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</FONT><A title=posta@gennarocarotenuto.it
href="mailto:posta@gennarocarotenuto.it"><FONT size=1>Gennaro
Carotenuto</FONT></A><FONT size=1> </FONT></DIV>
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size=2>Sul sito <SPAN style="LINE-HEIGHT: 23px; FONT-SIZE: 21px"
class=Apple-style-span><A style="COLOR: rgb(0,0,102); TEXT-DECORATION: none"
title="Permanent Link to INPS: sulle pensioni dei precari si rischia il sommovimento sociale. I giornali lo nascondono, Internet lo racconta"
href="http://www.gennarocarotenuto.it/14235-inps-sulle-pensioni-dei-precari-si-rischia-il-sommovimento-sociale-i-giornali-lo-nascondono-internet-lo-racconta/"
rel=bookmark>INPS: sulle pensioni dei precari si rischia il sommovimento
sociale. I giornali lo nascondono, Internet lo racconta</A></SPAN></FONT></H1>
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title="Permanent Link to Il Cile virtuale, il Cile reale e i suoi minatori"
href="http://www.gennarocarotenuto.it/14245-il-cile-virtuale-il-cile-reale-e-i-suoi-minatori/"
rel=bookmark><FONT size=6>Il Cile virtuale, il Cile reale e i suoi
minatori</FONT></A></H1>
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title="Salvador Allende con i minatori" border=0
alt="Salvador Allende con i minatori"
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<P style="MARGIN-TOP: 0px; MARGIN-BOTTOM: 15px"> </P>
<P style="MARGIN-TOP: 0px; MARGIN-BOTTOM: 15px"> </P>
<P style="MARGIN-TOP: 0px; MARGIN-BOTTOM: 15px">Che bel paese sarebbe il Cile se
anche domani continuasse a interessarsi alla sorte e ai diritti negati di tutti
i suoi minatori, anche dopo la fine del reality show mondiale del salvataggio
dei 33 minatori dalla miniera di rame di San José, in quel nord dove quello che
non è deserto è rame. Che meraviglia di paese sarebbe il Cile se quel tripudio
di bandiere e quella logorrea patriottica non fosse pura propaganda e non fosse
anche una macchina del “olvido”, una macchina per dimenticare la realtà.</P>
<P style="MARGIN-TOP: 0px; MARGIN-BOTTOM: 15px"><SPAN id=more-14245></SPAN></P>
<P style="MARGIN-TOP: 0px; MARGIN-BOTTOM: 15px">di <A
href="http://www.gennarocarotenuto.it">Gennaro Carotenuto</A></P>
<P style="MARGIN-TOP: 0px; MARGIN-BOTTOM: 15px">I minatori, ricordiamolo, sono
vivi per caso ma non sono rimasti vittime per caso. Il riscatto è stato un
dovere ineludibile e un dividendo politico per il governo nei giorni del
bicentenario. E in questa storia i concessionari (un eufemismo pinochetista che
nasconde la piena proprietà) della miniera restano sullo sfondo ma sono i
cattivi della pellicola e il governo, che capitalizza mediaticamente è loro
complice.</P>
<P style="MARGIN-TOP: 0px; MARGIN-BOTTOM: 15px">Bohn e Kemeny, prima di
dichiararsi falliti e quindi insolventi, sono stati sistematicamente e
criminalmente negligenti rispetto alla sicurezza dei minatori. Come praticamente
tutti i concessionari di miniere, anche Bohn e Kemeny sono colpevoli del "dolo
eventuale" di aver giocato con la vita dei minatori, pretendendo di arricchirsi
ancora di più, risparmiando sistematicamente sulla sicurezza di questi. Adesso
che celebriamo la salvezza dei minatori, possiamo dimenticare che solo a San
José ci sono stati 80 incidenti con morti e feriti in dieci anni senza che Bohn
e Kemeny, che molti descrivono “accecati dall’avidità”, investissero in
sicurezza? Possiamo dimenticare che il Cile, che i media descrivono come moderno
ed efficiente, resta un paese dove i Bohn e Kemenny sono sempre sicuri di
trovare dei disgraziati disposti a sfidare la sorte per 6-7 Euro al giorno,
sapendo di avere dalla loro parte leggi e governo?</P>
<P style="MARGIN-TOP: 0px; MARGIN-BOTTOM: 15px">Non possiamo dimenticare che il
Cile, dall’11 settembre 1973 in avanti, è l’allievo modello di quella
deregolamentazione radicale del mondo del lavoro chiamata neoliberismo, per la
quale minatori come quelli dei quali oggi tutto il mondo conosce i nomi e le
storie, ma che a malapena guadagnano tra i 2 e i 300 Euro al mese (altro
dettaglio sottaciuto), dovrebbero avere la forza di trattare e difendere la loro
sicurezza con squali che abitano a Seattle o a Montreal piuttosto che a Las
Condes o Vitacura, i quartieri per ricchi di Santiago.</P>
<P style="MARGIN-TOP: 0px; MARGIN-BOTTOM: 15px">La verità è che ancor di più
oggi, che è in vigore il trattato di libero commercio con gli Stati Uniti,
firmato dai governi di centro-sinistra della Concertazione, che stabilisce a
chiare lettere che il lucro viene prima della sicurezza e dell’equità, il
governo cileno, quantunque volesse, ha le mani legate per obbligare i
concessionari a garantire la sicurezza di quelle che sono e resteranno vite a
perdere.</P>
<P style="MARGIN-TOP: 0px; MARGIN-BOTTOM: 15px">In queste settimane abbiamo
visto il ridicolo ministro delle miniere Laurence Golborne piagnucolare
ripetutamente al bordo della miniera. Per quei piagnucolii è passato in due mesi
ad essere il più conosciuto di tutto l’esecutivo. Ma da domani il ministro
Golborne tornerà a fare quello che faceva prima: l’esecutore materiale degli
interessi delle concessionarie, schierato sistematicamente contro i minatori in
ogni singolo conflitto che si apre.</P>
<P style="MARGIN-TOP: 0px; MARGIN-BOTTOM: 15px">Che bel paese sarebbe il Cile se
invece “il rame fosse nostro” come è stato al tempo della Unidad Popular (nella
foto Salvador Allende con i minatori), l’unico momento nella storia del paese
nel quale i minatori hanno avuto diritto di parola sulla loro sicurezza e sul
loro lavoro. L’unico momento nel quale la ricchezza del rame non andava a
qualche multinazionale di rapina e i minatori guadagnavano salari dignitosi.</P>
<P style="MARGIN-TOP: 0px; MARGIN-BOTTOM: 15px">Non fu un caso, giova ricordarlo
agli avventizi dell’informazione che di questi dettagli mai si sono curati in
due mesi, che, dopo l’11 settembre, mentre il mondo al massimo guardava alla
Moneda in fiamme o allo Stadio nazionale trasformato in lager, Augusto Pinochet
incaricò il generale Sergio Arellano Stark di battere palmo a palmo le miniere
del nord del Cile. L’obbiettivo era rastrellare quei minatori che erano stati la
spina dorsale dell’Unidad Popular e che in quella militanza, sotto le bandiere
del Partito Socialista, di quello Comunista, del MIR, avevano trovato per la
prima volta nella storia dignità, sicurezza e rapporti di produzione non più
iniqui.</P>
<P style="MARGIN-TOP: 0px; MARGIN-BOTTOM: 15px">Era la “carovana della morte”.
Almeno duecento minatori, vittime di quei sinistri elicotteri che atterravano
all’improvviso nei villaggi artificiali dove ancora oggi solo agli ingegneri
stranieri è garantito un frammento di prato, mentre per i lavoratori cileni e le
loro famiglie ci sono solo sassi, ancora oggi sono desaparecidos.</P>
<P style="MARGIN-TOP: 0px; MARGIN-BOTTOM: 15px">Non è un caso che il principale
addebito di Henry Kissinger, l’eminenza grigia del golpe, a Salvador Allende
fosse stato proprio la nazionalizzazione del rame.</P>
<P style="MARGIN-TOP: 0px; MARGIN-BOTTOM: 15px">Certo, tutti i cileni si sono
sinceramente commossi, come il resto del mondo per la sorte di quei 33 piccoli
uomini che da secoli scendono nelle viscere della terra a tirar fuori la
principale ricchezza del paese che qualcuno altrove godrà. Un resto del mondo
che non sa trovare il deserto di Atacama su una cartina come non sa che deve
dire grazie a quei minatori ogni volta che alza il telefono e comunica con una
voce conosciuta all’altro capo di quel filo metallico. Ma nel mondo
videodiretto, centinaia di milioni di telespettatori sono ora autorizzati a
pensare, di “aver già dato” con la commozione per quei 33.</P>
<P style="MARGIN-TOP: 0px; MARGIN-BOTTOM: 15px">Certo, il paese, sotto gli occhi
del grande fratello mondiale, ha dato una gran prova di sé, orgoglio,
nazionalismo, (tardiva) efficienza. Oro, più che rame, per il presidente
Sebastián Piñera e il suo governo che, per una prova difficile ma allo stesso
tempo più limitata di quella di Silvio Berlusconi per il terremoto dell’Aquila,
ha trovato la più straordinaria “photo opportunity” che potesse immaginare.</P>
<P style="MARGIN-TOP: 0px; MARGIN-BOTTOM: 15px">Dalla notizia che i minatori
erano vivi, Piñera ha iniziato a bivaccare al bordo del pozzo, stringendo mani,
dispensando sorrisi e pacche sulle spalle, abbracciando uomini e donne con le
quali non avrebbe mai preso un caffé. Prima, nei lunghi giorni quando si pensava
che i minatori fossero morti, non si era mai fatto vedere. Dopo, con i
riflettori accesi, ha capitalizzato quindici punti di aumento di popolarità in
appena quindici giorni. Ha modulato le sue presenze e perfino programmato la
liberazione dei minatori in base al prime time televisivo e ai propri impegni
internazionali. Adesso il Cile tornerà nel cono d’ombra dell’informazione con i
suoi minatori umiliati e la sua corte dei miracoli. E ancora una volta la
televisione ci ha restituito un reality show per addormentare le coscienze.</P>
<P style="MARGIN-TOP: 0px; MARGIN-BOTTOM: 15px"> </P>
<P style="MARGIN-TOP: 0px; MARGIN-BOTTOM: 15px"><FONT size=3
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<P style="MARGIN-TOP: 0px; MARGIN-BOTTOM: 15px" class=postAuthorLink>Gennaro
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