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<META name=GENERATOR content="MSHTML 8.00.6001.18939">
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<BODY bgColor=#ffffff>
<DIV><FONT face="Microsoft Sans Serif">Ovviamente non condivido la prospettiva e
la proposta politica del vecchio leone della Cisl, e neanche dimentico il suo
ruolo chiave nella svendita della scala mobile. Però questo intervento contiene
interessanti spunti di analisi, al di là della rituale ripetizione di slogan,
anche da parte della Fiom e degli stessi movimenti che, giustamente, vogliono
fare dello sciopero del 16 ottobre e della manifestazione nazionale a Roma
un'opportunità di ricomposizione delle tante lotte e vertenze, il cui problema è
proprio l'incapacità - finora - di collegarsi, cumularsi, farsi massa
critica.</FONT></DIV>
<DIV><FONT face="Microsoft Sans Serif"></FONT> </DIV>
<DIV><FONT face="Microsoft Sans Serif">enrico</FONT></DIV>
<DIV><FONT face="Microsoft Sans Serif"></FONT> </DIV>
<DIV><FONT face="Microsoft Sans Serif"></FONT> </DIV>
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<DIV>
<TABLE cellSpacing=0 cellPadding=5 width="100%">
<TBODY>
<TR>
<TD>
<DIV><FONT face="Microsoft Sans Serif"><FONT class=link_tit color=#ff0000
size=6><STRONG>I diversivi di Marchionne</STRONG></FONT></FONT></DIV>
<DIV> </DIV>
<DIV><FONT face="Microsoft Sans Serif"></FONT> </DIV>
<DIV> </DIV>
<DIV> </DIV>
<DIV> </DIV></TD></TR>
<TR>
<TD><FONT class=testo_int face="Microsoft Sans Serif">Il vero problema del
supermanager non è la Fiom: è la Fiat, che in Italia non guadagna, e non
per colpa degli operai, ma perché non riesce a vendere abbastanza auto e
gli impianti lavorano al 30%, facendo salire i costi. I discorsi sulla
fine della lotta di classe sono solo chiacchiere estive</FONT></TD></TR>
<TBODY>
<TR>
<TD>
<P class=testo_sm_bold><FONT face="Microsoft Sans Serif"><STRONG>Pierre
Carniti</STRONG></FONT></P>
<P class=testo_sm_bold><STRONG><FONT
face="Microsoft Sans Serif"></FONT></STRONG> </P>
<P class=testo_sm_bold><STRONG><FONT
face="Microsoft Sans Serif"></FONT></STRONG> </P>
<P><FONT face="Microsoft Sans Serif"></FONT><SPAN class=testo>
<P style="LINE-HEIGHT: 150%; MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class=MsoNormal><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3><FONT
face="Microsoft Sans Serif">Se Marchionne avesse letto Gide, probabilmente
il suo discorso al convegno dei ciellini a Rimini sarebbe stato diverso.
Nel suo <I style="mso-bidi-font-style: normal">Diario</I> Gide sostiene
infatti che: “Non esistono problemi; ci sono soltanto soluzioni. Lo
spirito dell’uomo crea il problema dopo. Vede problemi dappertutto”. In
effetti, con l’ansia di enumerare i tanti problemi che lo affliggerebbero,
nel suo <I style="mso-bidi-font-style: normal">cahier de doléances</I>
Marchionne ha finito per inserire un po’ di tutto. Così, assieme a
considerazioni e principi ragionevoli che meriterebbero di essere
discussi, ha infilato anche parecchia paccottiglia propagandistica. Che se
è servita ad entusiasmare i partecipanti al convegno, a cui si sono
aggiunti i ministri Sacconi, Gelmini e la presidente della Confindustria
Marcegaglia, ha però finito per offuscare le questioni
vere.<o:p></o:p></FONT></FONT></SPAN></P>
<P style="LINE-HEIGHT: 150%; MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class=MsoNormal><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3><FONT
face="Microsoft Sans Serif"> <o:p></o:p></FONT></FONT></SPAN></P>
<P style="LINE-HEIGHT: 150%; MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class=MsoNormal><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3><FONT
face="Microsoft Sans Serif">I punti essenziali intorno ai quali si è
sviluppato il ragionamento dell’amministratore delegato della Fiat possono
essere sintetizzati in questo modo: <o:p></o:p></FONT></FONT></SPAN></P>
<P
style="LINE-HEIGHT: 150%; TEXT-INDENT: -18pt; MARGIN: 0cm 0cm 0pt 36pt; tab-stops: list 36.0pt; mso-list: l0 level1 lfo1"
class=MsoNormal><FONT face="Microsoft Sans Serif"><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3>1)</FONT><SPAN
style="FONT: 7pt 'Times New Roman'">
</SPAN></SPAN><SPAN style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3>le ragioni del
declino economico di un paese hanno a che fare con ciò che non si è voluto
o riusciti a trasformare e quindi con la cattiva abitudine di mantenere le
cose come stanno; <o:p></o:p></FONT></SPAN></FONT></P>
<P
style="LINE-HEIGHT: 150%; TEXT-INDENT: -18pt; MARGIN: 0cm 0cm 0pt 36pt; tab-stops: list 36.0pt; mso-list: l0 level1 lfo1"
class=MsoNormal><FONT face="Microsoft Sans Serif"><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3>2)</FONT><SPAN
style="FONT: 7pt 'Times New Roman'">
</SPAN></SPAN><SPAN style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3>malgrado
l’unica area del mondo nella quale la Fiat è in perdita sia proprio
l’Italia, Fiat è disposta ad investire 20 miliardi di euro nei prossimi
cinque anni, ma per realizzare il progetto è assolutamente indispensabile
colmare il divario competitivo che ci separa dagli altri paesi;
<o:p></o:p></FONT></SPAN></FONT></P>
<P
style="LINE-HEIGHT: 150%; TEXT-INDENT: -18pt; MARGIN: 0cm 0cm 0pt 36pt; tab-stops: list 36.0pt; mso-list: l0 level1 lfo1"
class=MsoNormal><FONT face="Microsoft Sans Serif"><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3>3)</FONT><SPAN
style="FONT: 7pt 'Times New Roman'">
</SPAN></SPAN><SPAN style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3>se si vuole
che la Fiat diventi competitiva è necessario che i lavoratori accettino
nuove regole di flessibilità in materia di orari, turni, struttura del
salario e della contrattazione; <o:p></o:p></FONT></SPAN></FONT></P>
<P
style="LINE-HEIGHT: 150%; TEXT-INDENT: -18pt; MARGIN: 0cm 0cm 0pt 36pt; tab-stops: list 36.0pt; mso-list: l0 level1 lfo1"
class=MsoNormal><FONT face="Microsoft Sans Serif"><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3>4)</FONT><SPAN
style="FONT: 7pt 'Times New Roman'">
</SPAN></SPAN><SPAN style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3>non è
possibile gettare le basi del domani continuando a pensare che ci sia una
lotta tra “capitale” e “lavoro”, tra “padroni” ed “operai”;
<o:p></o:p></FONT></SPAN></FONT></P>
<P
style="LINE-HEIGHT: 150%; TEXT-INDENT: -18pt; MARGIN: 0cm 0cm 0pt 36pt; tab-stops: list 36.0pt; mso-list: l0 level1 lfo1"
class=MsoNormal><FONT face="Microsoft Sans Serif"><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3>5)</FONT><SPAN
style="FONT: 7pt 'Times New Roman'">
</SPAN></SPAN><SPAN style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3>bisogna quindi
mettersi in testa che la lotta di classe è finita, perché non ci sono più
classi; <o:p></o:p></FONT></SPAN></FONT></P>
<P style="LINE-HEIGHT: 150%; MARGIN: 0cm 0cm 0pt 18pt"
class=MsoNormal><SPAN style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3><FONT
face="Microsoft Sans Serif">6) quello che ora serve è un grande sforzo
collettivo, un “nuovo patto sociale” per condividere impegni,
responsabilità e sacrifici e per dare al paese la possibilità di andare
avanti.<o:p></o:p></FONT></FONT></SPAN></P>
<P style="LINE-HEIGHT: 150%; MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class=MsoNormal><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3><FONT
face="Microsoft Sans Serif"> <o:p></o:p></FONT></FONT></SPAN></P>
<P style="LINE-HEIGHT: 150%; MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class=MsoNormal><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3><FONT
face="Microsoft Sans Serif">Marchionne non l’ha detto esplicitamente ma ha
lasciato largamente intendere, con i riferimenti all’accordo per
Pomigliano ed alla vicenda di Melfi, che sarebbe la Fiom la principale
responsabile del cattivo andamento della competitività e quindi dei conti
Fiat. Naturalmente si può avere un giudizio critico o anche negativo sulle
posizioni di volta in volta assunte dalla Fiom. Perché questo sindacato ha
spesso espresso convincimenti che possono essere giudicati eccessivamente
dogmatici, dottrinari, o rigidamente tradizionalisti. Tant’è vero che non
pochi anche in Cgil la pensano cosi. Tuttavia<SPAN
style="mso-spacerun: yes"> </SPAN>non è questo l’aspetto dirimente.
Sarebbe stato perciò assai più utile se anche Marchionne avesse
correttamente riconosciuto che non è il conflitto sindacale la radice dei
guai attuali della Fiat. Lo certificano, del resto, le statistiche delle
ore perse per scioperi. Comprese quelle che riguardano il gruppo
automobilistico. Il che, sia detto per inciso, non costituisce affatto una
conferma della vulgata secondo la quale la “lotta di classe” sarebbe ormai
del tutto anacronistica, per la buona ragione che le classi sarebbero
definitivamente scomparse. D’altra parte non la pensa in questo modo
nemmeno Warren Buffet (il terzo uomo più ricco al mondo) che, in una
intervista al The New York Times, ha detto tra l’altro: “Confermo, c’è
lotta di classe. Ma a fare la guerra è la mia classe, quella dei ricchi. E
la stiamo vincendo”. Proprio in considerazione di queste e di tante altre
ragioni è arduo ritenere che non ci siano più motivi di contrapposizione
tra “capitale” e “lavoro”. Oppure che saremmo “tutti sulla stessa barca”.
Tanto più che la retorica della “stessa barca” è clamorosamente e
quotidianamente contraddetta dai fatti. Basti pensare che l’amministratore
delegato della Fiat percepisce uno stipendio che è 435 volte quello di un
suo turnista. Il che fa ragionevolmente presumere che la loro barca non
sia propriamente la stessa. In presenza di simili differenze è quindi
difficile immaginare che i motivi di contrasto tra “capitale” e “lavoro”
siano d’incanto venuti meno. Al contrario, sembra più realistico supporre
che l’andamento delle diseguaglianze negli ultimi anni li abbia
addirittura accentuati.<o:p></o:p></FONT></FONT></SPAN></P>
<P style="LINE-HEIGHT: 150%; MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class=MsoNormal><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3><FONT
face="Microsoft Sans Serif"> <o:p></o:p></FONT></FONT></SPAN></P>
<P style="LINE-HEIGHT: 150%; MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class=MsoNormal><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3><FONT
face="Microsoft Sans Serif">In ogni caso, non sono queste le ragioni
principali a cui ora ricondurre le difficoltà economiche del gruppo Fiat.
E’ vero, in Italia la Fiat perde. Per la verità non solo in Italia. Anche
se Marchionne nella foga del discorso si è dimenticato di dirlo. Infatti
la Chrysler nel primo semestre del 2010 ha dichiarato un utile operativo
di 396 milioni di dollari ma a fronte di un debito contratto con il
governo americano ha pagato, nello stesso periodo, 591 milioni di dollari
di interessi. Quindi anche la “<I style="mso-bidi-font-style: normal">road
map</I>” della Chrysler è ancora tutta in salita. Torniamo però
all’Italia. <o:p></o:p></FONT></FONT></SPAN></P>
<P style="LINE-HEIGHT: 150%; MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class=MsoNormal><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3><FONT
face="Microsoft Sans Serif"> <o:p></o:p></FONT></FONT></SPAN></P>
<P style="LINE-HEIGHT: 150%; MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class=MsoNormal><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3><FONT
face="Microsoft Sans Serif">In Italia la Fiat perde, non però a motivo di
alcuni comportamenti sindacali che l’amministratore delegato della Fiat
può benissimo giudicare bizzarri ed anche inaccettabili. La ragione reale
delle perdite sta altrove. Essa va infatti innanzi tutto ricercata nella
scarsa utilizzazione degli impianti. Come ha ampiamente spiegato Massimo
Mucchetti (</FONT><A
href="http://www.corriere.it/economia/10_agosto_30/fabbrica-italia-le-due-incognite-di-marchionne_1eb6e28a-b400-11df-913c-00144f02aabe.shtml"
target=_blank><FONT face="Microsoft Sans Serif">sul <I>Corriere della
Sera</I></FONT></A><FONT face="Microsoft Sans Serif">) nel complesso
l’utilizzo degli impianti italiani si ferma ad un terzo della loro
capacità produttiva, mentre in Polonia ed in Brasile supera il novanta per
cento. Anche i non addetti ai lavori sanno bene che gli impianti non
utilizzati, anche quando sono almeno in parte ammortizzati, comportano
ingenti costi fissi e quindi un aumento dei costi per unità di prodotto.
Ed è questo il fatto che spiega il cattivo andamento del conto economico
del gruppo in Italia. <o:p></o:p></FONT></FONT></SPAN></P>
<P style="LINE-HEIGHT: 150%; MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class=MsoNormal><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3><FONT
face="Microsoft Sans Serif"> <o:p></o:p></FONT></FONT></SPAN></P>
<P style="LINE-HEIGHT: 150%; MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class=MsoNormal><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3><FONT
face="Microsoft Sans Serif">Ora, il punto da avere chiaro è che
l’insufficiente utilizzo degli impianti non dipende dai rigurgiti di
“lotta di classe”, avallati da chi guarderebbe con fiducia agli “anni
sessanta”. Deriva piuttosto dalla difficoltà a vendere le auto nonostante
gli incentivi. Nel 2010 ad incentivi finiti ed a causa<SPAN
style="mso-spacerun: yes"> </SPAN>della recessione che invece
perdura si vende ancora meno. E la Fiat si trova purtroppo a competere con
poche chance di vittoria. Pochi modelli davvero convincenti e dimensione
di gruppo insufficiente. Stretta tra il predominio tedesco-giapponese nei
segmenti “di qualità” e l’aggressività crescente degli emergenti asiatici
nel segmento a “basso costo”. Per di più, con il suo principale azionista
che ha da tempo deciso di non investire un euro nell’auto, non può neppure
contare (come avviene invece per francesi e tedeschi) su una presenza
importante di un “socio pubblico”. E’ quindi costretta a preferire perciò
gli Stati che regalano stabilimenti, soldi e condizioni di lavoro
particolarmente favorevoli. Come Serbia e Polonia. Questa è la ragione
vera delle sue scelte. Le altre sono solo
chiacchiere.<o:p></o:p></FONT></FONT></SPAN></P>
<P style="LINE-HEIGHT: 150%; MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class=MsoNormal><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3><FONT
face="Microsoft Sans Serif"> <o:p></o:p></FONT></FONT></SPAN></P>
<P style="LINE-HEIGHT: 150%; MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class=MsoNormal><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3><FONT
face="Microsoft Sans Serif">L’altra grande questione, tra quelle sollevate
da Marchionne, che merita una chiosa è<SPAN
style="mso-spacerun: yes"> </SPAN>il riferimento alla
globalizzazione ed alla esigenza di un nuovo “patto sociale”. Patto
sociale che non dovrebbe eludere il tema delle disuguaglianze sul quale
invece l’amministratore delegato della Fiat ha volutamente taciuto. A
proposito di globalizzazione dell’economia non si può non riconoscere che
essa comporta un trasferimento di risorse e di benessere dai paesi ricchi
a quelli in via di sviluppo ed in prospettiva (per ragioni che hanno a che
fare non solo con l’economia) anche ai paesi poveri. Naturalmente il
trasferimento può avvenire in vari modi. Il primo è l’immigrazione dalle
aree più povere del mondo a quelle più ricche. Il secondo è la
delocalizzazione delle attività produttive. Il terzo è connesso alla
dinamica sociale che inizia a manifestarsi anche nei paesi di nuovo
sviluppo con la rivendicazione di un maggiore riconoscimento dei diritti
del lavoro ed un accorciamento delle distanze dalle tutele sociali dei
paesi ricchi. Infatti persino in Cina, malgrado l’insufficiente rispetto
per le libertà ed i diritti umani, l’operaio incomincia finalmente ad
alzare la testa.<o:p></o:p></FONT></FONT></SPAN></P>
<P style="LINE-HEIGHT: 150%; MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class=MsoNormal><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3><FONT
face="Microsoft Sans Serif"> <o:p></o:p></FONT></FONT></SPAN></P>
<P style="LINE-HEIGHT: 150%; MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class=MsoNormal><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3><FONT
face="Microsoft Sans Serif">Si è quindi messo in moto un processo che
comporta e comporterà sempre di più un riassetto del benessere e delle
condizioni sociali a livello mondiale. Questo riassetto dovrebbe però
essere accompagnato (se si vogliono scongiurare intollerabili squilibri ed
una incontrollata esplosione di conflitti) dal proposito di tenere fermo
il riferimento all’eguaglianza ed alla libertà. Infatti il riassetto
sociale con cui siamo già alle prese è di proporzioni tali da mettere a
rischio (anche nei nostri paesi) questi due diritti su cui, bene o male,
si è costruita la civiltà occidentale. Perché può dare luogo a tentazioni
(sia a livello politico che di impresa) di scorciatoie autoritarie
nell’illusione che solo in questo modo sia possibile governare processi
sociali facendo pagare i costi dell’aggiustamento economico a chi sta in
basso nella scala sociale. <o:p></o:p></FONT></FONT></SPAN></P>
<P style="LINE-HEIGHT: 150%; MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class=MsoNormal><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3><FONT
face="Microsoft Sans Serif"> <o:p></o:p></FONT></FONT></SPAN></P>
<P style="LINE-HEIGHT: 150%; MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class=MsoNormal><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3><FONT
face="Microsoft Sans Serif">I due rischi sono particolarmente evidenti in
Italia. Per quanto riguarda la libertà, basterà infatti ricordare solo il
proposito del governo e della maggioranza (finito ora sul binario morto,
ma non ancora in disarmo) di introdurre una “legge bavaglio” per la
stampa. Mentre per quanto riguarda il peggioramento delle diseguaglianze
una ulteriore conferma è arrivata anche con la recente manovra correttiva
del bilancio pubblico. Manovra con cui si è deciso di fare pagare molto a
chi ha poco ed in compenso nulla a chi invece ha
tanto.<o:p></o:p></FONT></FONT></SPAN></P>
<P style="LINE-HEIGHT: 150%; MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class=MsoNormal><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3><FONT
face="Microsoft Sans Serif"> <o:p></o:p></FONT></FONT></SPAN></P>
<P style="LINE-HEIGHT: 150%; MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class=MsoNormal><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3><FONT
face="Microsoft Sans Serif">In queste condizioni un “nuovo patto sociale”
non può prescindere da due cardini essenziali. Il primo attiene al fatto
che il lavoro e quindi i lavoratori dipendenti non possono essere oggetto
del riassetto sociale che la nuova situazione esige senza esserne al tempo
stesso il principale soggetto. Il secondo comporta un riequilibrio nella
distribuzione del reddito. Negli ultimi quindici anni la quota di reddito
destinata a salari e pensioni è diminuita di dieci punti a vantaggio dei
profitti e delle rendite. I modi per affrontarlo possono essere diversi.
Quel che appare certo invece è che risulta assai improbabile immaginare un
riassetto sociale relegando questo tema tra le varie ed
eventuali.<o:p></o:p></FONT></FONT></SPAN></P>
<P style="LINE-HEIGHT: 150%; MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class=MsoNormal><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3><FONT
face="Microsoft Sans Serif">Il resto è solo diversivo, chiacchiera estiva,
che non modifica di una virgola la situazione italiana e le sue
prospettive. E, per quel che è dato di capire, nemmeno della
Fiat.</FONT></FONT></SPAN></P>
<P style="LINE-HEIGHT: 150%; MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class=MsoNormal><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT
face="Microsoft Sans Serif"></FONT></SPAN> </P>
<P style="LINE-HEIGHT: 150%; MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class=MsoNormal><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3><FONT
face="Microsoft Sans Serif"></FONT></FONT></SPAN> </P>
<P style="LINE-HEIGHT: 150%; MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class=MsoNormal><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=3><FONT
face="Microsoft Sans Serif"></FONT></FONT></SPAN> </P>
<P style="LINE-HEIGHT: 150%; MARGIN: 0cm 0cm 0pt" class=MsoNormal><SPAN
style="FONT-FAMILY: Arial"><FONT size=1
face="Microsoft Sans Serif"><o:p><A
href="http://www.eguaglianzaeliberta.it/articolo.asp?id=1272">http://www.eguaglianzaeliberta.it/articolo.asp?id=1272</A></o:p></FONT></SPAN></P>
<P><FONT
face="Microsoft Sans Serif"></FONT></P></SPAN></TD></TR></TBODY></TABLE></DIV></BODY></HTML>