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<TD><FONT color=#800080 size=5 face=Georgia><B>Somalia: macché
pirati, il pericolo continuano a essere i rifiuti
tossici</B></FONT></TD></TR></TBODY></TABLE>
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<TD class=norb_p align=left><FONT face=Georgia><FONT
size=2> <B>di
Cecilia Bergamasco</B></FONT></FONT></TD></TR><!--tr valign="top"><td class="nor_m" width="100%" valign="top"><font color="#000000"></font></td></tr-->
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<DIV><FONT color=#bbbbbb></FONT><FONT color=#000000><FONT
size=2 face=Georgia>Milano, 9 dicembre – Si continua a tacere
sul traffico di rifiuti tossici in Somalia e la gente continua
a morire. È allarme quando viene presa in ostaggio una nave
dai pirati, ma è silenzio totale sulle navi che
incessantemente si ancorano al largo delle coste della Somalia
e scaricano rifiuti tossici. Uno dei primi sospetti di ciò che
accadeva in Somalia lo ebbe la giornalista Ilaria Alpi, la
quale venne uccisa, assieme a Miran Hrovatin, nel corso di una
finta rapina, forse proprio per questa ragione. Ilaria stava
infatti indagando sulle attività della Cooperazione italiana
in Somalia, sui traffici di armi e sulle connivenze dei
servizi segreti, o almeno parte di essi, con personaggi in
cerca di affari poco puliti nel Corno d’Africa.<BR>L'ex
colonnello somalo Mohamed Nureh Abdulle, residente nella città
portuale di Harardere, dove è ancorata la petroliera saudita
Sirius Star catturata dai pirati, e consigliere degli anziani
della città sulle questioni di sicurezza, ha denunciato alla
Bbc lo scarico illegale di rifiuti lungo la costa del Corno
d'Africa e le malattie portate alla popolazione siano il vero
problema della Somalia.<BR>"La superpetroliera è vicina alla
nostra costa - dice Abdulle alla Bbc - è una nave molto, molto
lunga. In passato abbiamo avuto i nostri problemi di pirateria
in città, ma non negli ultimi tempi. Le persone che hanno
sequestrato queste navi nei nostri mari non sono della nostra
regione. Noi non conosciamo nessuna delle persone a bordo
della superpetroliera e loro non hanno attivato contatti con
noi". “Il nostro problema non è la pirateria - sottolinea - ,
ma lo scarico illegale dei rifiuti. Il mondo conosce questo
problema. Gli americani stanno nella regione da tanto tempo
ormai. Sanno dell'inquinamento. Invece, il mondo parla solo
dei pirati e della spesa che comportano".<BR>"Ci sono stati
molti scarichi illegali nel nostro mare, molti rifiuti -
continua - vengono scaricati nel nostro mare e arrivano sulle
nostre coste, spargendosi poi nella zona. Alcune notti fa sono
comparse in mare aperto alcune navi cisterna e, a quanto pare,
su di esse si sono create delle fessurazioni, con perdite in
mare e nell'aria. Ieri pomeriggio abbiamo avuto le prime
persone malate. La gente sta denunciando una strana malattia:
ne parla come se si trattasse di varicella, ma non è
esattamente come la varicella. Hanno problemi alla pelle,
starnutiscono, tossiscono e vomitano. È la prima volta che
vediamo una cosa del genere. Queste persone stanno veramente
molto male". "Le persone che hanno questi sintomi sono quelle
che si alzano presto la mattina, prima che faccia giorno, e
portano il loro bestiame al pascolo sulla riva - precisa - ;
gli animali stanno male dopo aver bevuto l'acqua, così come le
persone che hanno fatto il bagno".<BR>Basta fare una ricerca
su Google con le parole “Somalia” “rifiuti” che si trovano
165.000 risultati.<BR><BR>Interessante l’articolo riportato
sul sito: </FONT><A target=_blank
href="http://www.wikio.it/article/74627596"><FONT size=2
face=Georgia>www.wikio.it</FONT></A><FONT size=2 face=Georgia>
</FONT><I><FONT size=2 face=Georgia>“Secondo Al Jazeera - si
legge , che ha intervistato uno dei portavoce dei pirati e ha
cercato conferme alle dichiarazioni da parte dei governi, gli
atti di pirateria, troverebbero spiegazione, oltre che
nell’ovvio obiettivo del denaro, anche nel tentativo di
impedire i loschi traffici inerenti i rifiuti tossici, che
riguardano il territorio somalo.[…] “I pirati somali hanno
accusato le imprese europee di scaricare rifiuti tossici al
largo della costa somala e chiedono 8 milioni di dollari di
riscatto per restituire una nave ucraina da loro catturata,
sostenendo che il denaro andrà utilizzato per la pulizia dei
rifiuti. La domanda di riscatto è un mezzo di "reagire al
traffico dei rifiuti tossici, il cui smaltimento illegale è
effettuato sulle sponde del nostro paese per quasi 20 anni."
Lo dice Januna Ali Jama, un portavoce dei pirati. "Le coste
somale sono state distrutte, e crediamo che questo denaro non
è nulla rispetto alla devastazione che abbiamo visto nei
nostri mari". I pirati, hanno sequestrato la MV Faina, una
nave ucraina che trasporta carri armati e militari, al largo
della Somalia settentrionale della costa. Anche se il denaro è
l'obiettivo primario dei sequestri, il continuo degrado
ambientale al largo della costa della Somalia è stato
ampiamente ignorato dalle regioni della autorità marittime.
Ahmedou Ould-Abdallah, l'inviato delle Nazioni Unite per la
Somalia, ha confermato ad Al Jazeera che l’organismo ha
"informazioni attendibili" secondo le quali società europee e
asiatiche hanno scaricato nel mare della Somalia rifiuti
tossici e nucleari. Aggiungendo però, "Devo sottolineare però
che nessun governo ha approvato tale atto, e che le imprese
private e singoli individui che agiscono da soli sono i
responsabili". Accuse di scarico di rifiuti tossici, erano
state mosse sin dai primi anni 1990. Ma la prova di tali
pratiche è letteralmente apparsa sulle spiagge del nord della
Somalia, quando lo tsunami del 2004 ha colpito il paese. Le
Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP) hanno riferito che lo
tsunami aveva portato sulle coste parecchi contenitori
arrugginiti, colmi di rifiuti tossici. Nick Nuttall, un
portavoce dell’UNEP, ha detto ad Al Jazeera che "La Somalia è
stata utilizzata come discarica per i rifiuti pericolosi a
partire dai primi anni 1990, e continua ad esserlo ancora
oggi, attraverso la guerra civile". "Le imprese europee
trovano conveniente la Somalia, per liberarsi dei rifiuti, il
costo è meno di $ 2,50 per tonnellata, quando i costi di
smaltimento dei rifiuti in Europa sono qualcosa come 1.000 $
per tonnellata. Nuttall ha anche detto che, poiché i
contenitori sono arrivati in spiaggia, centinaia di residenti
si sono ammalati, accusando perdite di sangue dall’addome e
dalla bocca, oltre ad infezioni della pelle e altri disturbi.
"Noi [l'UNEP] avevamo previsto di fare una più approfondita
valutazione scientifica sulla portata del problema. Tuttavia,
a causa degli elevati livelli di insicurezza sia in terraferma
che al largo della costa somala, non siamo in grado di
effettuare una valutazione accurata della reale portata del
problema ". Ould-Abdallah sostiene che nonostante tutto, la
pratica di eliminare così i rifiuti continua. "Quello che è
più allarmante è che le scorie nucleari siano trattate alla
stessa maniera degli altri rifiuti. Uranio e altri rifiuti
radioattivi che potenzialmente potrebbero causare la morte
delle popolazioni somale, causando inoltre la distruzione
dell’oceano”.<BR><B>Rifiuti tossici</B><BR>Ould-Abdallah ha
evidenziato come, approfittando delle condizioni nelle quali
versa la Somalia a causa dei 18 anni di guerra civile, le
imprese corrompono i ministri del governo somalo per potere
eliminare così i propri rifiuti, o per garantirsi licenze e
contratti. Ould-Abdallah ha aggiunto che vi sono questioni
etiche da considerare perché le imprese stanno negoziando
contratti con un governo che è diviso da lotte tribali. "Come
si può negoziare questi rapporti con un paese in guerra e con
un governo che lotta per rimanere in piedi?" Nel 1992, un
contratto per garantire lo scarico di rifiuti tossici è stato
fatto tra la Svizzera italiana e le imprese di trasporto
marittimo Achair Partners e Progresso, con Nur Osman Elmi, un
ex funzionario nominato al governo di Ali Mahdi Mohamed, uno
dei molti leader delle milizie coinvolte nelle vicende di
Mohamed Siad Barre, l'ex presidente della
Somalia<BR><B>'Mafia: partecipazione allo smaltimento dei
rifiuti'</B><BR>Mustafa Tolba, l'ex direttore esecutivo
dell'UNEP, ha dichiarato ad Al Jazeera di avere scoperto che
le imprese sono state costituite come società fittizie da
grandi imprese industriali che operano nel settore dello
smaltimento dei rifiuti pericolosi. La mafia italiana, secondo
le stime, controlla il 30 per cento dello smaltimento dei
rifiuti pericolosi prodotti nella nazione. Nel 1998, Famiglia
Cristiana ha scritto che, sebbene la maggior parte dello
smaltimento dei rifiuti in Somalia sia cominciato con l’inizio
della guerra civile nel 1991, l'attività era effettivamente
iniziata già nel 1989 sotto il governo Barre. Al di là della
questione etica di cercare di ottenere un accordo per lo
smaltimento di rifiuti pericolosi in un paese instabile come
la Somalia, il presunto tentativo da parte delle imprese
svizzere e italiane violerebbe i trattati internazionali di
cui entrambi i paesi sono firmatari.<BR>Sul sito </FONT><A
target=_blank
href="http://www.italosomali.org/Rifiuti.htm"><FONT size=2
face=Georgia>www.italosomali.org</FONT></A><FONT size=2
face=Georgia> si legge: “il fenomeno è ben lontano dalla sua
cessazione o che sia finito. I trafficanti dei veleni
continuano ad inquinare criminalmente il suolo e il mare della
Somalia, creando danni inestimabili ed incalcolabili alla
popolazione, alla fauna, alle acque e all'intero ecosistema.
Torniamo sull'argomento e chiediamo a tutti coloro che
sappiano qualcosa al riguardo di informarci in modo tale da
denunciare pubblicamente il barbaro e criminale sistema dello
smaltimento delle porcherie del "mondo civile".
</FONT></I></FONT></DIV>
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<DIV><FONT color=#000000><I><FONT size=2
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<DIV><FONT color=#000000><I><FONT size=1 face=Georgia><A
href="http://www.e-gazette.it/index.asp?npu=186">http://www.e-gazette.it/index.asp?npu=186</A></FONT></I></FONT></DIV>
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<DIV><FONT size=2 face=Georgia>Allegato</FONT></DIV>
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<DIV><FONT face=Georgia><STRONG>Era il maggio 2004, quando sul
Corriere della Sera il giornalista Alberizzi
scriveva:</STRONG> <FONT size=2>4 maggio 2004 - Massimo A.
Alberizzi: Il contenitore è là, incagliato su una spiaggia
infuocata della Somalia centrale. Nessuno vuole avvicinarsi e
non è facile convincere la gente, spaventata, ad
accompagnarci, a vederlo, toccarlo, fotografarlo. «È
pericoloso, contiene materiale tossico. Chi abitava lì intorno
è stato male», si difende Abdullahi Aboukar, un pescatore che
vive a Igo, minuscolo villaggio sul mare 350 chilometri a Nord
di Mogadiscio. Alla fine si convince e ci fa strada. A pochi
chilometri di distanza la cisterna arrugginita, cilindrica,
6,40 metri di lunghezza e poco meno di due metri di diametro,
sta per essere consumata dalla corrosione, provocata dalla
salsedine e dall'azione meccanica delle onde. In questo
momento è a sei, sette metri dalla riva, ma quando la marea si
alza, l'acqua lo abbraccia e talvolta se lo riporta al largo.
«Ma non si allontana, viaggia per un paio d'ore, si sposta
qualche decina di metri e poi si incaglia di nuovo sulla
battigia», spiega Abdullahi. La crosta più esterna dei
contenitore di metallo, sigillato e senza alcuna apertura,
viene via e si sbriciola appena si tocca. Cosa contiene questo
strano oggetto, nessuno lo sa, ma un rapporto dell’Unep
(l'agenzia delle Nazioni Unite per la Protezione
dell'Ambiente) sospetta che dentro ci siano rifiuti tossici,
forse addirittura radioattivi, provenienti dall'Europa,
scaricati illegalmente in mare. Da tempo la Somalia viene
indicata come una delle possibili destinazioni di scorie
avvelenate. Il Paese dalla fine del 1990 è in uno stato
perenne di guerra civile, in mano a bande armate, sempre in
lite tra loro, che controllano fette di territorio più o meno
grandi. È difficile muoversi e viaggiare: il rischio di
essere attaccati è continuo. «Voci insistenti parlano di navi
che scaricano rifiuti davanti alle coste somale - dicono dalla
sede distaccata dell'Unep a Ginevra - ma nessuno è mai andato
a verificare, anche se sappiamo che si rischia una catastrofe
ambientale di proporzioni enormi». Maregh è un altro villaggio
(una cinquantina di anime) sulla costa a una quindicina di
chilometri a nord di Igo. Il vice capo della cooperativa di
pescatori la Sosfico (Somali Seafish Company), Abdi Nur, in
italiano stentato, denuncia: «Quella che ha visto non è
l'unica cisterna incagliata sulla sabbia. A Magad, 90
chilometri a Sud ce ne sono altre due, e, ancora due, ad
Adale, 130 chilometri sempre a Sud. Due bidoni più piccoli,
dipinti di giallo, si sono insabbiati a Wa Weine, a 100
chilometri a nord di qui». Ma da quelle parti è difficile
andare per investigare. La guerra si sente molto di più e gli
stranieri sono un ghiotto bottino per le bande di
sequestratori impazienti di pretendere un riscatto. […]«Tra
l'altro alcuni mesi fa - racconta Ossobleh visibilmente
preoccupato - alcuni nomadi hanno trovato a Ragah Elle, un
villaggio vicino Adale, non sul mare, ma ad alcuni chilometri
dalla costa, un altro di questi enormi fusti. Con l'aiuto
della popolazione locale l'hanno seppellito. Ora in quel punto
il terreno si sta sollevando come se il cilindro e il suo
contenuto micidiale si dilatassero».
Il dottor Abdi Nur,
anche lui si chiama così, è l'unico medico in un raggio di 200
chilometri, lavora nel piccolo ospedale modello, organizzato
da un'Ong italiana, il Cisp, a El Dehere. Ha studiato
all'università di Mogadiscio e parla bene l'italiano:
«Purtroppo non sono in grado di fare lavori statistici per
bene, ma ho constatato che tra i pescatori di Maregh sono
aumentate le malattie del fegato. Non so se il fenomeno sia da
collegarsi ai rifiuti tossici, ma certamente c'è qualcosa di
anomalo. Le sindromi epatiche sono le prime ad insorgere in
caso di contaminazione». Con gli uffici dell'Unep al quartier
generale di Nairobi, è impossibile parlare, frasi smozzicate,
brevi commenti più improntati sul «non sappiamo niente,
investigheremo». Impossibile avere un appuntamento, farsi dare
un documento. Ma da Ginevra, un funzionario, che chiede con
insistenza di restare anonimo, commenta: «Sappiamo
perfettamente che ormai il traffico dei rifiuti tossici è in
mano al crimine organizzato. Lo smaltimento a regola d'arte
nei Paesi occidentali costa 250 dollari a tonnellata, in
Somalia solo 2,5 dollari. Si può immaginare l'ingente guadagno
che c'è dietro questo business. Sappiamo di navi che arrivano
davanti alle pescosissime coste del Corno d'Africa e scaricano
di tutto. I contenitori che si incagliano sulla costa sono una
minima parte di quelli che giacciono in fondo al mare. Il
pericolo è soprattutto lì. E non si tratta solo di materiale
tossico, ma anche di rifiuti radioattivi, quelli delle
centrali nucleari, ma anche quelli più semplici degli
ospedali».</FONT><BR><BR><STRONG>Nel marzo del 2005
reporterassociati.org scriveva:</STRONG><FONT size=2> Il WWF
denuncia un capitolo finora poco conosciuto del recente
rapporto UNEP sugli effetti ambientali dello tsunami nei
diversi paesi: secondo gli esperti l'urto del maremoto ha
fatto riaffiorare sulle coste della Somalia ingenti quantità
di rifiuti tossici, alcuni dei quali di tipo radioattivo, da
tempo sepolti nell'Oceano Indiano e si presume di provenienza
principalmente europea. In questi giorni è dunque allarme in
Somalia per quello che si può considerare uno dei più tremendi
effetti "collaterali" dello tsunami. Che, dopo aver colpito lo
sorso dicembre 6 paesi del sud-est asiatico, devastò anche
oltre 650 chilometri di costa settentrionale in Somalia, tra
Hafun e Garacad, provocando circa 300 morti e oltre 18.000
senza tetto. Secondo il rapporto Unep a seguito del maremoto,
infatti, alcune popolazioni della costa settentrionale somala
sono state colpite da insolite patologie, facilmente
riferibili a gravi fenomeni di inquinamento, come infezioni
acute alle vie respiratorie, sanguinamenti dalla bocca,
emorragie addominali. Un fenomeno gravissimo che ha spinto
pochi giorni dopo un membro del Parlamento somalo, Awad Ahmed
Ashra, a lanciare un appello alla comunità internazionale per
bonificare l'area dai rifiuti tossici disseppelliti dallo
tsunami. "Anche il nostro paese ha delle gravissime
responsabilità rispetto a quanto sta accadendo ora in Somalia
e deve rispondere alle richieste già avanzate sia dall'UNEP
che dai membri del Parlamento somalo di un aiuto
internazionale per approfondire le indagini e avviare
operazioni di bonifica" ha dichiarato Michele Candotti,
Segretario generale del WWF Italia. "Il ruolo svolto da ditte
italiane in Somalia nei traffici di rifiuti tossici è tra
l'altro ben noto allo stesso Unep, come conferma l' allarme
lanciato nel 1992 dal segretario Mustafà Tolba, e ribadito più
volte nelle relazioni della stessa Commissione parlamentare
d'inchiesta sui rifiuti. Dopo un lungo silenzio con il
maremoto in Somalia è riaffiorata la cattiva coscienza del
nostro paese portando con se i drammatici effetti dei traffici
illeciti per anni denunciati dagli ambientalisti". Nick
Nuttal, portavoce dell'UNEP e successivamente lo stesso
parlamentare somalo, ha, infatti, denunciato una diffusa
contaminazione da materiale estremamente nocivo, come uranio,
mercurio e cadmio, rifiuti ospedalieri e di industrie
farmaceutiche contenute in cisterne adagiate sui fondali o
appena interrate nella sabbia della battigia, a volte
sigillate in maniera del tutto rudimentale, distrutte poi
dall'urto violentissimo delle onde provocate dallo
tsunami.</FONT><BR><STRONG>Rifiuti verso la Somalia anche
dall’Italia. Nel giugno 2007 il sito </STRONG><A
href="http://napoli.indymedia.org/"><STRONG>http://napoli.indymedia.org/</STRONG></A><STRONG>
riportava la notizia di rifiuti che dalla Campania
facevano rotta sulla Somalia.</STRONG> <EM><FONT
size=2>Secondo la Commissione parlamentare sull'ambiente e le
inchieste della magistratura, ogni anno in Italia, su un
volume complessivo di oltre 100mila tonnellate di rifiuti, un
terzo vengono smaltite attraverso modalità non corrette o del
tutto illecite. Nel Sud Italia si concentra la parte più
consistente dei reati ambientali, con la Campania a fare la
parte del leone...Oltre alle cave, sversatoi privilegiati, tra
i clan mafiosi delle province di Caserta e Salerno si è
diffusa una nuova e inquietante pratica che consiste
nell’ottenere l’autorizzazione alla costruzione di vasche per
l’itticoltura e la lombricoltura, da utilizzare invece come
discariche per liquami fognari e fanghi industriali. Ma,
secondo alcune inchieste presso le Procure di Asti e Roma, la
maggior parte dei rifiuti tossici provenienti dall’Italia
finirebbe in Somalia. Alcuni testimoni, sentiti dai magistrati
nel corso delle inchieste, hanno dichiarato che la cosiddetta
"strada dei pozzi" — nota a tutti in Somalia come "strada
della cooperazione italiana" — è una strada che non va e non
viene da nessuna parte, poiché unisce tre gigantesche
discariche abusive. Gli stessi testimoni narrano di lavori di
interramento di rifiuti tossici compiuti da operai italiani
muniti di apposite tute, ma più spesso affidati a manodopera
locale del tutto ignara dei gravi rischi per la salute.
È probabilmente legata alla sua attività giornalistica
sui traffici di rifiuti tossici e scorie nucleari,
l'assassinio della giornalista Rai Ilaria Alpi e
dell’operatore Miran Hrovatin avvenute in Somalia durante la
missione ONU “Restore Hope” nel 1994. Altro luogo "eletto"
allo smaltimento illecito dei rifiuti sembra essere il
Mozambico, vera e propria discarica mondiale. Secondo
un’inchiesta della Direzione distrettuale Antimafia di Milano,
in questo Paese opera dal 1996 una società (filiale
mozambicana di un gruppo argentino) specializzata
nell’installazione di impianti per lo smaltimento di rifiuti
di ogni genere. L’impresa ha ottenuto tutte le necessarie
autorizzazioni per importare rifiuti da ogni parte del mondo;
il problema (documentato) è che non esiste nessun impianto e
migliaia di tonnellate di pattumiere di ogni tipo, provenienti
da tutti i continenti, giacciono in una enorme discarica a
cielo aperto. Le connivenze delle autorità mozambicane sono
evidenti.</FONT></EM></FONT></DIV>
<DIV><FONT color=#000000><I><FONT size=2
face=Georgia></FONT></I></FONT> </DIV>
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<DIV><FONT face=Georgia> </FONT>
<P style="MARGIN-BOTTOM: 0cm"><FONT style="FONT-SIZE: 9pt"
size=3></FONT> </P></DIV></TD></TR></TBODY></TABLE></TD></TR></TBODY></TABLE></DIV></DIV>
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<DIV><FONT size=2 face=Arial></FONT> </DIV></TD></TR>
<TR>
<TD class=norb_p align=left><FONT face=Georgia><FONT
size=2></FONT></FONT></TD></TR><!--tr valign="top"><td class="nor_m" width="100%" valign="top"><font color="#000000"></font></td></tr-->
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