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<BODY background="" bgColor=#ffffff>
<DIV><FONT size=2 face="Microsoft Sans Serif">Una ricostruzione al contempo
agile e minuziosa. Personalmente, attribuirei più importanza al ruolo dei
servizi di tutto il mondo che alla presenza di Fini e Castelli in cabina di
regia. Incidentalmente ricordo che il famigerato Gruppo Operativo Mobile
(G.O.M.) della polizia penitenziaria deve molto a Oliviero Diliberto che nel
febbraio del ‘99 firmò come Guardasigilli il decreto che ne regolamentava
l’istituzione e ne stabiliva le funzioni, il personale, i mezzi e le
attrezzature tecnico-logistiche. E come nel marzo, sempre del 2001, il governo
di centro-sinistra non si tirò certo indietro da una selvaggia repressione dei
manifestanti contro il Global Forum sull' e-government a Napoli.</FONT></DIV>
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<DIV><FONT size=2 face="Microsoft Sans Serif"><FONT size=1>----- Original
Message ----- <BR>From: </FONT><A
href="mailto:circ.pro.g.landonio@tiscali.it"><FONT
size=1>circ.pro.g.landonio@tiscali.it</FONT></A><FONT size=1>
<BR><BR>CIRCOLO DI INIZIATIVA PROLETARIA GIANCARLO LANDONIO<BR><BR><BR>VIA
STOPPANI,15 -21052 BUSTO ARSIZIO –VA- <BR>(Quart. Sant’Anna dietro la piazza
principale) <BR><BR>---------------------------- Archivio giornali murali
affissi e diffusi in alcune realtà proletarie della prov. di
Varese...</FONT></FONT></DIV>
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size=1></FONT></FONT> </DIV>
<DIV><FONT size=2 face="Microsoft Sans Serif"><FONT size=1></FONT> </DIV>
<DIV><BR><BR><BR><BR><FONT color=#ff0000 size=4><STRONG>Una marea di giovani, di
donne di ogni età, manifesta a Genova contro il G-8.(luglio
2001)</STRONG></FONT><BR></DIV></FONT>
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face="Times New Roman"></FONT></FONT> </DIV>
<DIV><FONT size=2 face="Microsoft Sans Serif"><FONT size=3
face="Times New Roman"></FONT> </DIV>
<DIV><BR>Le "forze dell'ordine" rovesciano sulla folla tonnellate di
lacrimogeni; travolgono i manifestanti coi blindati; massacrano chiunque capiti
a loro tiro; sparano a bruciapelo contro chi reagisce alla loro
violenza.<BR>Onore a Carletto Giuliani!<BR>La carneficina alla scuola "Diaz", i
pestaggi alla caserma "Bolzaneto", tutti gli atti di furore poliziesco contro
persone inermi, pacifisti o semplici passanti, attestano, al di là di ogni
eccesso e brutalità, che la "metodologia di potere" è il "militarismo
annientatore", poggiante sulla forza dei reparti armati e sulla negazione di
ogni "diritto personale". Questo tipo di militarismo supera la violenza del
fascismo. <BR></DIV></FONT>
<DIV><FONT size=2 face="Microsoft Sans Serif"></FONT> </DIV>
<DIV><FONT size=2 face="Microsoft Sans Serif"><STRONG>La "marea" di
manifestanti</STRONG></FONT></DIV><STRONG></STRONG>
<DIV><BR><FONT size=2 face="Microsoft Sans Serif">L'aspetto più importante delle
giornate di luglio che va messo in primo piano è l'enorme massa di manifestanti
affluita nella città ligure. Non abbiamo una cifra precisa della quantità di
giovani e giovanissimi, di donne di ogni età, di lavoratori e studenti, presenti
nel corteo di sabato 21. Possiamo calcolarla, con sufficiente approssimazione,
in 250.000-300.000. Si tratta di una massa immensa, che nessuno si aspettava;
basta pensare che l'auspicio massimo del G.S.F. (Genoa Social Forum) era alla
vigilia: "saremo in centomila". Questa marea di manifestanti pone di per sè un
interrogativo. Cosa ha spinto tanti ragazzi e ragazze a mobilitarsi contro il
G-8, affrontando disagi prevedibili e controlli senza fine? Ci vorrà del tempo
per capire meglio questa mobilitazione; ma ne possiamo individuare fin d'ora le
ragioni e le molle. La prima è questa. Senza sottovalutare l'effetto
mobilitativo che ha avuto l'indignazione giovanile per l'uccisione di Carletto e
le cariche assassine delle forze dell'ordine, la marea di manifestanti è
un'espressione particolare di quel terremoto sociale (da noi analizzato al 28º
Congresso del 3-4/10/1998, ved. Suppl. 16/10/98) che scuote il mondo intero e
che rappresenta l'emergenza delle emergenze di fine secolo (ved. Suppl. 1/2/99)
e di inizio secolo. A Genova sono giunte, da ogni località italiana europea ed
extra, centinaia di migliaia di giovani e giovanissimi in quanto sulle nuove
generazioni si abbatte in particolar modo il peso schiacciante della crisi
generale del sistema capitalistico. La seconda ragione o molla, che agisce da
fattore specifico della protesta antiliberista, risiede nell'inasprimento delle
rivalità interimperialistiche, che spinge una parte crescente di europei a
schierarsi contro gli americani. La protesta montante contro il capofila dei
paesi imperialistici (gli USA) trae origine e/o alimento dal ribollire di tali
rivalità. Queste le ragioni di fondo della protesta internazionale
anti-globalizzazione. L'immenso corteo di Genova, che ha riscosso la piena
solidarietà locale (la gente applaudiva dai balconi e offriva acqua per
rinfrescarsi), è quindi il risultato combinato di queste due ragioni di
fondo.<BR></FONT></DIV>
<DIV><FONT size=2 face="Microsoft Sans Serif"></FONT> </DIV>
<DIV><STRONG><FONT size=2 face="Microsoft Sans Serif">Il coraggio spontaneo dei
manifestanti di fronte ai dispositivi di sicurezza e alle cariche della
polizia</FONT></STRONG></DIV><STRONG></STRONG>
<DIV><BR><FONT size=2 face="Microsoft Sans Serif">Il secondo aspetto che va
messo in luce è il coraggio spontaneo dei manifestanti attaccati dalle forze
dell'ordine. Bisogna rilevare che a Genova hanno operato in assetto militare
tutti i dispositivi di sicurezza del moderno Stato imperialistico. La zona rossa
è rimasta sotto il totale controllo dei reparti militari speciali e dei servizi
di sicurezza, italiani, americani, ecc. In questa zona non si è mossa una mosca
ma se si fosse mossa sarebbe stata fulminata. La gestione militare di questa
zona è un capitolo da scrivere nell'analisi delle strategie e tecniche
controrivoluzionarie moderne dei briganti imperialistici. La zona gialla è stata
affidata al controllo dei reparti speciali di polizia. Sono stati impiegati
19.000 uomini in divisa: 3.500 carabinieri, sostituiti sabato in prima linea dai
finanzieri scelti; 15.000 poliziotti; reparti di picchiatori delle carceri (140
dei 600 superagenti del GOM impiegati contro i detenuti in rivolta); squadre di
incursori dello Sco (Servizio Centrale Operativo anticriminalità organizzata)
più guardie forestali. Tutti questi reparti si sono avvalsi, a parte l'alto
numero di infiltrati con compiti sporchi (un altro capitolo da scrivere), di
nuove dotazioni anti-guerriglia, come i blindati agili, e di un parco di
elicotteri il cui rombare assordante sulla testa dei manifestanti è ancora negli
orecchi di tutti. Questo il dispositivo messo in campo contro manifestanti
pacifici. Il 20, quando il corteo delle tute bianche partito dallo stadio
Carlini giunge nelle vicinanze di via Torino, viene coperto di lacrimogeni dalla
polizia. Il corteo, cui partecipano circa 15.000 persone, è pacifico. I
partecipanti portano solo gli scudi simbolici, caschi e giubbotti, ma non hanno
né aste né bastoni. La polizia inizia le cariche e il corteo si spezza. Entrano
in azione i blindati che cercano di travolgere i manifestanti o di schiacciarli
ai muri. Da come agiscono si capisce che le forze dell'ordine mirano al
massacro. Ma i manifestanti reagiscono. I più giovani rispondono ai carabinieri
e ai poliziotti trasformando quello che trovano a portata di mano in sassaiola o
in strumento di difesa. Improvvisano barricate e rispondono colpo su colpo con
coraggio impressionante. Per diverse ore, finché non ripiegano, tengono testa
alle forze dell'ordine. È grazie a questo coraggio spontaneo che si spunta
l'attacco delle forze dell'ordine. Quindi dalla maretta degli scontri emerge
l'onda di giovani e giovanissimi con la quale ormai ogni potere statale e ogni
forza politica anti-statale deve fare i conti.<BR></FONT></DIV>
<DIV><FONT size=2 face="Microsoft Sans Serif"></FONT> </DIV>
<DIV><BR><STRONG><FONT size=2 face="Microsoft Sans Serif">L'uccisione di
Carletto Giuliani</FONT></STRONG></DIV><STRONG></STRONG>
<DIV><BR><FONT size=2 face="Microsoft Sans Serif">Carletto è uno di questi
giovani coraggiosi. La sua eliminazione avviene durante la reazione dei
manifestanti alle cariche delle forze dell'ordine. In piazza Alimonda un
gruppetto di dimostranti si scaglia contro una Jeep con tre carabinieri a bordo.
Viene frantumato il lunotto posteriore, ma nessuno tenta di tirare fuori i
militari. Un carabiniere punta la pistola gridando "bastardi vi ammazzo tutti".
Attorno ci sono altri militari che controllano la situazione. Un dimostrante
esorta a scappare perché quello spara. Qualche attimo dopo si sentono tre spari.
Carletto stramazza al suolo colpito alla testa mentre solleva contro il
carabiniere un estintore raccolto per terra. La Jeep prima in retromarcia poi in
avvio passa per due volte sul suo corpo. La fine di Carletto è un epilogo della
volontà omicida delle forze dell'ordine. Ma il coraggio e la voglia spontanea di
combattere del giovane meritano grande stima. Giuliani è un'espressione della
nuova gioventù proletaria, che, a differenza dei padri riconciliati al sistema,
non teme di scontrarsi col potere contro sfruttamento e ingiustizie. Quindi chi
vuole apprezzare il suo coraggio non lo idealizzi col pensiero ma si getti nella
lotta di classe.</FONT></DIV>
<DIV><BR><BR><STRONG><FONT size=2 face="Microsoft Sans Serif">L'abisso tra la
violenza del potere e le rotture provocate dalle "tute
nere"</FONT></STRONG></DIV><STRONG></STRONG>
<DIV><BR><FONT size=2 face="Microsoft Sans Serif">Il terzo aspetto che va
esaminato è la demagogia del potere sulla violenza. Più il potere fa uso di
violenza reazionaria più esso terrorizza coloro che la subiscono con la falsa
accusa di violenti ed eversivi. Questo aspetto contrassegna lo sviluppo degli
avvenimenti dall'inizio alla fine; e richiede alcune considerazioni in più al
fine di evidenziarne i momenti più cruciali. La stessa sera del 20 Carlo Azeglio
Ciampi lancia dalla prefettura un appello ai dimostranti "perché cessi subito
questa cieca violenza che non dà contributo alcuno alla soluzione dei problemi
della povertà nel mondo", sentenziando che "la violenza è indegna della nostra
civiltà". Con questo appello il Presidente della Repubblica capovolge i termini
della situazione in quanto imputa la cieca violenza, anziché alle forze
dell'ordine che hanno scatenato le cariche assassine, ai manifestanti che si
sono limitati a difendersi. Ma anche ad attribuirla alle tute nere l'accusa di
cieca violenza rimane una mistificazione. Infatti. Chi sono le tute nere? Sono
gruppi di giovani autonomi, senz'altra organizzazione che se stessi, che credono
di negare il capitalismo colpendo le sue strutture materiali. Non sono i
luddisti del 21º secolo. Pensano che la proprietà privata sia un condensato di
violenza e che sfasciare una vetrina non è violenza se non c'è spargimento di
sangue. La loro tecnica operativa è mordi e fuggi evitando di scontrarsi
frontalmente con la polizia. Si coprono di nero per simboleggiare il colore
dell'anarchia e dell'anonimato. Questo colore è valso alle tute nere l'epiteto
di Black Block (blocco nero) affibbiato dalla polizia agli autonomi tedeschi.
Tutto sommato sono giovani fantasiosi. I loro atti sono sconsiderati non perché
violenti, ma perché inconcludenti sul piano della lotta anti-capitalista. In
ogni caso non sono affetti da cieca violenza perché, se colpiscono, prendono di
mira cose non persone. Queste sono le tute nere. Per cui l'accusa del nostro
Capo dello Stato mistifica il fenomeno per giustificare la caccia
all'uomo.<BR>Nelle due giornate in esame hanno operato a Genova circa 300-400
tute nere (sul numero ci sono posizioni discordanti ma ciò non cambia il senso
delle cose) provenienti da vari paesi europei. I danneggiamenti da esse arrecati
a banche negozi e altre strutture, che hanno destato il livore di proprietari e
negozianti, non sono che una briciola di fronte alla cappa di violenza, cui è
stata sottoposta per un mese la popolazione genovese, e al dispositivo di uomini
armati impiegato contro i manifestanti. Quindi c'è un abisso tra la violenza del
potere e le azioni iconoclaste di questi gruppi di arrabbiati.<BR><BR><BR>La
rampogna di Ciampi contro la cieca violenza è lo squillo di tromba per lo
scatenamento delle forze dell'ordine contro l'immenso corteo pacifico del 21. E
qui passiamo al secondo momento cruciale. Non si può attaccare di petto un
corteo di 300.000 persone. I responsabili dell'ordine pubblico avevano svuotato
Marassi e preparato le carceri di Voghera Alessandria Pavia Bollate ecc. per
riempirle di manifestanti. Ma non avevano un piano di controllo-contenimento di
una mobilitazione di siffatte proporzioni, che non si potevano aspettare. I
poliziotti temevano il lancio di sangue infetto e/o di acido muriatico che non
c'è stato in quanto coloro che lo avevano minacciato alla vigilia hanno poi
concordato con Scajola e De Gennaro il "patto di pacificità" e lo hanno
rispettato. Ma non si aspettavano di trovarsi di fronte a una marea di
manifestanti come quella che c'è stata. Non potendo attaccare di petto il corteo
le forze dell'ordine ricorrono alla tecnica di spezzettamento-gassificazione. Il
corteo viene spezzato, con l'ausilio degli elicotteri, in due tronconi, uno
attaccato da dietro e l'altro frontalmente. La coda del primo troncone viene
attaccata in C.so Torino dopo un diluvio di lacrimogeni e gas speciali. L'altro
troncone viene attaccato in C.so Italia. L'attacco è preceduto da un fitto
lancio di lacrimogeni e dall'impiego di mezzi corazzati anfibi, senza lasciare
vie di fuga ai manifestanti. L'aria è irrespirabile. La gente rimane accecata e
soffocata. Poi sbucano gli agenti che colpiscono più che possono: prendono a
manganellate tutti quelli che trovano sotto tiro, ragazzi bambini anziani
invalidi ecc., e procedono all'arresto di ogni giovane ragazzo e ragazza. Anche
quelli che acrobaticamente fuggono verso il mare vengono attaccati dal cielo e
dal mare. L'elicottero è sceso fino ad altezza d'uomo. Bisognerà veramente
scrivere la furia bestiale di poliziotti e finanzieri. Quindi, come i fatti
dimostrano, la cieca violenza è una prerogativa propria del potere (di quello
padronale s'intende).<BR></FONT></DIV>
<DIV><BR><STRONG><FONT size=2 face="Microsoft Sans Serif">Il massacro alla
scuola Diaz e i pestaggi alla caserma di Bolzaneto</FONT></STRONG></DIV><STRONG>
<DIV><BR></STRONG><FONT size=2 face="Microsoft Sans Serif">A manifestazione
compiuta la cieca violenza e la demagogia governativa sulla violenza toccano il
punto più alto. E veniamo all'ultimo momento cruciale. Alle 23.30, entrando da
ingressi diversi, i superagenti dello Sco guidati da Francesco Gratteri e gli
specialisti antisommossa del settimo nucleo del reparto mobile di Roma guidati
da Canterini, ma sul posto c'è anche La Barbera direttore dell'Ucigos
(antiterrorismo) e Sgalla del Siulp, fanno irruzione nelle medie Pertini e Diaz
dove sono alloggiati gli appartenenti al G.S.F. I superpoliziotti fracassano
tutto: crani e oggetti. Colpiscono ragazze e ragazzi rannicchiati per terra
sfiniti dalla giornata di mobilitazione. Quelli che possono urlano dalle
finestre assassini. Arrivano parlamentari e avvocati, ma nessuno può mettere
piede nelle scuole assaltate. La carneficina termina alle 2 del mattino. Dei 93
occupanti della Diaz 62 vengono trasportati nei vari ospedali; i restanti
vengono arrestati. I feriti presentano teste, facce, braccia rotte. Un giovane è
stato ricoverato in coma; cinque in prognosi riservata. Gli assalitori si
impadroniscono di macchine fotografiche, rullini, documenti vari. Rompono i
computer di avvocati e giornalisti. Evidentemente miravano a cancellare tracce,
a impadronirsi di documenti interni delle varie associazioni anti-globali o a
mettere le mani su presunti terroristi. Gli arrestati vengono portati alla
caserma di polizia di Bolzaneto. Qui vengono pestati e trattati a calci e sputi
dagli agenti del Gom. Vivono momenti di orrore così inimmaginabili che provano
un senso di liberazione appena rinchiusi nelle carceri. Il "bilancio" delle due
giornate registra per i manifestanti: a) un morto; b) sei o sette giovani in
gravissime condizioni; c) 606 feriti medicati in ospedali e nei presidi; d)
quasi 300 arresti; e) un centinaio di persone, in particolare straniere, che non
si sa dove siano. Quindi la cieca violenza di Stato non si ferma davanti a
niente anche se questo andazzo porta gli apparati stessi alla follia.<BR>Ma non
si ferma ugualmente davanti a niente la demagogia governativa sulla violenza.
Per giustificare il massacro alla Diaz Scajola accusa risibilmente la protesta
di strategia eversiva e il G.S.F. di coprire le tute nere. I giudici per le
indagini preliminari, chiamati in ballo per la convalida degli arresti dei 93
occupanti della Diaz, dichiarano illeciti 68 arresti scarcerando gli altri. E
trasmettono gli atti alla Procura Generale perché questa assuma provvedimenti
disciplinari a carico dei responsabili del blitz. Il G.S.F. è sceso in piazza
rispettando gli accordi, i percorsi e le modalità concordati. Pur non avendo i
compiti della polizia esso ha cacciato via e disarmato le tute nere ed un
proprio elemento è finito all'ospedale con la testa rotta proprio per questo.
Venerdì sera dopo l'uccisione di Carletto i dirigenti del G.S.F. hanno superato
se stessi per impedire ai giovani di invadere le piazze. Tutti i pacifisti, dal
G.S.F. ai Cobas (questi ultimi hanno rimpianto i bastoni per isolare i "neri"),
hanno respinto le tute nere in P.za Da Novi in P.za Manin e altrove. Tra gli uni
e gli altri non c'è copertura ma una contrapposizione. Scajola butta quindi
nella spazzatura il G.S.F. (e compagnia) dopo averlo cinicamente
utilizzato.<BR>E la sua faccia tosta non è una caratteristica personale; è un
tratto ministeriale; un connotato della nuova coalizione di governo. Fini è
andato nella sala operativa a seguire e a consigliare le operazioni delle forze
dell'ordine per poi sparare a zero sulla violenza dei manifestanti. Castelli,
presente al coordinamento di Bolzaneto, non ha certo frenato il furore del Gom
sottoposto al suo ministero. Pertanto tutte le invettive di governo sulla
violenza dei manifestanti sono trucchi demagogici, ingenui, per coprire la
violenza degli arroganti.<BR><BR></FONT></DIV>
<DIV><STRONG><FONT size=2 face="Microsoft Sans Serif">La fine della fase
romantica della protesta contro la globalizzazione
neoliberista</FONT></STRONG></DIV><STRONG></STRONG>
<DIV><BR><FONT size=2 face="Microsoft Sans Serif">Esaminati questi aspetti
vediamo quali lezioni principali trarre dagli avvenimenti. La prima lezione da
trarre è che dopo le giornate di luglio si è definitivamente chiusa la fase
generica, eterogenea, trasversalista, della protesta antiglobale iniziata con le
manifestazioni di Seattle nel novembre del 1999. Già ancor prima che si
arrivasse a queste giornate il movimento di protesta aveva subito una spaccatura
verticale tra pacifisti e movimentisti in seguito al patto di pacificità
convenuto da Scajola Ruggiero De Gennaro col G.S.F.. Ora che la libertà di
manifestare è finita sotto i cingolati della polizia, come sempre avviene quando
i manifestanti si affidano al governo, questa spaccatura appare irreversibile.
Se fino a Genova esisteva una certa tolleranza, ora nessuno accetta che gli
altri si muovano come vogliono. Ogni tendenza cerca la sua strada. E le strade
non si incontrano più. Si dividono. </FONT></DIV>
<DIV><FONT size=2 face="Microsoft Sans Serif">L'ultimo sussulto di tale protesta
"etica" si ebbe con le enormi manifestazioni contro l'attacco all'Iraq.<BR>La
seconda lezione da trarre è che la metodologia di potere si imbeve
progressivamente e si avviluppa in tecniche di guerra. La sottoposizione di
Genova per circa un mese a controllo militare, la divisione della città in due
zone - la rossa e la gialla -, la sospensione del trattato di Schengen dal
giorno 14 alle ore 24 del 21 luglio per il controllo delle frontiere, l'impiego
dei nuovi blindati e dei nuovi gas lacrimogeni contro i manifestanti, ecc.,
segnano l'applicazione su vasta scala di procedure di guerra alle relazioni
sociali, alla vita quotidiana di centinaia di migliaia e di milioni di persone.
Ed indicano che il militarismo sanguinario, che è la metodologia di potere da
quattro anni a questa parte, progredisce in senso bellico. Per questo possiamo
dire che col vertice del G-8 di Genova il militarismo sanguinario fa un salto
bellico. Senza afferrare questa evoluzione e questo passaggio è facile scadere
in giudizi emotivi e fuorvianti. È sbagliato e retrogrado dire che l'incursione
alla Diaz sia un blitz cileno, che le forze dell'ordine siano roba di dittature
latino-americane perché hanno picchiato anche medici avvocati giornalisti, che
ci troviamo temporaneamente sotto una dittatura militare, o che si sia fatta una
prova tecnica di governo fascista perché sono state violate le garanzie
giuridiche, o cose di questo genere. Le forze dell'ordine sono il prodotto del
lungo processo di militarizzazione che rimonta ai primi anni settanta e lo
strumento modernissimi del militarismo sanguinario. Gli uomini di governo, e
questo vale con qualche sfumatura anche per quelli di opposizione, sono i
rappresentanti di un sistema marcito, del capitalismo finanziario-parassitario
(detto neoliberismo), basato sul lavoro usa e getta e sulla mercificazione di
uomini donne e bambini. Essi sono molto più violenti e reazionari del fascismo
in quanto per loro non c'è più nulla che tenga di fronte al denaro. Quindi la
lezione da trarre assimilare praticare è che ormai bisogna fare i conti col
salto bellico del militarismo sanguinario, mettendo a tema l'impiego della forza
da parte dei moviment e dei diversi spezzoni di
classe.<BR><BR><BR><BR></FONT></DIV></BODY></HTML>