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<H1 class=title><FONT color=#ff0000 size=7>Non siamo servi!</FONT></H1>
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<P>Volantino per la manifestazione del 25 giugno a Napoli, a sostegno degli
operai di Pomigliano</P>
<P> </P>
<P> </P>
<P></P></BLOCKQUOTE>
<P><STRONG>Contro il ricatto padronale, andiamo oltre il sindacato, tiriamo
fuori il protagonismo di noi lavoratori</STRONG></P>
<P><EM>Non siamo servi!</EM>, ha detto un operaio di Pomigliano, ma è proprio
quello il senso del “Piano Marchionne”: trasformare i lavoratori salariati in
servi. Le clausole imposte dalla FIAT sono micidiali: passaggio dai 15 ai 18
turni, sabato lavorativo obbligatorio (si lavorerà quindi su 6 giorni anziché 5,
turno notturno obbligatorio); aumento delle ore di straordinario obbligatorie
annuali (da 40 a 120!); spostamento della pausa mensa a fine turno; riduzione
della pausa sulle linee meccanizzate da 40 a 30 minuti; recupero delle fermate
tecniche; introduzione del sistema Ergo-Uas che punta a tagliare i tempi morti e
ad aumentare la “saturazione” della forza-lavoro; incremento dei ritmi
produttivi per ogni lavoratore del 30%; taglio di 500 operai (attraverso la
mobilità) che si aggiungono ai precari ai quali non è stato rinnovato il
contratto; stretta sui permessi, non pagamento dell’integrazione all’indennità
di malattia Inps per assenze giudicate “anomale”; divieto di sciopero in casi
“particolari” e sanzioni per i lavoratori che violano i punti dell’accordo, fino
al licenziamento. E’ un accordo infame, che impone il ritorno a condizioni di
lavoro “ottocentesche” o tipiche del lavoro nero, dove il padrone può fare tutto
ciò che vuole; un “Piano” che farà da apripista a tutto il padronato.</P>
<P>C’è la crisi e i padroni l’affrontano nel solo modo che conoscono: sacrifici
per i lavoratori, difesa incondizionata dei profitti. Sacrifici, sacrifici e
ancora sacrifici… ma sono anni che noi classe lavoratrice — proletariato —
paghiamo i costi di questa crisi: lavoro nero, cassaintegrazione,
disoccupazione, precarietà, perdita del potere d’acquisto. Ma ai padroni non
basta mai! La dimensione della crisi deve farci riflettere. Questa è una crisi
strutturale, è l’inevitabile approdo di un sistema economico governato da leggi
contraddittorie quanto barbare, dove tutto è subordinato alla logica del
profitto. Nonostante i nostri sacrifici — e ne abbiamo fatti tanti! — la ripresa
economica non si vede e i padroni continueranno a chiedere di sacrificarci.
Disastri ambientali, guerre e sfruttamento, questo sistema economico — il
capitalismo — non è in grado di offrirci altro, prendiamo coscienza di questo!
Dobbiamo lottare contro i continui sacrifici che ci impongono i padroni e allo
stesso tempo, è necessario porsi il problema del superamento di questo sistema
sociale fondato sullo sfruttamento, che mai come nella crisi mostra
l’incompatibilità tra la sua esistenza e quella dei lavoratori salariati.
<STRONG>Il rafforzamento dell’organizzazione politica coerentemente
anticapitalistica è dunque un passo indispensabile.</STRONG></P>
<P>La Fiom ha detto no al piano Marchionne. Ma è un “no” apparentemente netto,
visto che è disposta ad accettare l’impostazione generale del piano e i 18
turni. Perché accettare — in ogni caso — un peggioramento delle condizioni degli
operai? Perché non pensare anche alle condizioni dei precari licenziati, dei
lavoratori dell’indotto e del futuro degli operai polacchi? Perché non
proclamare uno sciopero generale almeno del settore metalmeccanico per il 22,
giorno del referendum, convogliando una manifestazione nazionale davanti ai
cancelli della FIAT. Sarebbe stato, se non altro, un segnale forte, per non
lasciare soli Pomigliano e l’indotto. Sappiamo bene, però, che la FIOM non farà
mai cose del genere, perché anche la FIOM accetta le compatibilità “del Paese”,
cioè del profitto padronale. Ma sono proprio quelle compatibilità che i
lavoratori devono scavalcare; per questo, una lotta vera non verrà dai
sindacati. <STRONG>Le vere lotte possono emergere solo se i lavoratori,
direttamente, troveranno la forza di organizzarle, andando oltre il
sindacato</STRONG>. Fin da subito la Fiat ha detto: prendere o lasciare,
accettate il piano o si chiude lo stabilimento. Non c’è margine per mediare! Non
c’è quindi spazio per un sindacato, organismo di mediazione. La vera lotta non
può essere delegata o rappresentata da nessun sindacato. La nostra difesa passa
attraverso la lotta, quella vera, e passa quindi attraverso protagonismo diretto
di noi lavoratori.</P>
<P><STRONG>Gli operai di Pomigliano sono stati di esempio quando, nel 2008,
lottarono contro l’esternalizzazione di alcuni lavoratori al reparto confino di
Nola. Il punto di forza di quella lotta furono proprio la messa da parte delle
bandiere sindacali, la creazione di un comitato di lotta e uno sciopero ad
oltranza gestito dalle assemblee operaie fuori la fabbrica. È da quella
esperienza che bisogna ripartire.</STRONG></P>
<P>Invitiamo innanzitutto gli operai più combattivi di Pomigliano e Nola ad
abbandonare le residue speranze nel sindacato, a dare vita ad un organismo di
lotta proprio dei lavoratori, che svolga un lavoro di organizzazione e
agitazione tra tutti gli altri lavoratori. Un punto di partenza, che punti ad
una lotta estesa anche all’indotto e gestita dalle assemblee operaie. Noi, come
in passato, lotteremo assieme a voi.</P>
<ADDRESS>Lavoratori del P.C.Internazionalista — Battaglia
comunista</ADDRESS></DIV></DIV></DIV></DIV></DIV></BODY></HTML>