[Redditolavoro] Il Movimento 5 Stelle: un movimento reazionario di massa
Partito Comunista dei Lavoratori
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Fri Jun 10 09:27:44 CEST 2016
Il Movimento 5 Stelle: un movimento reazionario di massa
9 Giugno 2016
*Dopo le elezioni, il M5S torna ad essere oggetto di analisi e confronto.
Qual è il reale progetto sociale e politico del M5S? Qual è la sua base
sociale? Come bisogna valutarlo da un versante di classe?*
**
Il Movimento 5 Stelle in questi anni ha spesso costituito un oggetto di
confronto politico a sinistra. Torna ad esserlo tanto più oggi, dopo il
voto delle comunali del 5 giugno, alla vigilia dei ballottaggi, in un
quadro politico generale segnato dalla crisi del renzismo e dall'imminenza
del referendum istituzionale.
Impressiona l'avallo politico fornito al grillismo da parte di ambienti
diversi di estrema sinistra. Ancor più l'esplicito gioco di sponda col M5S
del gruppo dirigente USB, sino all'aperta campagna politica per i suoi
candidati o le sue candidate negli imminenti ballottaggi. Più in generale
colpisce la rappresentazione dell'avanzata del Movimento 5 Stelle quale
risultante di un'asserita “ribellione sociale strisciante e diffusa”, come
teorizza la Rete dei Comunisti.
Queste tesi non misurano solamente la rimozione di ogni criterio di classe
dall'analisi politica. Configurano il serio rischio di una forma indiretta
di subordinazione a un movimento reazionario di massa. Perché tale è la
natura del Movimento 5 Stelle. Il carattere poliedrico ed eclettico di
tante sue posizioni, il suo profilo culturale apparentemente evanescente,
fragile, “inoffensivo”, e persino le posizioni progressiste occasionalmente
esibite su alcuni temi (scuola , acqua pubblica...) mascherano questa
natura, fuorviando molte letture. Eppure proprio il carattere ambiguo e
polivalente delle posture ideologiche segna la natura di tanti movimenti
reazionari. Oltre a rappresentare un utile strumento di penetrazione di
massa in ambienti sociali diversi, che è la vocazione naturale di ogni
movimento populista mirato alla conquista del potere.
Qual è il reale progetto sociale e politico del M5S? Come si posiziona
nella lotta fra le classi? Da quale dinamica di classe nasce il suo
successo e prende forma il suo blocco sociale di riferimento? Questi sono
gli interrogativi di fondo da porre alla base di un'analisi seria. E la
risposta è inequivocabile.
*UN MOVIMENTO CONTRO GLI OPERAI, CONTRO IL LAVORO *
Il Movimento 5 Stelle incassa il voto di ampi settori operai, in
particolare tra i giovani. Ma la sua cultura, il suo programma, la sua
politica, sono contro le ragioni degli operai. Dalla vicenda Elettrolux al
caso Ilva, passando per le acciaierie di Piombino, in ogni scontro sociale
e drammatico a difesa del lavoro, il M5S si è pronunciato per la chiusura
delle fabbriche. «Il lavoro non c'è più, non ci sarà più, che senso ha
attardarsi a difenderlo? La soluzione è il reddito di cittadinanza»: così
Grillo arringò gli (increduli) operai di Piombino. Non si tratta di una
battuta. Nella visione sociale e culturale del grillismo il reddito di
cittadinanza è un sostituto del lavoro. Al posto di una battaglia per la
ripartizione del lavoro fra tutti, attraverso la riduzione generale
dell'orario di lavoro a parità di paga (e in questo quadro la richiesta di
un salario garantito dignitoso ai disoccupati fino a che non trovano
lavoro), il M5S offre il reddito di cittadinanza agli operai licenziati...
di cui chiede il licenziamento. Un paracadute sociale bucato al posto del
lavoro. Un reddito di sussistenza (750 euro) per di più inferiore
all'importo attuale della cassa integrazione. Ci si può meravigliare se la
parlamentare romana pentastellata Roberta Lombardi definì a suo tempo
l'articolo 18 «un anacronismo da buttare»?
Non va meglio per il lavoro nei servizi e nella pubblica amministrazione.
Anzi. Casaleggio ha teorizzato a suo tempo l'esistenza di una zavorra
parassitaria nella società italiana rappresentata dalle pensioni e dagli
impiegati pubblici. Una zavorra che impedirebbe la liberazione delle
risorse necessarie per il reddito di cittadinanza. Si tratta allora di
disboscare la zavorra. Grillo ha affermato che il governo di Roma da parte
del M5S attaccherà il parassitismo e sfoltirà gli impiegati pubblici, per
questo susciterà resistenze e scioperi. È la confessione di un programma. È
possibile che una amministrazione Raggi ne moderi l'applicazione
nell'immediato, anche per ragioni di cassetta elettorale. Ma quello resta
il programma reale di riferimento. La rappresentazione degli impiegati
pubblici come sacca di privilegio e fannulloni non è forse uno dei fiori
all'occhiello di ogni cultura reazionaria, da Salvini a Brunetta?
Questo programma contro il lavoro ha un preciso destinatario sociale: la
piccola e media impresa. Le risorse liberate dallo sfoltimento degli
impiegati pubblici non servono solo a finanziare il reddito di cittadinanza
per gli operai licenziati nell'industria (e per gli stessi impiegati
pubblici liquidati). Servono a finanziare la piccola e media impresa.
Servono a finanziare la cancellazione dell'IRAP, richiesta centrale del
programma pentastellato, in tutto e per tutto convergente su questo con il
programma di Salvini e con la politica confindustriale di Renzi. Il fatto
che oggi l'IRAP finanzi ciò che resta della sanità pubblica, e che il vero
scandalo fiscale stia nel sovraccarico di tasse su lavoratori dipendenti e
pensionati, è solo uno spiacevole dettaglio. La conquista delle piccola e
media impresa è obiettivo centrale del grillismo, come di ogni movimento
reazionario. Al cosiddetto fondo per la piccola e media impresa viene
versato parte dello stipendio dei parlamentari grillini. Le relazioni sul
territorio con le associazioni della piccola e media impresa sono oggetto
di cura costante da parte del M5S, dal Nord-Est al Mezzogiorno. La campagna
mirata sulla piccola e media impresa, con una capillare rete di incontri
con padroni e padroncini, è il cuore ad esempio della campagna di Appendino
a Torino. Il fatto che nella piccola e media impresa si annidi una montagna
di lavoro nero, supersfruttato, senza diritti, non interessa al M5S. Per
Grillo votano milioni di sfruttati. Ma lui si occupa dei loro sfruttatori.
*UN MOVIMENTO CONTRO IL SINDACATO *
Se sei contro gli operai e i lavoratori dipendenti sei contro il sindacato.
Il M5S si allinea alla campagna reazionaria contro il sindacato oggi
condotta dal renzismo e dal salvinimo. Ma con una accentuazione ancor più
pesante. Grillo ha definito il sindacato un ferrovecchio dell'Ottocento da
cancellare (durante un comizio a Reggio Calabria nel 2013). Non l'attuale
sindacato, si badi bene. Ma proprio il sindacato in quanto tale. Di Maio ha
ripreso recentemente lo stesso concetto. La posizione non fa una grinza. Se
«il lavoro non c'è più, non ci sarà più, non vale la pena difenderlo», che
senso ha un sindacato? Il sindacato è preposto alla difesa del lavoro. Le
attuali burocrazie sindacali, come sappiamo, aiutano i padroni e lo Stato a
perpetuare le politiche di austerità contro il lavoro. È una ragione in più
per rivendicare un vero sindacato democratico e di classe, capace di fare
finalmente il proprio mestiere. Il M5S fa l'opposto: siccome il lavoro non
va difeso, buttiamo a mare il sindacato in quanto tale. Risolverà tutto...
il reddito di cittadinanza.
Non è solo il risvolto di una politica contro il lavoro. È anche il
riflesso di una visione culturale reazionaria più generale. “Uno vale uno”
non è affatto una petizione democratica, se non in apparenza. È la
delegittimazione di ogni rappresentanza collettiva, sindacale o politica,
dei lavoratori in quanto classe. I lavoratori sono “cittadini” tra gli
altri. Le loro relazioni sono ordinarie relazioni tra cittadini. Il web è
il terreno ordinario delle relazioni. Il lavoratore atomizzato, solo
davanti al web, disperso nella massa anonima dei “cittadini”, è il destino
che il grillismo riserva agli operai. La democrazia si riduce al “mi
piace”. Che posto ha un sindacato in tutto questo?
Non è solo una posizione teorica. Laddove amministra, il grillismo ignora
il sindacato. A Parma la giunta grillina ha pagato il debito pubblico alle
banche con tanto di interessi, come ogni altra giunta borghese. Per
finanziare il pagamento del debito, non ha solamente alzato le rette degli
asili sino a 600 euro mensili, ma ha colpito il salario accessorio dei
dipendenti comunali. Alla RSU che protestava si è rifiutato l'incontro
perché "la nuova amministrazione pubblica si rivolge direttamente ai
singoli cittadini, non al sindacato come nella vecchia politica".
Raggi e Appendino oggi rivendicano la rinegoziazione del debito con le
banche nelle rispettive città (guardandosi bene dall'abrogarlo). Le banche
potranno acconsentire ma in cambio di precise contropartite: a partire dal
taglio dei “costi” dei dipendenti pubblici, perché vorranno garanzie più
stringenti sul pagamento del debito rimanente. I sindacati protesteranno.
Ma la “nuova politica” della “nuova amministrazione dei cittadini” per
quale ragione dovrebbe negoziare con loro, visto che il sindacato è un
ferrovecchio dell'Ottocento?
Una cosa è certa: il fatto che organizzazioni sindacali di classe si
facciano sponsorizzatrici del grillismo non è solo grave. È grottesco, e
suicida.
*UN MOVIMENTO CHE IGNORA LA DEMOCRAZIA *
Il regime interno al M5S è stato spesso oggetto di discussione e polemiche
pubbliche. Non ci interessano ovviamente le critiche ipocrite del Bonaparte
Renzi. Ci interessa uno sguardo al grillismo dal punto di vita
semplicemente democratico.
Il M5S si regge su un modello interno plebiscitario. Senza confronto
democratico di posizioni, senza elezione democratica degli organismi
dirigenti, senza organizzazione democratica. Il vero baricentro del comando
sta nella Casaleggio Associati, che controlla la rete, che controlla il
movimento. Grillo e Casaleggio (oggi junior), quali padroni del marchio,
sono i padroni del movimento, giuridici e politici. Per nascita o per
successione dinastica. Non li ha eletti nessuno, ma decidono tutto.
Decidono loro chi riconoscere e chi no, chi accogliere e chi espellere. Il
direttorio, di più recente formazione, è una loro emanazione, funzionale
alla comunicazione pubblica. Gli staff, selezionati e avallati dall'azienda
madre, sono il vero strumento di governo quotidiano del movimento, nel più
generale anonimato. E quindi fuori da ogni possibile controllo. La rete
degli associati è chiamata di tanto in tanto a votare via internet gli
editti dei capi (posizioni, espulsioni, incarichi), nella fascia oraria
decisa da loro poche ore prima, senza alcuna possibilità di contraddittorio
paritario di posizioni e argomenti. La democrazia della rete è ridotta a un
sì o a un no all'editto dei capi. Nei fatti, al plauso plebiscitario ad
ogni loro decisione. Quando il plauso non è garantito, si evita la
votazione. Quando, eccezionalmente, una votazione dà esito sgradito (e
imprevisto), la si ignora, come è successo sul caso migranti.
Presentare tutto questo come “vera democrazia” in cui “decidono i
cittadini” non è solo grottesco, è un riflesso del meccanismo plebiscitario
che in ogni tempo presenta come democrazia l'investitura popolare del capo,
come decisione del popolo l'inganno del popolo, che è l'esatto opposto
della democrazia.
Questo regime interno al M5S non è un fatto che riguarda loro. È la
prefigurazione della loro concezione dello Stato. È l'anticipazione del
loro modello di potere, la cifra della loro proposta politica e
istituzionale. “Uno vale uno”, come si è detto, non è solo la
delegittimazione del sindacato, ma anche del partito politico. Non di
questo o quell'altro partito, ma del partito politico in quanto tale. Nella
nuova civiltà pentastellata dominata dal web non hanno senso organizzazioni
politiche portatrici di progetti collettivi o ragioni sociali. Sono i
“cittadini” ad “esprimersi attraverso la rete”. Lo stesso M5S, non a caso,
non si autorappresenta come partito, fosse pure sui generis. Si concepisce
come la voce dei cittadini, espressione della loro volontà. La voce dei
cittadini a sua volta è contrapposta ai partiti, quali che essi siano,
significativamente rappresentati come universo omogeneo e nemico della
rete. Questa rappresentazione del M5S come la voce del popolo contrapposta
ai partiti ha in sé una vocazione totalitaria, che del resto corrisponde
alla visione mitologica coltivata dal guru Gianroberto Casaleggio in 'Gaia:
il futuro della politica', dove annuncia dopo il 2054 la nascita di una
nuova civiltà del mondo dominata dalla rete senza più i partiti politici.
Una civiltà che emergerebbe da una terza guerra mondiale tra Occidente e
Oriente. Naturalmente si può ridere delle fantasie più irrazionali. Ma le
mitologie irrazionaliste nella storia non sono forse un classico (e
tragico) ingrediente delle culture più reazionarie?
Le posizioni reazionarie espresse a più riprese dal M5S verso il fenomeno
dell'immigrazione, come la sua adesione allo stesso gruppo reazionario e
xenofobo di Farage nel Parlamento europeo (EFDD), sono solo un riflesso
particolare di quella cultura generale. Ciò che oltretutto consente oggi al
lepenista Salvini un'indicazione di voto ai candidati grillini nei
ballottaggi del 19 giugno.
*CONCLUSIONI *
Quando parliamo del M5S non parliamo di un movimento occasionale e
transitorio. Stiamo parlando di un soggetto ormai consolidato che può
conquistare nei prossimi anni il potere politico in Italia, magari
attraverso l'Italicum.
Il consolidamento del grillismo, e la presa delle sue suggestioni nella
giovane generazione e tra i lavoratori, sono dunque un problema serio per
il movimento operaio italiano. Sono un effetto della deriva autodistruttiva
di una sinistra politica che ha prima tradito i lavoratori in cambio di
ministri (o assessori), poi li ha abbandonati a loro stessi sotto i colpi
della grande crisi. Sono la risultante dell'arretramento profondo del
movimento operaio, delle sue conquiste, della sua coscienza politica e
sindacale, a livello di massa ed anche in settori della sua avanguardia. In
questo senso il M5S, con le sue indubbie specificità, appartiene a pieno
titolo alla grande famiglia (assai eterogenea) del populismo reazionario
europeo, che ha raggiunto una massa critica sconosciuta nella storia del
dopoguerra proprio capitalizzando a destra la crisi del movimento operaio
continentale.
Ricostruire tra i lavoratori una coscienza politica di classe, dentro
un'azione di rilancio del movimento operaio, è allora l'unica via per fare
argine al populismo reazionario in tutte le sue declinazioni italiane:
renzismo, salvinismo, grillismo. Ciò che richiede una battaglia
controcorrente, anche a sinistra, sulla natura del M5S, contrastando ogni
forma di suo abbellimento o sottovalutazione, ogni tipo di capitolazione
politica e culturale alla sua narrazione ideologica. Tanto più
nell'ambiente dell'avanguardia di classe e dei movimenti sociali.
Partito Comunista dei Lavoratori
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