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<DIV>Per favore, risparmiatemi la valanga di contumelie su Sofri: le farei
anch'io e lo ritengo un personaggio a dir poco squallido. Non pretendiamo dunque
che declami "chiamiamo comunismo una società senza galere" e via di questo
passo. Ciononostante è da sempre un artista della parola, scritta e orale.
La sua descrizione mi sembra molto efficace. Anche i pezzi linkati non sono
male.</DIV>
<DIV>Ho preso spunto dal messaggio di Laboratorio Eudemonia, ma qui l'intervista
è integrale e non ci sono le strambe analisi e proposte dei sostenitori
dell'«Armonica Rotazione Sociale».</DIV>
<DIV> </DIV>
<DIV>e</DIV>
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<H2><FONT color=#ff0000>Carceri, è tortura di Stato</FONT></H2><FONT
color=#ff0000></FONT></DIV>
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<H2><BR></H2><!-- fine TITOLO --><!-- inizio FIRMA --><EM class=em1>di Tommaso
Cerno</EM><!-- fine FIRMA --> <!-- inizio SOMMARIO -->
<P class=p1>Immaginate di passare ogni giorno in una cella di due metri a
quaranta gradi. In piedi o sdraiati su una gommapiuma impregnata dal sudore
altrui. Questa è tortura vera, non metaforica. La denuncia di Adriano Sofri</P><!-- fine SOMMARIO --><!-- inizio TESTO --><SPAN>(21 luglio
2010)</SPAN>
<DIV class=article sizset="90" sizcache="29"><SPAN style="WIDTH: 214px"
class=cont_img><IMG class=img1 alt=""
src="http://data.kataweb.it/kpmimages/kpm3/eol/eol2/2010/07/20/jpg_2131070.jpg"
width=201> </SPAN>Carceri sovraffollate. Celle anguste. Caldo. Niente acqua.
Niente aria. Un'estate torrida che spinge a violenze e autolesionismo. Fino al
suicidio in cella di chi è così disperato da non voler più vivere. L'allarme che
"L'espresso" aveva lanciato <A
href="http://espresso.repubblica.it/dettaglio/bomba-carceri/2124777">qualche
mese fa</A>, denunciando il limite di capienza ormai sforato degli istituti
penitenziari italiani, diventa cronaca quotidiana di morte nelle galere. E la
ragione è un sistema detentivo ai limiti dell'umano, che <STRONG>Adriano
Sofri</STRONG> equipara a «una tortura di Stato».<BR><BR><STRONG>Cosa significa
davvero trascorrere in carcere un'estate come questa?</STRONG><BR>«Per capirlo
basta pensare a cosa significhi questo caldo torrido per una persona libera.
Chiunque soffre a queste temperature la mancanza d'aria fresca, ha difficoltà a
muoversi, a spostarsi e a dormire. Se trasferiamo queste sofferenze in una cella
dove lo spazio è di due metri quadrati è facile immaginare cosa succede dentro
le prigioni. E' come passare l'estate su un autobus nell'ora di punta. Puoi al
massimo sederti, ma non sempre è possibile, perché non c'è lo spazio. Puoi stare
in piedi per ore, oppure sdraiato su una squallida branda, a giacere su
materassi vecchi, impropriamente chiamati di gommapiuma e imbevuti del sudore di
generazioni di detenuti che ci marciscono sopra. Ogni ora, ogni giorno».
<BR><BR><STRONG>E la notte?</STRONG><BR>«Le celle vengono chiuse il più delle
volte alle 18, oppure alle 20, e restano chiuse da quell'ora fino al mattino
successivo. Le finestre hanno normalmente tre file di ferro: una grata, una fila
di sbarre e una seconda di sbarre meno fitte. A certe ore il sole batte dritto
su quell'ammasso di ferro che fa da coperchio e trasforma la cella in una
triplice graticola che agisce come uno strumento di tortura sui detenuti stipati
all'interno. E' lo strumento che rese celebre San Lorenzo. Sono dei forni veri e
propri e all'interno ci sono persone che non possono fare nulla, se non stare
immobili, giacere ed attendere che prima o poi l'agonia finisca». <SPAN
class=adv>
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</SPAN><BR><BR><STRONG sizset="91" sizcache="29">E' per questo che <A
href="http://espresso.repubblica.it/dettaglio/morire-in-carcere/2131063">violenze
e suicidi aumentano</A>?</STRONG><BR>«Sì. Le violenze e anche l'autolesionismo
grave. Ci sono detenuti che si riducono a brandelli perché sperano di essere
portati in infermeria, di poter prendere degli antidolorifici o dei farmaci, o
anche solo sperano di poter fumare una sigaretta». <BR><STRONG><BR>Nei primi sei
mesi di quest'anno 37 detenuti si sono tolti la vita in
cella.</STRONG><BR>«Secondo me la domanda che dovremo farci, in queste
condizioni, non è perché ci si suicidi così tanto, ma piuttosto perché ci si
suicidi ancora così poco, visto che le carceri sono strutture che non portano
affatto alla rieducazione, ma piuttosto istigano a farla finita, all'incubo
ottocentesco di essere sepolti vivi. Spesso manca anche l'acqua per lavarsi la
faccia e quella dei rubinetti non è potabile. Dovrebbero essere distribuite
bottiglie d'acqua a basso costo, che il carcere spesso invece non distribuisce».
<BR><STRONG><BR>Perché lo Stato non interviene?</STRONG><BR>«La realtà è che
nelle carceri italiane c'è la tortura. Non in senso generico o metaforico,
proprio in senso tecnico. Queste condizioni, anche senza botte o provocazioni
volontarie, si configura come una tortura di Stato. Per cui, se esiste un
torturato esiste anche un torturatore. Non parlo degli agenti penitenziari che
sono a loro volta, in senso lato, dei semi-detenuti, ma delle autorità che hanno
a che fare con questo sistema. Gente che per cattiveria, imbecillità o peggio fa
leggi che spediscono in carcere persone che non ci dovrebbero andare. E che non
prende alcuna misura per evitare la situazione tragica a cui le condanna».
<BR><STRONG><BR>I magistrati potrebbero fare qualcosa?</STRONG><BR>«I
magistrati, quando non hanno una vocazione almeno iniziale a occuparsi delle
carceri credendoci davvero (e sono la minoranza, molti più fra le donne), sono
persone che cercano di smaltire con il minimo danno la gestione di una
discarica, a loro affidata, con istruzioni che dicono di fare il meno possibile
e di girarsi dall'altra parte. Spesso quello che sentenziano è un voto a fine
scrutinio: 10, oppure 18. Ma nessuno pensa che quel 10 significa 10 anni
moltiplicati per 365 giorni e ancora per 24 ore, per due metri quadrati e per
tre file di sbarre. Su questo i magistrati sembrano non porsi nemmeno il
problema».</DIV>
<DIV class=article sizset="90" sizcache="29"> </DIV>
<DIV class=article sizset="90" sizcache="29"><STRONG>Pensa che dieci giorni di
carcere per tutti i parlamentari potrebbero servire a sensibilizzare la politica
sul problema?<BR></STRONG>«Temo di no. Credo che avvocati e magistrati si
avvantaggerebbero molto da un'esperienza di vita diurna e notturna nelle
carceri, piuttosto. Potrebbe servire, per capire bene di che realtà stiamo
parlando, passare 24 ore in cella. Per i politici è diverso. Molti parlamentari
sono stati in carcere per scontare delle pene. E quando sono usciti hanno sempre
fatto mille dichiarazioni di intenti, dicendo che il tunisino gli faceva bene il
caffè e promettendo attenzione perché la galera aveva cambiato per sempre la
loro vita. Eppure solo l'1 per cento ha fatto qualcosa, gli altri nulla. E anche
quelli che adesso torneranno in galera, non faranno altro che occupare due metri
quadrati di spazio, sottraendoli agli altri detenuti. Anzi, trattandosi di loro
saranno certamente più di due metri. E le cose non cambieranno nemmeno
stavolta».</DIV>
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<DIV class=article sizset="90" sizcache="29"><A
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