<!DOCTYPE HTML PUBLIC "-//W3C//DTD HTML 4.0 Transitional//EN">
<HTML><HEAD>
<META content="text/html; charset=utf-8" http-equiv=Content-Type>
<META name=GENERATOR content="MSHTML 8.00.6001.18939">
<STYLE></STYLE>
</HEAD>
<BODY bgColor=#ffffff>
<DIV><FONT face="Times New Roman">Bello sì, in mancanza d'altro. Malgrado parli
di "legge e ordine" è una buona lettura.</FONT></DIV>
<DIV><FONT face="Times New Roman"></FONT> </DIV>
<DIV><FONT face="Times New Roman">e</FONT></DIV>
<DIV><FONT face="Times New Roman"></FONT> </DIV>
<DIV><FONT face="Times New Roman"></FONT> </DIV>
<DIV> </DIV>
<DIV style="FONT: 10pt arial"><FONT face="Times New Roman">----- Original
Message ----- </FONT>
<DIV style="BACKGROUND: #e4e4e4; font-color: black"><FONT
face="Times New Roman">From: </FONT><A title=nicola.vallinoto@gmail.com
href="mailto:nicola.vallinoto@gmail.com"><FONT face="Times New Roman">Nicola
Vallinoto</FONT></A><FONT face="Times New Roman"> </FONT></DIV>
<DIV><FONT face="Times New Roman">To: </FONT><A
title=Radical-europe@listes.agora.eu.org
href="mailto:Radical-europe@listes.agora.eu.org"><FONT
face="Times New Roman">radical-europe</FONT></A><FONT face="Times New Roman">
</FONT></DIV>
<DIV><FONT face="Times New Roman">Sent: Monday, August 30, 2010 11:36
PM</FONT></DIV>
<DIV><FONT face="Times New Roman">Subject: [Radical-europe] barbara spinelli: i
rom e l'europa</FONT></DIV></DIV>
<DIV><FONT face="Times New Roman"><BR></FONT></DIV><FONT
face="Times New Roman">un bell'articolo di Barbara Spinelli su i rom e
l'Europa.<BR><BR>nicola<BR><BR><BR>Zingari le radici dell'odio <BR><BR>E' utile
ricordare come fu possibile, appena sette-otto decenni fa, la distruzione degli
zingari nei campi tedeschi. Non fu un piano di sterminio accanitamente
premeditato, in origine non nacque nella mente di Hitler. Nel libro Mein Kampf
si parla di ebrei, non di zingari. La distruzione (in lingua rom Poràjmos, il
«grande divoramento») ha le sue radici nella volontà tenace, insistente, delle
campagne e delle periferie urbane tedesche: un fiume di ripugnanza possente,
antico, che la democrazia di Weimar non arginò ma assecondò. Chi ha visto il
film di Michael Haneke Il nastro bianco sa come prendono forma i furori che
accecano la mente, escludono il diverso, infine l'eliminano perché sia fatta
igiene nella famiglia, nel villaggio, nella nazione. Anche l'antisemitismo ha
radici simili, tutti i genocidi sono favoriti da silenziosi consensi. Ma l'odio
dei Rom e dei Sinti (zingari è dal secolo scorso nome spregiativo) riscuote
consensi particolarmente vasti. È un odio che ancor oggi s'esprime liberamente,
nessun vero tabù lo vieta: in parte perché è sepolto nelle cantine degli animi,
dove vive indisturbato; in parte perché è un'avversione non del tutto razziale;
in parte perché il loro genocidio non ha generato l'interdizione sacra tipica
del tabù. <BR><BR>A differenza di quello che accadde per gli ebrei, nel
dopoguerra non si innalzò in Europa una diga fatta di vergogna di sé, di memoria
che sta all'erta. Si cominciò a parlare tardi degli zingari, i libri che narrano
la loro sorte sono sufficienti ma non molti. E' strano come Sarkozy, figlio di
un ungherese, non abbia ricordo, quando decide l'espulsione dei rom, di quel che
essi patirono in Europa orientale. È strano che non ricordi quel che patiscono
ancor oggi nei Paesi da cui fuggono, perché l'Est europeo è uscito dalle
dittature denunciando il totalitarismo comunista ma non i nazionalismi etnici,
non l'ideologia che mette il cittadino purosangue al di sopra della persona: in
Romania, Bulgaria, Ungheria, i rom sono trattati, nonostante il genocidio, come
sotto-persone. Rimpatriarli spesso è condannarli ancor più. È anche
un'ipocrisia, perché come cittadini europei i rom possono tornare in Francia o
Italia senza visti. Spesso vengono chiamati romeni. Sarebbe bene sapere che i
Rom sono detestati dalla maggioranza dei Romeni. Ovunque, la crisi economica li
trasforma in capri espiatori. Il più delle volte non è la razza a svegliare
esecrazione. È il modo di vivere itinerante. L'Unione, allargandosi nel 2004 e
2007, ha accolto anche questa comunità speciale, per vocazione non sedentaria,
originaria dell'India, insediatasi nel nostro continente cinque-sei secoli fa,
ripetutamente perseguitata. <BR><BR>Una direttiva europea restringe la libera
circolazione se l'ordine pubblico è turbato, ma la direttiva vale per i singoli
e comunque decadrà nel dicembre 2013. Non è chiaro chi oggi abbia ricominciato
questa storia di esclusioni, di muri che separando i nomadi dal cittadino
«normale» impedisce loro di divenire sedentari se vogliono, di trovar lavori, di
non cadere nelle mani di mafie. È probabile che Berlusconi e Bossi abbiano
svolto un ruolo d'avanguardia: un ruolo di «modello per l'Europa», ha detto
monsignor Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes della Cei (La
Stampa, 22 agosto). Molti governi dell'Est si sono sentiti legittimati
dall'Italia, Paese fondatore dell'Unione. Ora Sarkozy si fa megafono del fiume
d'esecrazione. La parola che ha ripetuto più volte, parlando di immigrati, di
rom e di delinquenza a Grenoble, era «guerra». Nello stesso discorso, il
Presidente ha annunciato che il cittadino di origine straniera colpevole di
delitti perderà la nazionalità francese (la parola décheance, revoca, rimanda a
déchet, pattume). La democrazia non ci protegge da simili deviazioni, proprio
perché la volontà del popolo è il suo cardine. Giuliano Amato lo spiega bene, in
un articolo sul Sole-24 Ore del 22 agosto: ci sono momenti, e la crisi economica
è uno di questi, in cui può crearsi un conflitto mortale fra i due imperativi
democratici che sono l'esigenza del consenso e quella di preservare la propria
civiltà. <BR><BR>Il leader democratico ansioso di raccogliere immediati consensi
vince forse alle urne, ma non salva necessariamente la civiltà («Non a caso
nell'assetto istituzionale delle democrazie si distingue fra istituzioni
maggioritarie elettive, nelle quali prevalgono le ragioni del consenso, e
istituzioni non maggioritarie di garanzia, in primo luogo le corti, nelle quali
dovrebbero prevalere le ragioni della civiltà codificate proprio in quei diritti
a cui le maggioranze sono meno sensibili»). Sono rari, nei moderni
Stati-nazione, i leader che sappiano tener conto di ambedue gli imperativi, e
nei momenti critici anteporre le esigenze della civiltà a quelle del consenso.
Quando Obama si dichiara non contrario alla costruzione di una moschea nei
pressi di Ground Zero difende la costituzione laica e la storia americana lunga,
non la storia tra un sondaggio e l'altro. Il consenso sente di doverselo creare
a partire da qui, sapendo che può anche perderlo. In genere, quando i governanti
esaltano ogni minuto la sovranità e le emozioni del popolo non è il popolo a
governare: sono le oligarchie, i poteri segreti, le mafie. Anche la nostra
Costituzione ha lo sguardo lungo, e non a caso dà la preminenza alla persona,
più ancora che al cittadino. Tutti gli articoli che concernono i diritti
fondamentali (libertà, divieto della violenza, inviolabilità del domicilio,
responsabilità penale, diritto alla salute) parlano non di cittadini ma di
persone o individui, e precedono la Costituzione stessa. <BR><BR>Il nomadismo è
una forma di vita che tende a scomparire, ma resta una forma della vita umana.
Il non aver fissa dimora, il vivere in roulotte, il muoversi in carovane («in
orde», era scritto nei decreti d'espulsione ai tempi di Weimar e di Hitler):
tutto ciò è parte della cultura dei Rom e Sinti. Lo è anche la scelta di
adottare la religione dei Paesi in cui vivono: è l'integrazione che prediligono
da secoli. Come tutti i cittadini anch'essi delinquono, specie se vessati. I più
sono cittadini plurisecolari dei Paesi in cui girovagano o si sedentarizzano. Da
noi, l'80 per cento dei Rom sono italiani. Non sono mancate le proteste contro
la politica francese (700 rimpatri entro settembre): nell'Onu, nell'Unione
europea. Hanno protestato anche importanti leader della destra: primo fra tutti
Dominique de Villepin, secondo cui oggi esiste sulla bandiera una «macchia di
vergogna». Resta tuttavia il fatto che i Rom non hanno un Elie Wiesel, che in
loro nome trasformi il divieto di odio in tabù. Possono contare solo sulla
Chiesa, memore della parabola del Samaritano e della storia d'Europa. L'Europa e
le costituzioni postbelliche sono state escogitate per evitare simili ricadute,
sempre possibili quando il nazionalismo etnico di tipo ottocentesco riprende il
sopravvento. Le strutture imperiali erano più propizie alla diversità, e il
compito di uscire dalle gabbie etniche e restaurare autorità superiori a quelle
degli Stati sovrani spetta al potere superiore che in tanti ambiti giuridici
oggi s'incarna nell'Unione. <BR><BR>È l'Europa che deve ripensare lo statuto dei
Rom: permettendo loro di continuare a viaggiare, di trovar lavoro, di difendersi
dalle mafie, di rispettare la legge e l'ordine. Nel quindicesimo secolo, quando
migrarono in Europa, gli zingari avevano una protezione-salvacondotto
universale, non nazionale o locale: la protezione del Papa e quella
dell'Imperatore. Solo una protezione di natura universale può garantire «le
legittime diversità umane» cui ha accennato Benedetto XVI nell'Angelus
pronunciato in francese il 22 agosto. Oggi i Rom hanno la protezione del Papa.
Quella dell'Imperatore (della politica) è crudelmente latitante. <BR><BR>BARBARA
SPINELLI </FONT>
<P></P><FONT face="Times New Roman"><BR></FONT></BODY></HTML>