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<DIV><BR><BR>DA GENOVA<BR><BR><BR><BR>Dalla parte di Sisifo<BR>A proposito di
sgomberi e contestazioni<BR> <BR>Sisifo aveva osato sfidare gli Dèi, per
questo era stato condannato a spingere un enorme masso dalla base di un monte
sino alla vetta. Ogni volta che il masso arrivava alla cima, inesorabilmente,
rotolava di nuovo a valle. Per l’eternità.<BR>Anche noi ci sentiamo un po’ nei
panni di Sisifo, come lui continuiamo a spingere “un masso” lungo il crinale di
un monte che ogni giorno si fa più impervio. Ma a differenza del “mito”, noi,
non appena iniziamo a scorgere la vetta, ecco che ci tocca ricominciare daccapo.
Almeno così può sembrare.<BR>La nostra vetta è la libertà, per noi e per tutti.
Il nostro cammino è fatto della fatica di combattere ogni giorno contro degli
Dèi – decisamente più cialtroni di quelli dell’Eroe – che stanno precipitando la
società nel baratro della barbarie. <BR>La salita che affrontiamo e che
cerchiamo di superare è quella che si inerpica su una montagna di “rumenta”
fatta di razzismo, leggi contro i poveri, militarizzazione, controllo, guerre e
repressione. <BR>Di fronte a questa montagna, di fronte alla radicalizzazione
dell’orrore a cui questo regime ha deciso di condannarci, abbiamo deciso di
combattere, abbiamo capito che è importante ricreare le basi per un cambiamento
reale del mondo, anche se questo può apparire lontano. E così ci siamo lanciati
nella “scalata”.<BR>E’ in nome di questo amore per la libertà ed in odio alle
miserabili condizioni – emotive, economiche ed intellettuali – che ci hanno
imposto che siamo scesi in piazza nelle tante contestazioni che hanno avuto
luogo a Genova negli ultimi mesi. Abbiamo deciso, pur con pochi strumenti e con
poca esperienza, che era il momento di cominciare ad “alzare il culo”. Dovevamo
e dobbiamo difenderci dagli attacchi del regime, dovevamo e dobbiamo non
concedere strada e “quartiere” ai fascisti (d’ogni colore, comunque tentino
d’agghindarsi) e alla militarizzazione delle nostre vite. Dovevamo e dobbiamo
agire ora, smettendo di lamentarci davanti alla televisione o versando lacrime
di coccodrillo per i tanti uomini e le tante donne che per primi cominciano a
subire la furia xenofoba del regime.<BR>La storia ci ha sin troppo bene
insegnato che dietro la presunta giustificazione del “non ci si può far nulla” o
del “siamo troppo pochi” si nascondo le peggiori tragedie, “l’attenuante” non è
che l’ipocrisia dietro cui si cela la vergogna dei vili.<BR>Nell’affrontare il
nostro cammino ci siamo accorti con una certa meraviglia e con felicità che,
seppur per pochi momenti, Sisifo non era più solo. Tante persone ancora armate
di solidarietà ed indignazione sono accorse a spingere il “masso”. Così,
insieme, abbiamo cacciato i fascisti, abbiamo cacciato i leghisti, abbiamo fatto
sentire la nostra voce contro un Governo che ci impone l’esercito nelle strade
ed i campi di concentramento appena “fuori porta”.<BR>E lì che abbiamo capito
che, forse, non tutto era perso. Che forse è possibile attaccare il regime, che
è possibile ancora poter fermare il “mostro”.<BR>Se gli uomini hanno il coraggio
di sfuggire alla politica ed alla delega, se hanno il coraggio di
auto-organizzarsi facendo delle proprie differenze il punto di forza per partire
all’attacco, ecco che allora si può cominciare a gettare le basi per la
costruzione di una forza sociale veramente in grado di dare del filo da torcere
ai “nostri” padroni.<BR>Per queste ragioni, nonostante l’estate, abbiamo
preferito non andare in vacanza. Era, ed è ancora, per noi importante non
perdere per strada quegli abbozzi di solidarietà ed auto-difesa che avevamo
visto accendersi nelle strade di Genova. Sapevamo, altrettanto, che per
alimentare le possibilità di offensiva contro il regime – ed impedire il
recupero delle tensioni da parte della sinistra politica - non bastava
ritrovarsi sporadicamente nelle piazze, bisognava che l’eterogeneità che si era
espressa “nelle piazze” trovasse dei momenti di confronto: questa la principale
ragione per cui abbiamo deciso di occupare in Castelletto il 29 luglio.<BR>A
parte i nostri bisogni abitativi, volevamo un luogo aperto, di discussione, che
potesse cominciare a mettere in campo quella forza sociale che ci auspichiamo
possa crescere. Dunque abbiamo occupato, abbiamo cominciato a costruire dei
momenti di incontro, abbiamo imparato a conoscerci nella diversità, abbiamo
consolidato vecchie relazioni ed intessuto nuove complicità. Poi, qualche giorno
fa, la politica ha deciso che tutto questo doveva avere un fine.<BR>Gli Dèi
oltraggiati hanno inviato i loro sgherri in divisa ed hanno messo fine
all’occupazione, con la complicità dei pompieri sono arrivati in forze ed hanno
svuotato il luogo delle nostre relazioni, la base da cui avevamo scelto di
partire per l’offensiva.<BR>Non era evidentemente possibile sopportare altre
contestazioni, è chiaro che nessuna forma di dissidenza può più essere tollerata
dal regime. Per questo hanno tentato di fare terra bruciata intorno a noi, con
le solite calunnie ed invenzioni giornalistiche e con la solita lista di denunce
e procedimenti in corso. La parola d’ordine del Governo è chiara: tutte le
opposizioni reali debbono essere stroncate con ogni mezzo.<BR>Ma se possono
privarci del luogo non possono toglierci quello che, in termini di relazioni ed
esperienza, abbiamo costruito. Oggi c’è una casa occupata di meno, c’è uno
spazio assembleare di meno, ma ci sono delle complicità in più. E questa è la
cosa importante.<BR>Lo sgombero della casa che abbiamo occupato così come le
tante denuncie partite per le contestazioni non sono solo un affare privato fra
un pugno di sovversivi e lo Stato, esse sono un affare di tutti. Sono un affare
di tutti perché nel condannare alcuni di noi è la libertà e la lotta di tutti
che viene colpita, perché nello sgombero di un luogo di discussione e di
opposizione è la possibilità di discutere e di protestare di tutti che viene
attaccata ed impedita.<BR>Non chiediamo la solidarietà nei nostri confronti né
tantomeno di sposare le nostre idee acriticamente, ma è un dato di fatto che
tutti coloro che sono scesi in piazza contro le varie politiche del regime in
questi mesi debbono ora, di fronte ai primi attacchi repressivi, trovare la
capacità di reagire. Retrocedere di fronte alla repressione significherebbe
buttar via quello che finora è stato fatto che, anche se può apparir poco, è
comunque un punto d’inizio importante. Del resto è pur vero che Genova è stata
almeno un esempio, l’unica città – come dicono i politici indignati – in cui i
fascisti, i leghisti ed i militari non hanno avuto l’agibilità sperata nel
centro storico della città.<BR>Ora siamo a “fondo valle”, e dobbiamo
ricominciare a spingere il masso su per la china. Sarà difficile, forse ricadrà
di nuovo. Ma questa volta a spingerlo siamo di più, e ancora di più potremmo
essere. Le denunce sono carta da tribunale, la galera può rinchiudere i corpi ma
non i cuori, le case sono solo dei mattoni: le relazioni, la complicità, gli
affetti, le idee… queste sono la forza, e queste stanno crescendo. Nonostante
tutto, paradossalmente, abbiamo vinto la battaglia… e Sisifo si appresta per una
nuova salita.<BR> <BR>Anarchici e libertari a
Genova<BR><BR><BR><BR>===========================================<BR><BR>da
Roma<BR><BR><BR>Gli occupanti dell'8Marzo<BR><BR>Non abbiamo nulla da
nascondere<BR>Noi non paghiamo il pizzo, noi lottiamo!<BR><BR>Non abbiamo nulla
da nascondere.<BR>Le diffamzioni diffuse da sedicenti giornalisti che qui non
sono mai venuti a fare un'inchiesta, non ci hanno fatto recedere dalla nostra
lotta perchè questa nasce dalla necessità di abitare in una casa e dal desiderio
<BR>di un diverso convivere, di riprenderci la vita e non sopravvivere. Per
questo abbiamo in questi due anni di occupazione recuperato uno spazio pubblico
abbandonato al degrado, riaprendolo a tutto il quartiere. E' così che ci siamo
guadagnati la solidarietà degli abitanti, molti dei quali, oggi sotto sfratto,
si sono guadagnati anni fa con la lotta la loro casa.<BR><BR>Con false accuse
infamanti oggi 5 compagni di lotta dell'8Marzo occupato sono stati prelevati dai
carabinieri in modo coatto alle ore 4.40.<BR><BR>Si sono introdotti con la forza
nell'edificio della ex-scuola che ospita tutti noi: famiglie di sfrattati,
precari, disoccupati; ci hanno costretto a rifuggiarci sul tetto pronti a
difendere il nostro spazio.<BR><BR>Ci dicono che è solo una perquisizione ma il
modo di agire è quello di uno sgombero ben organizzato.Sfondano porte per fare
paura a bambini che dormono aspettando il primo giorno di scuola, ma vista la
nostra resistenza non riescono a buttarci fuori.<BR><BR>Cinque compagni vengono
portati via dopo che tutti siamo stati identificati.<BR><BR>Proseguono così il
gioco e gli interessi dei consiglieri del Pdl come Luca Gramazio, Augusto
Santori, Luca Malcotti, che usano l'arma della diffamazione mezzo stampa, per
colpire al fianco un movimento che fa paura a questa classe politica incapace di
risolvere problemi come la casa, il lavoro, la precarietà, il reddito e che teme
che queste questioni mobilitino lotte generalizzate.<BR><BR>Noi non paghiamo il
pizzo, noi lottiamo!<BR><BR>Roma, Magliana 14 settembre 2009<BR><BR>l'8Marzo
resiste</DIV>
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