[Redditolavoro] Eternit laurea al padrone assassino
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Thu Feb 11 07:34:27 CET 2016
Laurea ad honorem al patron svizzero dell’Eternit. L’encomio conferito nel 1996 a Stephan Schmidheiny per “meriti personali nell’impegno profuso per l’ambiente”.
Stephan Schmidheiny
09/02/2016
silvana mossanocasale monferrato
Vent’anni fa, la prestigiosa università americana di Yale conferì a Stephan Schmidheiny la laurea «ad honorem», riconoscendogli meriti personali nell’impegno profuso per l’ambiente. Vero che, nel 1996, quel che si è saputo dopo sulla «purezza» dell’interesse ecologico di Schmidheiny non lo si conosceva. Perché il patron svizzero di Eternit, che ha investito una fortuna in stilisti d’immagine per farsi confezionare l’abito elegante del benefattore ecologico, non era ancora stato incriminato dalla Procura di Torino per disastro ambientale permanente causato dall’amianto. Vero che la Cassazione, a novembre 2014, ha fermato la sentenza di condanna pronunciata in primo e in secondo grado, relegandola alla soffitta delle prescrizioni, ma l’aver scansato la pena inflitta non cancella quel che è emerso in decine di udienze e in migliaia di documenti sulla diffusione criminale della fibra. La Procura, partendo da un altro tipo di reato - omicidio volontario di decine di morti per il mesotelioma causato dalla fibra di amianto - ha di nuovo incriminato l’imprenditore (si è in attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale sul «ne bis in idem»).
Vent’anni fa, dunque, l’università di Yale conferì la laurea all’imprenditore che, tramite la sua Fondazione Avina, aveva stanziato milioni di dollari per sostenere lo sviluppo di piccole imprese ecocompatibili in America Latina. Ben fatto. Però, non si comportò in egual modo a Casale Monferrato e negli altri luoghi dove la «sua» Eternit ha causato migliaia di vittime.
Si accorse di quella laurea - un titolo equivalente a un’offesa per i casalesi - l’insegnante Assunta Prato, vedova dell’amianto e membro dell’Associazione famigliari e vittime. L’Afeva, indignata, si concentrò anche su questa battaglia, coinvolgendo Barry Castleman, consulente americano nelle maggiori cause mondiali nella lotta all’amianto. Fino a ora, però, Yale si era dimostrata sorda a ogni istanza di ripensamento.
Non più: domani, alle 18 ora americana, nell’aula 129, si discuterà sull’opportunità di revocare la laurea ad honorem a Schmidheiny. L’iniziativa, promossa e sostenuta dal Centro per i diritti umani di Yale, porta in cattedra quattro relatori di spicco: lo stesso Castleman, Martin Cherniack, docente universitario di medicina, Christophe Meisenkothen, avvocato (anche in rappresentanza dell’Afeva) e Thomas Pogge, docente di filosofia e affari internazionali. Tra i documenti a sostegno della causa, viene portato il saggio «Il grande processo», uscito in un «Quaderno di Storia Contemporanea» pubblicato dall’Isral, scritto da Sara Panelli (uno dei tre pm torinesi del processo Eternit) e Rosalba Altopiedi, consulente di quell’inchiesta. Schmidheiny riuscì a bloccarne la diffusione. Ora, il testo è stato ritradotto in inglese e viene pubblicato nel sito dell’Adao (l’associazione americana delle vittime d’amianto come Afeva a Casale). Sarà disponibile anche la versione italiana.
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