter utilizzare le stesse modalità seguite da Amjad, che, colto da
malore, era sceso qualche giorno prima, e a cui, in ospedale, era stato
comunicato un semplice invito a presentarsi in questura. </P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm">Così, però, non è andata per Abdel, e si doveva
prevedere, per ogni circostanza intercorsa, o quanto meno per sana diffidenza,
che 'qualcuno' avrebbe voluto avere una qualche rivincita. Dunque, un errore
grave questo, cui non è seguita la prontezza, (altro errore, questo pienamente a
nostro demerito), di tentare il possibile, già all’ospedale Niguarda, per
evitare il suo trasbordo prima in questura, poi in Corelli.</P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm">Il resto è cronaca che tutti conoscono: il giudice
di pace ha confermato il trattenimento nel CIE, dopodiché Abdel è stato
trasferito nel CIE di Modena e infine rimpatriato in Marocco. Almeno una
riflessione, per imparare dagli errori, appare imperativa.</P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm"><BR></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm">In ogni caso, nonostante quanto accaduto, il
presidio di Imbonati non mostra di voler abbandonare il campo: una campagna per
il rientro di Abdel, insieme con quello di Mimmo e degli altri deportati, è già
stata annunciata a partire dalla manifestazione del 4 dicembre e dall’assemblea
del giorno successivo. Mentre nei giorni seguenti, e in particolar modo proprio
nella riunione di stasera, si è manifestata apertamente l’intenzione di dare
continuità all’azione e di far nascere il “comitato di lotta – Torre Imbonati”
</P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm"> </P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm"><BR> </P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm" align=center><B>D'ora in avanti</B></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm" align=center><STRONG></STRONG> </P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm"><BR></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm">L'assemblea tenutasi domenica 5 dicembre ha
avviato punti di riflessione sui quali tornare e dai quali, crediamo, non si
potrà prescindere oltre:</P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm"><BR></P>
<UL>
<LI>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm">La conduzione, caso per caso, di una battaglia
sulla questione immigrazione, favorisce illusioni e sconfitte. È l'intera
questione dei dispositivi del permesso di soggiorno connesso al lavoro, della
clandestinità, dei centri di identificazione ed espulsione, che va aggredita.
Ogni azione che si sceglie di portare avanti necessita della consapevolezza
che questa è un’esigenza ineludibile, pena la frammentazione e l’indebolimento
della lotta stessa.</P></LI></UL>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm"><BR></P>
<UL>
<LI>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm">Ciò che può valorizzare al meglio l'esperienza
di lotta fatta, è il fatto che non si perda il percorso di progressiva
chiarificazione interna fin qui avvenuto, si incentivi e approfondisca un
percorso d'autorganizzazione, ancora ai primissimi passi, si individuino le
modalità per la continuità dei rapporti intessuti sotto le tende e per la
prosecuzione della battaglia. A tale proposito la preparazione di nuove ondate
di protesta, attraverso l’estensione della campagna nei quartieri, sembra
essere un valido indirizzo di lavoro.</P></LI></UL>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm"><BR></P>
<UL>
<LI>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm">L'autorganizzazione e l'autonomia dei movimenti,
degli immigrati e non, non sono mai un dato acquisito per sempre. Si fondano
sulla capacità di individuare, di volta in volta, i loro nemici, le
rappresentanze che le attorniano, le blandiscono, le insidiano. Un compito
quotidiano. L’indipendenza dallo Stato, e da qualsivoglia mediatore più o meno
istituzionale, con tutto ciò che comporta in termini di pratica politica, è
prerogativa e condizione indispensabile per puntare ad un qualsiasi esito
positivo delle lotte intraprese.</P></LI></UL>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm"><BR></P>
<UL>
<LI>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm">L'idea di dare continuità a ciò che abbiamo
appena abbozzato e iniziato a chiamare 'Comitato della Torre', pone tuttavia
in prima evidenza la necessità che ciascuna delle componenti, a partire da
quelle più organizzate, accetti di mettere dietro le spalle la propria singola
rappresentazione, in favore dell'azione di lotta comune. In questo sta un'idea
critica della rappresentanza, rispondente ai principi d'autorganizzazione, in
base alla quale ogni eventuale, ipotetico, spiraglio di 'trattativa' potrebbe
essere utilizzato unicamente da 'avvocati' delegati ad informare il comitato
di lotta, non dal comitato stesso, tantomeno da singole sue
componenti.</P></LI></UL>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm"><BR></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm">Fare tesoro dell'esperienza, dare nuova linfa alla
battaglia.</P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm"><BR></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm"><BR></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm" align=right><STRONG>Comitato antirazzista
milanese</STRONG></P>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm" align=right>9 dicembre
2010</P></DIV></BODY></HTML>