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<title></title>
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<body bgcolor="#ffffff" text="#000066">
<font size="-1"><font face="Verdana">giusto così per aggiungere
qualcosa...<br>
<a class="moz-txt-link-freetext" href="http://blog.chiarelettere.it/?TAG=enrico%20decleva">http://blog.chiarelettere.it/?TAG=enrico%20decleva</a><br>
<br>
</font></font>di Davide Carlucci*<br>
<br>
Dopo l'uscita del libro "<a style="color: rgb(165, 42, 42);"
href="http://www.chiarelettere.it/?id_blogdoc=2144244">Un paese di
baroni</a>" stiamo ricevendo parecchie segnalazioni di casi nuovi e
interessanti. Ci pare la conferma che <strong>del malcostume
accademico sono sempre più spesso chiamati a occuparsi i magistrati</strong>.
Vi terremo aggiornati. Segnaliamo intanto un colpo di scena, la
sentenza d’Appello del Tribunale di Firenze nei confronti di <strong>Walter
Leszl e Ferdinanda Caizzi</strong>, docenti - il primo a Firenze, la
seconda alla Statale di Milano - di Storia della filosofia antica.<br>
<br>
I due professori erano sotto processo <span style="font-weight: bold;">con
l’accusa di aver truccato un concorso da associato</span>
bandito nella loro materia dall’Università di Siena, correva l’anno
2001. A rivelare la combine fu una email, inviata dallo stesso Leszl a
una collega inglese, nella quale anticipava i nomi dei vincitori
spiegando chi fossero i loro sponsor. Quel messaggio, sfortunatamente
per i designati e per i loro protettori, finì nella posta elettronica
della candidata esclusa, che la conservò e la fece leggere ai
magistrati.<br>
<br>
In primo grado Leszl e Caizzi sono stati assolti. In secondo grado,
condannati. <strong>Avrebbero deciso a tavolino gli esiti del concorso
prima che si svolgesse</strong>.<br>
<br>
La sentenza afferma che l'accordo sottobanco ha leso "<span
style="font-weight: bold;">il principio di imparzialità nell'agire
della pubblica amministrazione</span>
stabilito dall'articolo 97 della Costituzione della Repubblica". Il
giudice bacchetta i commissari Leszl e Caizzi: "Cattedratici di prima
fascia e, per di più, illustri per doti di cultura e per anzianità di
onorato servizio, erano nelle condizioni per opporsi, senza subire
danni, al malcostume".<br>
<br>
<strong>Post scriptum<br>
</strong>Ma i nomi citati sono più che "illustri". E non solo per "doti
di cultura". Ferdinanda Caizzi è la moglie di <strong>Enrico Decleva</strong>,
rettore dell’Università statale di Milano nonché presidente della <a
style="color: rgb(165, 42, 42);" href="http://www.crui.it/">Crui</a>
- la Conferenza dei rettori delle università. L’organo più autorevole
del sistema universitario. E a Milano insegna tuttora Franco
Trabattoni, il pupillo della Caizzi, commissaria, sempre in compagnia
con Leszl, nel concorso bandito dall’Università di Salerno nel 2003
(solo due anni dopo quello di Siena) che lo ha fatto diventare
ordinario.<span style="font-weight: bold;"> Siamo davvero sicuri che
l’università milanese sia così diversa dalle altre al centro degli
scandali?</span><br>
<font size="-1"><font face="Verdana"><br>
</font></font><br>
<a class="moz-txt-link-abbreviated" href="mailto:infoxoa@email.it">infoxoa@email.it</a> ha scritto:
<blockquote cite="mid:f2d9a26eb1397eba0de379592145aec3@212.102.67.2"
type="cite">
<pre wrap="">
I vertici del sindacato regionale valutano chi ha diritto allo «sconto»
Sessanta crediti per il triennio in legge alla Parthenope
ROMA — «Non c’è proprio niente di strano». Questo il commento del professor
Federico Alvino quando, due anni fa, saltò fuori che nell’università con
il record di docenti imparentati, la Parthenope di Napoli, anche lui,
preside di giurisprudenza, poteva vantare una parentela coi fiocchi. Sua
moglie Marilù Ferrara è infatti la figlia di Gennaro Ferrara,
ininterrottamente da oltre un ventennio rettore dell’ateneo. Una
parentela, inoltre, dalle spiccate venature politiche. Alvino è
consigliere comunale di Napoli, capogruppo dell’Udc. Invece il suocero è
vicepresidente della giunta provinciale. Deleghe: politiche scolastiche e
diritto allo studio.
Proprio niente di strano, per come funziona l’università italiana. Che dire
allora dell’ultima perla di cui si può fregiare il trentasettenne Alvino,
uno dei presidi più giovani d’Italia? Qualche settimana fa la Parthenope ha
firmato con la Uil della Campania una convenzione che consentirà a chi ha
in tasca la tessera del sindacato guidato da Luigi Angeletti di vedersi
riconoscere fino a 60 crediti per il corso di laurea triennale in
giurisprudenza. Uno sconto, secco, di un anno su tre. Come ottenerlo?
Sentite che cosa dice la convenzione: «In considerazione delle conoscenze e
delle abilità che i lavoratori iscritti alla Uil potranno certificare in
ragione delle funzioni e delle mansioni a loro attribuite verranno
riconosciuti 60 crediti al personale impegnato in attività di tipo tecnico,
gestionale o direttivo...50 crediti al personale impiegato in attività
caratterizzato da conoscenze mono specialistiche...» . Ma sapete chi
stabilisce i requisiti per avere diritto allo sconto? Ecco l’articolo 2
della convenzione: «La Uil segreteria regionale della Campania si impegna a
collaborare con l’Università nell’individuazione dei requisiti nella fase
istruttoria delle richieste degli iscritti». Cioè la decisione viene presa
insieme al sindacato. E se un iscritto alla Uil ha magari già fatto qualche
esame in quella università e vuole vederselo riconosciuto? Stropicciatevi
gli occhi: «Il riconoscimento degli esami stessi — ha scritto Luciano
Nazzaro della Uil Campania ai suoi colleghi — sarà curato dalla stessa Uil».
Ma per quanto possa sembrare inverosimile, convenzioni come quella appena
stipulata dall’ateneo delle «dieci famiglie », come la definì nel giugno
2007 un articolo di Repubblica , nelle università italiane non sono
affatto rare. Quando alla fine degli anni Novanta con la riforma voluta dal
centrosinistra vennero istituite le lauree triennali, si decise di
riconoscere crediti formativi accumulati con l’esperienza lavorativa. C’era
una disposizione europea. Ma in Italia l’opportunità diventò ben presto
occasione per i furbi. Da lì al malcostume vero e proprio il passo fu
breve. E il malcostume dilagò. Si arrivò a regalare i pezzi di carta:
c’erano convenzioni che consentivano di vedersi abbuonare anche tutti i
crediti formativi del corso di laurea. Bastava discutere la tesi. E in
qualche caso neanche quello.
Naturalmente dietro pagamento di rette profumate. A che cosa servivano le
lauree prese in questo modo? Prevalentemente a passare di grado nella
pubblica amministrazione. Da impiegato a funzionario, da sottufficiale a
ufficiale, da pizzardone a graduato. Con relativo incremento di stipendio.
Quando Fabio Mussi, tre anni fa, arrivò al ministero dell’Università,
trovò questo sfacelo e stabilì il limite tassativo di 60 crediti (che sono
pur sempre un anno di studio), cercando pure di introdurre criteri rigorosi
per concederli. Ma evitare che lo sconto tocchi anche a somari con il solo
merito di avere un tesserino nel portafoglio si è in seguito rivelato
pressoché impossibile. Il giro di vite ha appena intaccato l’andazzo. Chi si
stupisce che due anni dopo la direttiva Mussi una università statale come la
Parthenope di Napoli forse non sa che a metà 2007 l’Università statale di
Messina ha fatto una convenzione simile con la Cisl: anche in quel caso 60
crediti. Bastava avere un diploma di scuola media superiore e un posto di
lavoro alla regione, o in una Asl, oppure in un altro ente pubblico. Ma
soprattutto essere iscritti al sindacato di Raffaele Bonanni, dettaglio
essenziale per accedere direttamente al secondo anno di Scienze politiche,
giurisprudenza, statistica, economia. Ma è niente in confronto alle
convenzioni che hanno firmato alcune università private «telematiche».
Convenzioni con la Uil Poteri locali, la Ugl enti pubblici, la Rsu della
Provincia di Agrigento, l’associazione romana vigili urbani, l’associazione
dipendenti del ministero dell’Interno, il centro formazione professionale
Enti padri Trinitari... Davvero niente di strano?
Sergio Rizzo
12 ottobre 2009
<a class="moz-txt-link-freetext" href="http://www.corriere.it/cronache/09_ottobre_12/universita-uil-rizzo_27a03e2a-b6f2-11de-b239-00144f02aabc.shtml">http://www.corriere.it/cronache/09_ottobre_12/universita-uil-rizzo_27a03e2a-b6f2-11de-b239-00144f02aabc.shtml</a>
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