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<DIV>Mi permetto di aggiungere, dove Russo Spena parla di «una connessione fra
comandi di polizia e comandi Nato», che sicuramente Genova pullulava di
Servizi di tutto il mondo...</DIV>
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<DIV><FONT color=#ff0000 size=6><STRONG>"Il potere degli
intoccabili"</STRONG></FONT> </DIV>
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src="http://www.controlacrisi.org/joomla/images/plg_imagesized/6724-intoccabili%202.jpg"></A></SPAN><STRONG>di
Giovanni Russo Spena (Liberazione del 20 giugno 2010)</STRONG> <BR></DIV>
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<DIV>L’attacco all’articolo 41 della Costituzione (ma, in realtà, ha ragione
Cremaschi, all’articolo 1, cioè al lavoro come principio ordinatore della nostra
democrazia organizzata e conflittuale) non è, a ben vedere, tema diverso
dall’impunità che il governo solennemente conferisce alla catena di comando
militare e di polizia che ha prodotto la “macelleria messicana”, con annesse
torture (questa è ormai la verità anche giurisdizionale), prima a Napoli e poi
al G8 di Genova. <BR>Il governo, ridando fiducia piena a quella catena di
comando fa una duplice operazione che è un attacco diretto all’impianto
costituzionale: da un lato, pone il potere politico in aperto contrasto con
l’autonomia del giudizio della magistratura, tentando di stabilire che il potere
del governo, che si esplica in forme plebiscitarie ed autoritarie, annulla il
potere giurisdizionale e il sistema delle garanzie, in nome dell’investitura
popolare al premier. Ribadendo, difatti, una forma di incostituzionale
presidenzialismo populista, di fronte ad un sistema giudiziario che, anche
grazie al lavoro degli avvocati, pur fra omertà corporative, vergognosi
depistaggi e intimidazioni politiche comunque ha operato. <BR>E’ forte il
rammarico per il fatto che di tutte le inchieste per le tragedie di nove anni
fa, l’unica ad essere stata archiviata è stata quella sulla uccisione di Carlo
Giuliani. Mi unisco allo sdegno espresso da Giuliano Giuliani: «Uno schifo. Ma
c’è un motivo. In quella storia erano coinvolti i reparti speciali dei
carabinieri. Che in Italia sono ancora più intoccabili dei vertici della
polizia». In secondo luogo, il governo ha fatto proprio il comportamento della
catena di comando militare, assumendosene la piena responsabilità. Il consiglio
dei ministri all’unanimità sconfessa la condanna dei giudici per dire che De
Gennaro fa parte del potere e, quindi, è un intoccabile. Come intoccabili sono
tutti i funzionari promossi dopo Napoli e Genova, promossi non sospesi dalle
loro delicate funzioni attendendo le sentenze definitive. <BR>Il governo ha
voluto inviare un chiaro messaggio: il depistaggio e l’impunità sono aspetti
fondativi del nostro potere. Si parla a vanvera, anche nel centrosinistra, di
garantismo: ma il garantismo è equilibrio dei poteri, è sobrietà istituzionale.
Che garantismo vi è nella torsione razzista e proibizionista del governo? Che
garantismo vi è quando non viene rispettato nemmeno il principio per cui la vita
del detenuto è, per il funzionario dello Stato, sacra? Il potere, invece, come
nel caso di Stefano Cucchi, uccide spesso i detenuti; e, comunque, inchieste
ufficiali europee ci parlano di una tortura che ritorna nelle carceri d’Italia.
<BR>Per questo è importante non dimenticare mai la caserma Ranieri di Napoli,
Bolzaneto, la Diaz a Genova, ecc. perché sono metafore di una strategia del
potere. Una strategia nazionale, che ha reso pressocché simili i ministri
dell’Interno del centrosinistra a Napoli e del centrodestra a Genova; ma,
soprattutto, una strategia internazionale. Basti pensare alle violenze militari
contro i militanti altermondialisti prima di Genova e dopo Genova anche a
livello europeo. Le sinistre, purtroppo, da tempo non hanno più capacità di
inchiesta e di parola sulle ristrutturazioni in atto dei poteri militari, sul
fallimento dei generosi tentativi di riforma democratica, sul significato che ha
assunto la militarizzazione della pubblica amministrazione grazie anche
all’introduzione dell’esercito professionale (del tutto incostituzionale) che ha
spazzato via le politiche di disarmo. Si è creata una osmosi tra funzioni di
polizia e funzioni militari, intese, tra l’altro, soprattutto come missioni di
guerra. <BR>A Genova operò una strategia internazionale per spazzare via un
movimento che aveva osato gridare che la globalizzazione liberista non recava
con sé «magnifiche sorti e progressive»; aveva urlato «il re è nudo». Il potere
ebbe paura, tentò di costringerlo nella morsa
repressione-violentismo-repressione ancora maggiore. Non vi riuscì, ma lo
indebolì e lo frantumò. Ora anche la sentenza della Corte d’Appello di Genova ci
fornisce un’occasione per riprendere il filo del discorso, anche a livello di
movimento internazionale: a Genova agì una connessione fra comandi di polizia e
comandi Nato; basti analizzare i sistemi d’arma, il tipo di addestramento e di
formazione delle truppe, in forme inedite e contenuti diversi dal passato. La
storia continua… <BR>Genova è stato solo l’inizio. Il 26 aprile scorso il
Consiglio per gli affari generali dell’Unione europea ha varato uno strumento,
una sorta di “grande fratello” europeo per controllare coloro che assumono
comportamenti «radicali» o che trasmettono «messaggi radicalizzati» . E’
un’operazione diffusa di intellegence, di sorveglianza capillare che, con
l’alibi di individuare attività terroristiche (per cui peraltro già esistono
strutture e strumenti penali), fabbrica sospetti nei confronti dei comportamenti
disobbedienti o molto critici, assimilati a violenza e terrorismo. Uno degli
indici della pericolosità di un soggetto, ad esempio, nel questionario è (come
ci ricorda Tony Bunyan su il manifesto di ieri): «Situazione economica?
Disoccupato, peggioramento della sua posizione economica, eccetera». <BR>Ho
impressione che, se questi sono i criteri, i compagni della Fiom e dei Cobas di
Pomigliano sono i primi sospettati…</DIV></BODY></HTML>